RECENSIONE – Nuovo respiro per “Premiata Pasticceria Bellavista” riproposto dalla compagnia del Teatro Nest, in co-produzione con il Teatro Diana, ed il benestare dell’autore originale, il grandissimo Vincenzo Salemme. Grandi applausi al termine della prima al Teatro Diana (2 maggio) ed in replica fino al 19 maggio.
Erano gli anni ’90 e Salemme si stava facendo conoscere al pubblico come garanzia di spassose risate e consegna di testi che sapevano far riflettere. La commedia fu scritta nel 1997 e, dopo diverse repliche in teatro, nel 2000 fu realizzata la trasposizione cinematografica. Questo nuovo adattamento, invece, ha debuttato per la prima volta l’anno scorso (2023) al teatro Mercadante durante il “Campania Teatro Festival” e lo stesso Salemme ha voluto ricordare quanto in quegli anni fosse vivo il dibattito sulla donazione degli organi, centrale nella trama di “Premiata Pasticceria Bellavista”. In quell’occasione commentò: «Raccontare le paure più recondite dell’animo umano mi ha sempre affascinato. Senza la pretesa di trovare le risposte. Anche perché sono paure contro le quali non possiamo fare granché se non parlarne. [..] Io provo a farlo sempre in maniera spiritosa, non per mancanza di rispetto nel trattare argomenti così delicati ma perché ridere e sentir ridere mi aiuta ad affrontare meglio le mie fragilità».

Per la prima volta, nella sua carriera d’autore, ha lasciato raccontare una sua storia ad altri artisti, e i ragazzi del Nest hanno superato la prova a pieni voti. La regia di Giuseppe Miale Di Mauro è riuscita ad integrare note colorite e sonore, aggiungendo tanto, senza mai allontanarsi dall’anima dello spettacolo.
Centrale in questa storia è la cecità, quella però di chi è incapace di osservare il mondo ed incede nella vita equipaggiato di paraocchi. Protagoniste sono le vicende dei fratelli Bellavista, Ermanno, interpretato da uno zelante Giuseppe Gaudino, e Giuditta, interpretata dall’attrice Viviana Cangiano (anche componente del duo musicale Ebbanesis). Proprietari di un laboratorio di pasticceria a Napoli, vivono le loro giornate tra intrecci amorosi e l’accudimento della madre diabetica, dispoticamente presente nelle loro vite. Molto divertente il personaggio di Aldo, fidanzato di Giuditta, interpretato da Francesco Di Leva, dalle battute fulminanti. Completano gli intrecci amorosi e nascosti: Alessandra Mantice, che interpreta Rosa l’impiegata nel laboratorio e amante di Aldo, e Dolores Gianoli, che interpreta Romina la fidanzata segreta di Ermanno.

La storia inizia con il ritorno nel laboratorio proprio di Ermanno dopo la convalescenza per l’intervento di trapianto delle cornee. La storia si stravolge quando irrompono nella loro quotidianità tre barboni danzando sulle note di “Pagliacci” di Vinicio Capossela. Il principale tra i tre, Carmine interpretato da Adriano Pantaleo (e nella versione originale interpretato da Salemme), è cieco e sostiene di aver subito il furto dei propri occhi dopo un incidente automobilistico. Con lui la sua fidanzata Gelsomina (interpretata da Cristel Checca) ed un fenomenale e versatile Memoria, in cerca della sua vera identità tra tante possibili e diverse, interpretato da un bravissimo Stefano Miglio. «Io sono diventato barbone per gustarmi la vita. Gli occhi pensano, immaginano, sognano. [..] Hai rubato gli occhi ad un uomo che viveva la sua vita solo guardando», queste le parole di Carmine, che ridesteranno i protagonisti verso una decisione amara. Molto eloquente la scenografia di Luigi Ferrigno che pone il letto della madre sulla sommità della scena e l’uso delle luci (disegno di Paco Summonte).
Di grande talento e spirito i componenti della compagnia del Nest che hanno fatto proprio il testo. Confermando di essere una realtà speciale del teatro campano, con la determinazione insita di chi, tredici anni fa, ha fondato e costruito un teatro in una palestra abbandonata di provincia. Conquistando premi e producendo spettacoli preziosi. A loro Salemme ha dato fiducia, con un ritorno di sana commozione.