Ntfi19: 200 eventi in 37 giorni e 40 location

Nella bellissima cornice del Teatrino di Corte del Palazzo Reale è stata presentata, lo scorso 14 marzo, la XII edizione del Napoli Teatro Festival. L’evento, anche quest’anno, è organizzato dalla Fondazione Campania dei Festival con il sostegno della Regione Campania. Da oggi 8 giugno fino al 14 luglio, in questi trentasette giorni di programmazione si declinerà in dodici sezioni tra teatro, danza, letteratura, cinema, musica, mostre e laboratori. Si tratterà di oltre centocinquanta spettacoli distribuiti in quaranta luoghi (Napoli, Salerno, Benevento, Caserta, Carditello, Baia, Amalfi, Pietralcina e Mercogliano). Alla presentazione hanno partecipato il presidente della Fondazione Campania dei Festival Alessandro Barbano, il direttore del Polo Museale della Campania Anna Imponente, il presidente della Regione Vincenzo De Luca ed il direttore artistico Ruggero Cappuccio riconfermato per questa sua terza edizione.

Il Festival è all’insegna della contemporaneità in una visione trasversale e interdisciplinare, e molto sarà lo spazio dato a realtà teatrali emergenti con sedici spettacoli inseriti nella programmazione. Ruggero Cappuccio spiega il motivo di questa scelta: «l’Italia, negli ultimi tempi, non è ringiovanita, è invecchiata. Gioacchino Rossini all’età di 24 anni aveva la possibilità di entrare nel Teatro Argentina di Roma e rappresentare il “Barbiere di Siviglia”. Adesso un ventiquattrenne non potrebbe entrare in nessun teatro lirico d’Italia. Se in Italia in questo momento ci fossero dei geni, non saremmo proprio in grado di accorgercene, perché non ci sono strutture che fanno in modo che si possa scoprirli».

In merito alla scelta di un tema comune, Cappuccio afferma che non c’è stata intenzione di limitare le compagnie nel portare in scena spettacoli che dovessero tra di loro essere necessariamente riconducibili ad un macroargomento. Sicuramente la speranza più grande è riposta nell’obbiettivo di porre freno alla crisi del linguaggio della nostra epoca: «Il teatro è l’unico avamposto di metafore in Italia. La metafora è nata prima di Omero, ancor prima delle retoriche e delle grammatiche. Dovrebbe essere successa una cosa del genere: un essere umano, guardando la pioggia, deve aver pensato “il cielo piange”, cioè l’associazione dell’attimo all’associazione della pioggia. In quel momento succede una cosa particolare: la metafora diventa uno specchio in cui si genera la congiunzione tra essere umano e natura, tra essere umano e cosa. La metafora ci dice che tutto è uno e uno è tutto. Perché se il cielo può piangere come un bambino e il bambino può piangere come il cielo, vuol dire che tra la natura e l’essere umano non c’è nessuna differenza. La metafora è la spinta all’elevazione del linguaggio, e il teatro è la spinta dell’elevazione del linguaggio nel momento in cui esso arranca. La lingua è in crisi: lo è nei giornali, nei mezzi di comunicazione, perché anche nelle grandi testate è complicatissimo trovare delle metafore. Il teatro è l’avamposto della metafora perché è un proiettore di intensità. Sul palco una vecchia sedia diventa un trono, e ciò succede perché c’è complicità tra chi è sulla scena e chi siede in platea. Il teatro celebra un concetto superiore a quello di democrazia: quello di comunione. La democrazia lascia sempre degli scontenti, la comunione no».

Cappuccio,coglie l’occasione durante la presentazione di sottolineare l’impegno della Regione, che per il Festival ha concesso il maggiore investimento in Italia per un evento legato al teatro. «Ringrazio il presidente De Luca, perché nei tempi bui in cui il Festival di Spoleto e il Festival di Ravenna sono in difficoltà, investire nel teatro è qualcosa di importante. E’ grazie a questo investimento pubblico se possiamo tenere i biglietti ad 8 euro, che diventano 4 a prezzo ridotto. E’ grazie a questo investimento se si può realizzare un progetto di inclusione, in modo tale che chiunque può entrare liberamente in un teatro.»

Il presidente della Regione Vincendo De Luca commenta «Mi domando che cosa avremmo oggi a Napoli e in Campania se non ci fosse la decisione tenace della Regione di dar vita a tutto questo. Oggi la Campania è esposta, dal punto di vista dei suoi investimenti, al limite del bilancio regionale. Non c’è solo il Festival che presentiamo oggi, c’è anche il Festival di Ravello, la Legge del Teatro che abbiamo approvato e il finanziamento imponente per il Teatro San Carlo. Inoltre, ci stiamo impegnando nel recupero del Conservatorio San Pietro a Majella, che per nostra vergogna è ridotto in condizioni pietose. Questo è il quadro d’insieme: stiamo lavorando per diffondere eventi di cultura».

Il patrimonio culturale della città di Napoli e della regione Campania sarà valorizzato dalla messa in scena di spettacoli anche in luoghi non convenzionali. La sede principale del Festival sarà il Palazzo Reale di Napoli che, oltre a rappresentare un luogo di assoluta centralità in città, rappresenta anche la conferma dell’obbiettivo di valorizzazione dei beni architettonici e paesaggistici. Numerosi i teatri della città coinvolti: Teatro San Ferdinando, Teatro Trianon Viviani, Teatro Nuovo, Teatro Politeama, Teatro Sannazaro, Galleria Toledo, Teatro Diana, Teatro Bellini, Teatro Mercadante, Sala Assoli, Nest Napoli Est Teatro, Teatro Civico 14 e Teatro Elicantropo. E le sedi di prestigio storico-artistico come il Museo Madre, Palazzo Fondi, Palazzo Venezia, la Farmacia degli Incurabili, l’Anfiteatro di Pompei, il Duomo di Salerno, l’Abbazia di Mercogliano, il Duomo di Amalfi, la Reggia di Caserta, il Teatro Naturale di Pietralcina e la Reggia di Carditello.

 

di Sara Borriello