Alfonso Pannella: chi è il giovane regista da standing ovation?

NAPOLI – Alfonso Pannella nato ad Acerra,  classe 1996. Giovane attore, regista e scenografo. Inizia per hobby in una compagnia amatoriale dell’acerrano. A diciotto anni partecipa a “Tu Si Que Vales”, Talent show in onda su canale 5, in cui chiunque abbia un talento può esibirsi ed aspirare alla sfida finale. Studia all’Accademia UPAM (Università Popolare Arte Musical) e si diploma nel 2016 presso l’Università del Cinema delle Arti e dello Spettacolo. Poco dopo prende parte ai set cinematografici dei film “Ed è subito Sera” di Claudio Insegno e “La scelta” di Giuseppe Alessio Nuzzo. Da qualche anno Alfonso ha deciso di creare una realtà tutta sua, l’associazione “Mario Monti the dream continues”.

Di recente ha portato in scena al Teatro Italia di Acerra la sua versione dello spettacolo “Filumena Marturano” che ha riscosso grande consenso del pubblico in sala. Il cast è composto da ventiquattro ragazzi, tutti under 24, tra danzatrici, attori, cantanti e musicisti. L’opera si apre con interventi cantori eseguiti da Annarita Sannino (finalista di AreaSanremo) e Marco Tanzarella “Ikarus” (semifinalista di AreaSanremo). Ad interpretare Filumena Marturano è la giovanissima diciottenne Francesca Montesarchio mentre Alfonso Pannella interpreta “Dummì”, Domenico Soriano, altro protagonista della storia. Altri interpreti: Mario Montano, Mariarca De Maria, Vincenzo Paolella, Stefano Serpico, Ilaria Asprone, Martina Camposano, Simone Agizza, Felice Puopolo, Federica Messina e Giovanna Acerrano.

Nel tuo allestimento di “Filumena Marturano” quali sono gli elementi di continuità e di distacco dall’opera originale?

Da premettere che già dalla scenografia ci sono molti elementi di innovazione. Ho fatto inserire una scala nell’appartamento ed ho spostato in posizione laterale la comune che comunemente a teatro è posizionata al centro. A me piace stravolgere le regole fisse del teatro, quelle per cui non si possono dare le spalle al pubblico o per cui la mano in movimento è sempre opposta al pubblico ad esempio. Per me i movimenti devono risultare quanto più veri possibile nella massima disinvoltura, se devo uscire di scena con un movimento non vero viene offerta una finzione che può risultare quasi ridicola. Nella mia versione di Filumena Marturano io non ho cercato di imitare Eduardo. Abbiamo proposto al pubblico una versione che porta la modalità di interpretazione cinematografica nel teatro senza mai mettere da parte il rispetto per l’opera, che è tra le più difficili di Eduardo. Abbiamo voluto mantenere come priorità il desiderio di non deludere i curiosi giunti ad assistere. Altra novità sta anche nell’inserimento di interventi canori all’inizio del primo e del terzo atto. Annarita Sannino ha aperto il primo atto con “Indifferentemente” nella versione di Mina. Lei ha iniziato a collaborare con me che non aveva nessun attestato di formazione canora. L’ho presentata a Sanremo quest’anno ed è arrivata in finale di Area Sanremo. Il terzo atto invece è stato aperto da Marco Tanzarella, alias Ikarus, con il brano “Amaro e’ ‘o bene” anche lui presentato a Sanremo ed arrivato in semifinale. L’ho fatto cantare a cappella senza base con dietro una coreografia senza musica. E’ stato un rischio ma è piaciuto molto al pubblico.

Qual è il motivo che ti ha portato a scegliere di portare in scena le grandi opere del passato?

E’ una sfida personale portare in scena una grande opera. A me le cose facili non piacciono. L’ho detto prima che mi piace rischiare. Ho voluto metterci la faccia perché mi fido dei miei ragazzi e confido nelle mie potenzialità. L’artista deve essere ambizioso e coraggioso. Se io fossi un cantante e portassi le canzoni dello Zecchino d’Oro dovrà poi arrivare il momento di cimentarsi in canzoni di Mina o Mia Martini. Come un atleta parte dai 100 metri per poi arrivare a fare le maratone. Ho iniziato con spettacoli scritti da me, il primo era un recital intitolato “Il paradiso d’ ‘e scugnizz”, si sono avvicendati altri spettacoli in cui ho sempre più cercato di distaccarmi dalle realtà amatoriali. Adesso già sto pensando a cosa fare dopo “Filumena Marturano”.

Puoi svelarci già qualche anticipo sui progetti futuri?

Ma si certo. Devi sapere che io la notte non dormo. Nei miei progetti c’è l’idea di portare in scena mie versioni di opere che apprezzo molto come “E fuori nevica”, e altre commedie di Eduardo “Le voci di dentro”, “Il sindaco del Rione Sanità” e “Miseria e Nobiltà”. Ma devi sapere che a me piace anche molto scrivere. Ho già iniziato a scrivere un’altra opera inedita che porterà il titolo di “Giovanna” semplicemente, la quale opera contiene tematiche sociali forti. C’è già una mia opera registrata alla SIAE “Voglio rinascere aquilone” la quale racconta le dinamiche di  tre fratelli orfani di madre e da papà abbandonati che nelle varie difficoltà si fanno forza a vicenda affrontando la vita.

Parlaci un po’ della tua compagnia. A chi è ispirato il nome della tua associazione?

La mia associazione si chiama “Ass. Mario Monti the dream continues”. Ho voluto dargli il nome di mio nonno che si chiama Mario Montano ed oggi ha 86 anni. Lui era muratore ed ha lavorato nel dopoguerra anche in Francia. Sul lavoro lui cantava, tra un mattone e l’altro, con una voce possente da tenore. Un giorno delle persone che erano giù al bar lo sentirono cantare. Chiesero al suo superiore di portarlo a Parigi affinché si esibisse in teatro il giorno dopo. All’epoca gli artisti si portavano il pubblico dietro e gli spettatori venivano pagati per gli applausi. Quando mio nonno si esibì cantando “O sole mio” tutta la gente in platea si alzò in piedi per una standing ovation. Chiesero a mio nonno quanto li avesse pagati e lui mostrò loro le mani segnate dal lavoro quotidiano. Passò per radio e uscì sui giornali, gli offrirono un contratto ma lui tenne i piedi per terra essendo l’unico tra i fratelli che portava un po’ più il soldo in casa. Tornò ad Acerra e non fece più ritorno in Francia però quando racconta questa storia gli brillano sempre gli occhi. Quando mi vide la prima volta sul palco di un teatrino di un istituto paritario con le sedie di plastiche pieghevoli, avevo quindici anni e mi disse di non abbandonare mai questo sogno perché in me lui scorse talento. Per questa ragione nel nome dell’associazione c’è anche “the dream continues” (il sogno continua) perché credo mi abbia lasciato in eredità un sogno che aveva lui.

Sei il capitano di un gruppo numeroso di ragazzi molto giovani. Come si sono avvicinati alla tua compagnia? C’è stato un reclutamento?

Nessuno dei ragazzi ha frequentato precedentemente altre realtà artistiche oltre la mia. La maggior parte collaborano con me da cinque o sei anni. I miei primi otto ragazzi li incontrai per strada, erano bravi e gli chiesi di collaborare. Adesso che siamo un gruppo più numeroso facciamo puntuali selezioni con adesione ad un regolamento. Nella mia associazione c’è anche mio cugino Mario Montano che è per me come un fratello. Insieme amministriamo l’associazione, io nella qualità di presidente e lui in quella di vicepresidente, onorando il nome di nostro nonno. Nell’ultimo spettacolo “Filumena Marturano” abbiamo concordato che curasse la regia del terzo atto ed anche se era timoroso di questo debutto alla regia devo dire che se l’è cavata davvero molto bene. Sono tanto contento che lui mi sia affianco in questa avventura. C’è da dire inoltre che la compagnia non è formata solo dagli attori, abbiamo l’intera troupe tipica dell’assetto cinematografico (aiuto ed assistente alla regia, trucco, parrucco, co-responsabile sala, quinte, segretaria di edizione). Io cerco di motivare alla meglio i miei ragazzi, cerco di caricarli di sogni.

Hai partecipato nel 2014 a “Tu si que vales”. Com’è stata quell’esperienza? Cosa ne pensi dei Talent rispetto all’occasione che danno ai giovani di mostrarsi al pubblico?

Per esperienza personale posso dire che non è un bel mondo. Per fortuna posso affermare di aver provato i tre brividi: teatro, televisione e cinema. Ma quello che ti da il teatro non te lo da nient’altro. Per quanto riguarda i talent, si, possono essere un’occasione. Ma la domanda vera è, per chi? Per coloro che se lo possono permettere o per coloro che hanno studiato, sudato e vengono dalla gavetta? Se penso questo allora dico che forse i talent potrebbero mettersi un pochino da parte. L’arte deve essere trasmessa dove merita, io sono contro anche al fatto che un film dopo poco che è stato in programmazione al cinema già è reperibile su altri portali on demand in streaming. Il pubblico viene messo davanti alla scelta di andare in sala oppure guardare lo stesso prodotto sulla poltrona di casa sua ed il cinema è vuoto. Circola poi al voce che il cinema o il teatro stanno morendo, io allora dico che noi lo stiamo facendo morire perché l’arte è immortale, quella non muore.

Qual è il momento in cui hai capito che il teatro sarebbe stato sempre presente nella tua vita?

Quando ho avuto l’esperienza a Mediaset, avevo 18 anni e ho capito che io volevo fare teatro ma nel modo in cui lo intendo io. Sono molto attento ai dettagli, ho molte idee e molta voglia di fare e realizzare. Non mi lascio condizionare da nessuno nelle mie scelte, giuste o sbagliate che siano, io rischio. Fortunatamente vivo in una famiglia onesta che alla fine degli spettacoli se mi dicono “bravo” è tanto, fortunatamente. Certe famiglie esagerano nel montare i propri ragazzi creando aspettative e facendoli illudere di traguardi in realtà non ancora raggiunti. Si deve lavorare tanto. Se anche all’inizio i miei genitori si sono mostrati scettici circa la mia decisione di intraprendere questa strada, sto notando che di recente si sono abituati all’idea forse anche per il riconoscimento che la mia felicità è in questo.