Il 29 novembre 1925 l’addio a Eduardo Scarpetta, il padre del teatro napoletano moderno

Sono passati 92 anni da quel 29 novembre del 1925 in cui il mondo del Teatro ha perso una delle sue figure più importanti e senza dubbio decisive. Esiste, infatti, un teatro prima di Eduardo Scarpetta e dopo Eduardo Scarpetta.

L’opera di maggior successo di Eduardo Scarpetta fu senza dubbio ‘Miseria e Nobiltà’

Attore e autore, fu lui a creare il teatro dialettale moderno, che è ancora oggi in uso. Famosissimi sono i suoi adattamenti delle pochade francesi in lingua napoletana, che ne segnarono la carriera, tanto quanto opere originali come ‘Miseria e Nobiltà’, che ancora oggi vengono portate in scena con grande successo.

Una carriera che comincia nel 1868, quando, all’età di quindici anni, anche per aiutare la famiglia dal punto di vista economico, decide di entrare in una compagnia teatrale. La sua ambizione, unita alla sua bravura, lo portano, nel 1879, a diventare capocomico nella compagnia di Antonio Petito.

Gli inizi di Eduardo Scarpetta con Antonio Petito, il re dei Pulcinella

E fu proprio “il re dei Pulcinella”, a scritturarlo, vestendolo con i panni di Felice Sciosciammocca, che accompagnava la più nota maschera del Teatro napoletano. Restano famose nel tempo le farse quali “Feliciello mariuolo de ‘na pizza” e “Felice Sciosciammocca creduto guaglione ‘e n’anno”.

Nel 1880 riapre e rinnova il vecchio e glorioso teatro San Carlino, dove il 1 settembre debutta con la commedia Presentazione di una Compagnia Comica. Come riportato nelle sue Memorie, Scarpetta ricorderà come “il pubblico sorpreso e ammirato dall’affiatamento della compagnia, dalla naturalezza della recitazione, dalla inappuntabile proprietà del vestiario, rise e applaudì fragorosamente”.

E’ forse questo il momento che segna in maniera definitiva la sua vita e la sua carriera, fatta di grandi successi. Tra questi, memorabile quello ottenuto nel 1889 al Teatro Sannazaro con ‘Na Santarella. Tale da consentirgli di costruirsi una villa sulla collina del Vomero (Villa La Santarella, appunto), sulla cui facciata campeggiava la scritta “Qui rido io!”.

La causa con D’Annunzio e l’inizio della fine

Ma, come metafora delle sue farse, la vita gli assesta un duro colpo dal quale non si riprenderà mai più. Il tutto accade dopo la messa in scena, il 1 dicembre 1904, al Teatro Mercadante di Napoli, de ‘Il figlio di Iorio’. L’opera di Scarpetta era una parodia de ‘La figlia di Iorio’ di Gabriele D’Annunzio, che, dal 1906 al 1908 lo trascinò in una causa dalla quale uscì sì vincitore sulle carte del Tribunale, ma sconfitto e segnato nell’animo. Tanto che l’anno dopo, nel 1909, si ritirò definitivamente dalle scene.

Molti i suoi eredi, riconosciuti e non, ma tantissimi anche gli episodi divertenti che lo riguardano. Uno di questi, ci viene raccontato dal sito www.eduardoscarpetta.it. Che ricorda come Scarpetta avesse un cameriere di nome Mirone. Persona tutta d’un pezzo, che raramente si lasciava andare a una risata. Tanto che, per questa sua serietà, spesso veniva utilizzato dallo stesso come comparsa in qualche sua commedia. In una di queste, servendo un armigero, che doveva restare muto e immobile sotto la porta di fondo, nessuno sembrava più adatto di lui. Che, però, si calò fin troppo nel personaggio. Tanto che, durante una delle prove, mentre Scarpetta, particolarmente in vena, riuscì a far ridere tutti con le sue battute, alla vista di Mirone sempre immobile con la sua lancia sotto la porta di fondo, nonostante i suoi tentativi di fargli spuntare almeno un sorriso, fermò tutto e gli si avvicinò, abbastanza contrariato. “Ueh, e tu devi ridere! Si no io che ci sto a fare?!”.