RECENSIONE – Al Teatro Bellini abbiamo assistito alla prima di Antonio e Cleopatra di William Shakespeare, sotto la sapiente regia di Valter Malosti che ha tradotto ed adattato il celebre spettacolo del 1607.
Accompagnato da Nadia Fusini il regista ha voluto sottolineare la complessità dell’opera, cercando di focalizzare l’attenzione al tragicomico, al sacro e al grottesco, e riflette sulla sua natura filosofica e mistica, intrisa di elementi alchemici. E con Giordano Bruno, un’ombra che aleggia sull’opera, il regista-attore ci accenna la connessione tra il teatro di Shakespera e la mente filosofica del pensatore.
La recensione di Antonio e Cleopatra rivela la sensazione di essere trasportati in uno spazio metafisico, un teatro dentro al teatro, in cui l’eccesso e la maschera dominano la scena. La forma sovrasta l’essenza, la menzogna prevale sulla realtà, e l’eros è influenzato dall’infatuazione. La sovrastruttura, tuttavia, viene spazzata via nel finale, che si presenta con toni e ambientazioni più severi e austeri. La costante presenza della guerra, descritta da Eros come “la più grande trappola del mondo”, collega l’opera alla contemporaneità.
Antonio e Cleopatra, ambientato negli ultimi anni della Roma repubblicana, offre una rappresentazione vivida dei vizi umani. La superficialità del potere viene messa a nudo di fronte al pubblico, trasformando l’opera in un potente commento politico in cui i sottoposti deridono i loro leader, indebolendo il concetto di potere e rendendolo umano.