Alla prima de Il Rito al Teatro San Ferdinando

RECENSIONE – Un’opera complessa che risiede tanto nei volti degli attori, un racconto essenziale ma aperto a interpretazioni diverse.
La trama apparente presenta un giudice che interroga i membri di una compagnia teatrale per determinare se il loro spettacolo sia osceno e meriti censura. Tuttavia, questo è solo l’inizio di un abisso che tocca temi profondi e questioni filosofiche, come il rapporto tra l’arte e il potere, il connubio tra rito processuale e rito teatrale, la dicotomia tra verità e finzione, norma e oscenità, ordine e vita.


L’opera esplora anche l’incontro tra la microsocietà degli attori e l’istituzione, l’attrazione sessuale, la violenza mascherata dalle forme e il silenzio di Dio.
La scena, descritta come una grande scatola bianca con un’ufficio del giudice in nero, diventa un luogo dove gli attori, assediati dal giudice rifugiato nel suo abito istituzionale, sono costretti a rivelarsi l’un l’altro. Le dichiarazioni diventano confessioni intime, trasmettendo i miasmi e i rumori interiori di personalità legate da relazioni malate. Un rito di svelamento, narrazione e esibizione sfacciata, consegnando le colpe individuali, perfino quella di vivere.