INTERVISTA – Dopo il debutto in sei repliche al Teatro Troisi, prosegue il tour del nuovo spettacolo di Monica Sarnelli, con prossimo appuntamento il 12 aprile al Teatro Cimarosa di Aversa. Il concerto “Sirene, Sciantose, Malafemmene ed altre storie di Donne Veraci” si consegna al pubblico come un viaggio emozionante nella musica napoletana, intervallato da racconti contro la misoginia. Testo, canzoni e videoproiezioni, con la presenza virtuale di Enzo Gragnaniello, Peppe Lanzetta, Fuliggine, raccontano la città al femminile e le sue donne.

Il primo allestimento di questo spettacolo fu realizzato nel 2015 e allo stesso anno risale la pubblicazione dell’omonimo album che raccoglie tutte le canzoni presentate. Ci racconti della genesi e dell’importante collaborazione con il giornalista e critico musicale, Federico Vacalebre?
Dieci anni fa mi venne voglia di fare uno spettacolo dedicato alle donne e chiamai subito Federico. Lui mi rispose che ci avrebbe pensato, e poche settimane dopo già mi chiamò per presentarmi la sua idea. Che a me piacque tantissimo. In quel momento il tema non era dibattuto come oggi, e con la sensibilizzazione di adesso, diviene un viaggio ancora più importante. Protagonista è la donna, quella cantata, costretta al ruolo di «mamma, puttana o brutta copia ‘e n’ommo». E anche a quelle cantanti, che si sono ritagliate il loro spazio in un mondo musicale al maschile. Maschi gli autori, maschi gli editori, maschi i cantanti. Avere un testo scritto da Federico mi ha permesso di seguire un percorso, tracciato sapientemente, nella storia della musica. Un repertorio vastissimo che tocca, per citarne alcune, Gila Mignonette, Ria Rosa, Angela Luce, Mirna Doris, Lina Sastri, Teresa De Sio, Giulietta Sacco e tante altre. Quel che adoro di questo testo è anche l’ironia, che permette sorrisi di pancia e lanci di verità.

Nel nuovo allestimento è centrale la regia di Carlo Cerciello. Ci racconti del lavoro fatto con lui?
È stato un immenso piacere avere la regia di Carlo Cerciello, un grande uomo di teatro! In primis, lui mi ha corretto molto nella recitazione, non essendo io attrice. Mi ha centrato molto sull’idea che io stavo interpretando me stessa in questo omaggio alle donne. E questa cosa è riuscita a farmi sentire sincera e più rilassata nell’interpretazione. Poi l’esperienza teatrale di Carlo è riuscita a rendere questo spettacolo molto elegante e al contempo visionario. Elegante negli abiti, nei simboli e nelle finezze teatrali. È molto significativa, ad esempio, la presenza sul palco di manichini di donna, senza testa, che vengono vestiti, spogliati ed anche sporcati o puntati. E poi si aggiunge la professionalità di coloro che lavorano con lui, l’aiuto regia, Fabiana Fazio, è stata strepitosa nella realizzazione dei video che sono proiettati, in bianco e nero o colorati, molto pop art, si muovono insieme a me con la musica dinamici. Meravigliosi. In certi momenti è un’atmosfera da sogno.

Insieme a te sul palco c’è l’attrice Cinzia Cordella, il tuo Alter Ego. Ed un gruppo di musiciste, tutte donne.
Si, tante vibrazioni femminili sul palco. Io e Cinzia all’apertura dello spettacolo siamo poste l’una difronte all’altra, come se ci fosse uno specchio e ci salutiamo, entrambe Monica, abbiamo la stessa missione. Mentre io canto e racconto, lei recita, danza, mima ed interpreta, mettendosi a nudo. Lei è un vulcano sulla scena, impersonifica l’animo della donna. I suoi interventi sono essenziali. Riesce in alcuni a rendere la frustrazione, in altri a rendere l’orgoglio, in altri ancora la fragilità. Sul palco poi ci sono le musiciste: la pianista Cristina Massaro ed il quartetto d’archi composto da Anna Rita Di Pace, Isabella Parmiciano, Tiziana Traverso e Monia Massa. Loro mi accompagnano in molti brani con arrangiamenti di Pino Tafuto. Mentre gli altri brani li ho registrati nell’omonimo album dieci anni fa, con arrangiamenti di Salvio Vassallo.

Ma anche presenze virtuali con te sulla scena. Ci racconti di queste collaborazioni?
Ho chiesto ad Enzo Gragnaniello e a Peppe Lanzetta degli interventi in video. Gragnaniello interviene quando io canto “Donna”, canzone che lui scrisse per Mia Martini e che è un potente inno alla dignità e alla forza delle donne. Lui nel video afferma che non è vero che c’è sempre maschilismo nella canzone napoletana, che ci sono anche uomini che sanno omaggiarle e rispettarle le donne. Poi c’è un intervento di Peppe Lanzetta, che afferma che le mogli e le mamme sono omaggiate, ed io invece gli rispondo con la canzone “I due gemelli”, macchietta napoletana interpretata da grandissimi, sulla considerazione della moglie. E poi c’è un contributo di Fuliggine, mia figlia. Lei permette un passaggio di testimone nell’approdo ai tempi moderni. Con una sorpresa finale presenta la traduzione in napoletano, ideata insieme a Vacalebre, della canzone “Marea” di Madame, che diventa “Parea”, inno all’orgasmo femminile.
Quale sensazione speri di suscitare nel pubblico maschile in platea?
Si spera sempre che il pubblico possa interrogarsi guardando lo spettacolo, e migliorarsi da questo punto di vista. Il maschilismo è ancora tanto presente e parlarne è importante. Io canto “Preferisco il Novecento” di Ria Rosa, canzone del 1937. In quel testo la donna è decisa a sottrarsi ai divieti di un fidanzato troppo bacchettone. Rossetto, sigarette, costume corto, sport di ogni genere: è attirata da tutto ciò che fa modernità. Al contrario del compagno, che ama l’Ottocento. Ma queste cose si sentono ancora oggi, e siamo nel 2025. Lo spettacolo vuole sottolineare soprattutto il bisogno, di noi donne, di sentirci libere, rispetto a idee incoerenti e maschiliste. Nella musica, il piacere è mascherato con il sentimento, altrimenti la donna è “malafemmena”. Nei testi la donna si strugge aspettando lui che non si decide, altrimenti è perfida e maliarda. Qualcosa di diverso, adesso nella musica si inizia a sentire. Ma il percorso è in salita per scardinare concetti troppo radicati in tutti noi. Il mio vuole essere un contributo e soprattutto un sincero omaggio.