“Il viaggio di NeaCo’, Favola in forma di concerto”: la canzone napoletana al Teatro San Ferdinando

Un particolare progetto musicale, proposto per la rassegna #StabileMusica del Teatro Stabile, che interpreta il tradizionale repertorio musicale napoletano con sonorità provenienti da tutto il mondo. Lo scorso 24 novembre, presso il Teatro San Ferdinando, è andato in scena l’innovativo spettacolo “Il viaggio di NeaCo’, Favola in forma di concerto” di Neapolitan Contamination, il progetto ideato dal regista Luigi Carbone e dal percussionista afrocubano-napoletano Giovanni Imparato. In scena, insieme ai due fondatori, rispettivamente al pianoforte e alle percussioni, anche un gruppo di musicisti che hanno riunito strumenti etnicamente diversi, dalla chitarra “svedese” di Mats Hedberg a quella partenopea di Antonio Carluccio, dal violino di Anna Rita Di Pace e il basso di Aldo Perris ai fiati di Davide Grottelli.

Sul palco, attraverso la narrazione di Luigi Carbone e le reinterpretazioni di famosi brani napoletani, prende vita la storia di un ragazzo che riceve il diario del padre, allontanatosi da Napoli per inseguire i demoni della sua giovinezza. La lettura dello scritto trasporta il figlio alla scoperta dei paesi visitati dal padre, un uomo alla perenne ricerca della propria identità, ritrovata attraverso le tante canzoni napoletane che aderiscono perfettamente ai ritmi dei tanti luoghi esplorati. La storia conduce gli spettatori in un viaggio dall’Europa al Centroamerica e tra differenti stili musicali, dal jazz al funky. I Neapolitan Contamination presentano, suscitando stupore e consenso dalla platea, la seducente Brigida a cui è dedicata “A’ Tazza ‘e cafè” come una donna della Giamaica, luogo divenuto famoso per la migliore pianta di caffè al mondo. Mescolando il brano con il genere reggae, propongono “Te vogl bene assaije”, contaminandolo con il moderno ritmo di cinque/quarti di “Take Five” di Paul Desmond. «L’idea di questo spettacolo mi è venuta pensando che Napoli ha accolto tutto il mondo – ci ha spiegato il regista Luigi Carbone – e non è possibile che l’ identità definita della canzone napoletana non potesse interpretare cosa rappresenta Napoli, ovvero una città in cui risuonano tutte le voci del mondo. Guardando attentamente dentro le singole canzoni, è stato appassionante, oltre che divertente, trovare una componente chimicamente attiva, che ti porta in un altro mondo. Parli del caffè e ti trovi in Giamaica, parli della passione di “Indifferentemente” e la ritrovi nel tango. La canzone “Simm ‘e Napule, paisà” si relaziona al genere gospel, perché non è solo “scurdammoce o passato”, ma è guardiamo al futuro, con fede e speranza.

È straordinario – continua Cabone – trovare nella nostra cultura la capacità di assorbire, creando sapori nuovi. Un esempio di contaminazione è la pizza, fatta con il pane arabo, il pomodoro degli Stati Uniti e i prodotti delle nostre terre. Napoli è diventata grande per la sua capacità di mescolare e di far stare insieme tante cose diverse e io credo che ciò non è stato mai provato con la musica. Noi abbiamo l’ambizione di riprodurre qualcosa di nuovo». Le risate e i continui applausi finali rivelano il coinvolgimento del pubblico in questo viaggio di scoperta, che abbatte gli stereotipi creati attorno a Napoli, non solo simbolo di “pizza, sole e mandolino”, ma anche dimora delle molteplici diversità che interagiscono, completandosi a vicenda, dando vita ad una sola cultura.