Al Teatro Cilea in scena Gennaro Scarpato in “Prove tecniche di Ambarabà”

NAPOLI – Al Teatro Cilea, il 13 marzo, ore 21, Prove tecniche di Ambarabà” di Gennaro Scarpato.

Attore comico, autore e sceneggiatore, raffinato umorista del surreale, acrobata della parola; il giovane Scarpato dopo anni di gavetta è diventato “grande” e propone uno spettacolo tutto suo:

Il 13 marzo sarò in scena da solo ma più che un monologo è un soliloquio – racconta Scarpato – è uno spettacolo teatrale a tutti gli effetti: io mi diverto a interpretare me stesso. In scena succedono cose molto surreali, io fingo di non esserne a conoscenza. Il testo è mio ma lo tratto come se non fosse scritto da me: fingo di non sapere per entrare in un loop d’improvvisazione “scritta”. Lo spettacolo è frutto di una mia lunga ricerca di nuovi linguaggi comici.”

Sì, lo so: “Prove tecniche di Ambarabà” è un titolo impossibile, lungo e bislacco per uno spettacolo. 

Ergo non ti sorprenderai se ti dirò che è impossibile raccontare lo spettacolo. Però qualcosa te la posso dire.

Posso dirti che andrò a ruota libera ma con sapienza demenziale, che sarò surreale e visionario ma restando coi piedi per terra, che mi avviterò e mi scioglierò nelle mie trappole comiche, che mi abbandonerò alle mie ossessioni.
Poi posso dirti che sarà tutto uno sparare a raffica, quasi senza darti il tempo di sintonizzarti con le parole e i concetti. Giocherò con il senso e con il controsenso, strutturerò e destrutturerò, sconvolgerò le architetture del linguaggio per farne detriti, creerò un autentico turbinio di pensiero con il quale dovrai obbligatoriamente fare i conti prima che se ne perda la nozione (e pensare che c’era il pensiero, diceva una volta Gaber… un collega).

Posso dirti che non è stand-up comedy anche se sto per la maggior parte del tempo in piedi, posso dirti che non è cabaret anche se è divertente.
Sì, lo so, adesso sei confuso e ti starai chiedendo: “Ma di che si parla?”
Si parla di voci fuori campo, di lavagne, di Amleto, di macchine elettriche, di burattini, di punteggiatura, di scioglilingua, di matematica, di Pulcinella, di giubbini innamorati.

E se tutto questo non ti basta… mi trovi d’accordo.
Ho impiegato 29 anni per scrivere questo spettacolo.
Ho iniziato da bambino – quando per farmi ridere mi bastava la parola “Ambarabà” – e alla soglia dei miei trent’anni lo porto in scena. Eppure, mi diverte reputarlo ancora delle “prove tecniche” e non uno “spettacolo”.
Oggi gli spettacoli a teatro sono fatti dai personaggi e i personaggi sono rassicuranti.
Io non sono un personaggio e non sono rassicurante, è più faticoso ma – ve lo assicuro – è molto più piacevole.