”Io avevo un bel pallone rosso”: memoria e sentimenti al Piccolo Bellini

Dopo il riflessivo e toccante ”Made in China (postcards from Van Gogh)”, prosegue la stagione al Piccolo Bellini con: ”Io avevo un bel pallone rosso” di Angela Demattè, in scena dall’11 al 16 dicembre. I protagonisti sul palco sono Andrea Castelli ed Angela Porrini guidati dalla regia di Carmelo Rifici per il riallestimento di uno spettacolo applaudito in tutta Europa e per quattro stagioni consecutive, aggiudicandosi il prestigioso Premio Molière.

A cinquant’anni dalla rivoluzione del 1968 in Italia, ritornano sul palco quelli che sono i sentimenti, le paure e le vicissitudini di quel periodo. La scena si apre in un salotto di una casa borghese e alla TV vengono trasmesse alcune immagini in bianco e nero dei vari momenti della rivoluzione. Rivoluzione che è anche un po’ la storia di Margherita ”Mara” Cagol, studentessa di sociologia all’Università di Trento (prima facoltà di sociologia in Italia). Lì Margherita inizia ad avere contatti con alcuni suoi colleghi e con Renato, il suo futuro fidanzato e poi marito, e la sua visione della vita cambia. Cambiando iniziano gli scontri col padre che si dimostra molto chiuso e bigotto nei confronti degli ideali della figlia e si oppone energicamente a tutto ciò. Ma Margherita resiste e subito dopo la laurea, sposa Renato e si trasferisce a Milano. A Milano continuano i contatti tra Margherita e il ”Collettivo politico metropolitano”, che diventerà solo successivamente le ”Brigate Rosse”, in riferimento all’uccisione di Mussolini in Piazzale Loreto. Iniziano così gli atti rivoluzionari da parte delle Brigate Rosse e Margherita è costretta ad entrare in clandestinità. Il padre appare sempre più preoccupato per la figlia soprattutto dal momento in cui le notizie non gli arrivano in prima persona, ma le ascolta al telegiornale. Nonostante ciò, però, Margherita riesce ad incontrare il padre prima della sua morte, avvenuta pochi mesi dopo aver attuato la fuga di Renato dal carcere. Lo spettacolo si conclude con la lettera delle Brigate Rosse per la ”compagna Mara”.

«Siamo tutti provvisori su questa terra». Così dice il padre riferendosi a Margherita in uno dei loro primi dibattiti. E’ soltanto sul finale, però, che questi discorsi inizieranno ad essere sempre più vivi e tangibili. In principio è possibile notare un padre arrabbiato con la figlia, che passa successivamente ad uno stato di persona ragionevole, ma che arriva infine a farsi logorare dalle sue fondate preoccupazioni. Questo misto di tumultuosi sentimenti portano a far riflettere lo spettatore sul rapporto ”padre-figlia” rapportandolo e confrontandolo a quello tra ”classe borghese-classe operaia”. Ma Margherita, in fondo, è sempre un po’ bambina fin quando non parte per Milano: momento in cui guarda le foto dell’infanzia con un senso di amarezza. Inizierà, infatti, prima a lamentarsi con la madre del fatto che Milano è una barbarie, ma poi lei stessa diventerà sempre più meccanica e meno naturale, fino alla morte.

“Io avevo un bel pallone rosso” è uno spettacolo che fa riflettere, che mette in scena le emozioni ed i sentimenti basati su fatti realmente accaduti. Impeccabile interpretazione in dialetto trentino di Andrea Castelli ed Angela Porrini che sono riusciti in 80 minuti a trascinare indietro nel tempo il pubblico, proprio in quegli anni in cui gli ideali erano il principio di ogni cosa.