Abbiamo incontrato Francesco Andoli, proprietario del ristorante “Januarius”, gustoso ritrovo culturale, sito in Via Duomo, in cui è possibile assistere al “Miracolo del Buon Gusto”. Il locale è volto ad una vera e propria celebrazione della napoletanità, della città ed, in particolare al suo Santo Patrono simbolicamente presente in tutte le forme.
Com’è nata l’idea di Januarius?
La storia è lunga. Tanto per cominciare io sono un giornalista professionista ed inizialmente molto lontano dall’ambiente della ristorazione. Varie vicissitudini mi hanno portato a cambiare strada e reinventare me stesso. Ho trovato questo locale proprio di fronte al Duomo, nel momento in cui questa via era in una fase di depressione commerciale. All’inizio non sapevo che forma avrebbe avuto, ma sicuramente sarebbe stato pertinente rispetto al posto in cui si trovava. Iniziai quindi, cinque anni fa, una ricerca di approfondimento, su San Gennaro in particolare, per capire bene che cosa realmente rappresentasse per Napoli. La rivelazione, che diede il via ad un appassionato percorso, fu scoprire che San Gennaro fosse l’unico Santo cattolico al mondo, la cui salvaguardia e gestione, soprattutto del preziosissimo Tesoro, fosse affidata ad un organo collegiale, laico, nato nel diciassettesimo secolo denominato “Eccellentissima Deputazione di San Gennaro”. Il nostro popolo, in modo straordinario, era riuscito a ricavarsi nell’ambito del potere, più rigido e dogmatico al mondo, uno spazio di totale autonomia e libertà nella gestione del culto. Ho riconosciuto in questa cosa l’essenza del popolo napoletano, geniale, folle, irriverente e refrattario alle regole. Nel periodo in cui progettavo il locale accadde poi che, nel marzo 2016, venne presentato il Decreto Alfano in virtù del quale, dopo 500 anni, il Collegio prima descritto non sarebbe più stato solo laico. Io sono stato tra i fondatori di una protesta partita su facebook denominata #giùlemanidasangennaro. La protesta ha visto settemila persone concentrarsi su Via Duomo ed il decreto non ha trovato attuazione. Le coincidenze e le mie ricerche avevano già avuto, in quel momento, il giusto risvolto.
Quanto tempo l’hai progettata?
Più scoprivo, più mi appassionavo. E’ stata quasi una scelta naturale quella di dedicare questo posto al Santo che, per locazione, è un appendice sia della Cappella che del Museo del Tesoro. La mia idea, riguardo l’architettura del locale, era sicuramente recepita come folle ma io sapevo esattamente quello che volevo. Volevo innanzitutto che fosse citazionista. Ovviamente non poteva riprodurre una cappella perché sarebbe stato ridicolo, però volevo che fosse a metà tra un luogo di culto ed un appartamento napoletano nobiliare. Della Cappella del Tesoro abbiamo riportato fedelissime riproduzioni del pavimento a mosaico e dell’affresco presente sotto la cupola, “La gloria del Paradiso” del Lanfranco, sotto al quale stiamo facendo quest’intervista. I lampadari sono ispirati ai due grandi bruciaincenso che scendono dall’altare maggiore e lo stemma che si trova sulla cassa è lo stemma della città di Napoli che ricorda la demarcazione laica all’interno della cappella. L’ambiente infine è baroccheggiante senza eccessi, volevo che fosse napoletanissimo fino al midollo ma non folkloristico. Dovevo declinarlo secondo quello che è il claim del locale cioè “Il miracolo del Buon Gusto”, riferito sia al cibo che al modus vivendi. Una vera e propria mission è stata quella di ricercare tutti prodotti tipici meridionali , i prodotti che utilizziamo sono provenienti da Puglia, Calabria, Sicilia e Campania fondamentalmente, compresa la carta dei vini. Fare cucina tradizionale è difficilissimo perché sfidi il cliente su terreno conosciuto. Io ho pensato di fare la tradizione nobilitandola, proponendola con il meglio dei prodotti che esistono sul mercato, i migliori in assoluto.
A distanza di un anno, come l’hanno accolto questo mix di sacro e profano i tuoi ospiti?
Estremamente bene. Innanzitutto all’apertura, rispetto al contesto, siamo stati percepiti un po’ come un UFO. Io ero convinto che era una cosa che poteva essere capita. La cosa importante è che la gente, entrando qui dentro, si è sentita subito in un luogo riconoscibile, napoletano e accogliente. Volevo che fosse una continua scoperta di cose, intriso di cultura napoletana. Ci ho messo più di tre anni per realizzarlo e negli anni ho raccolto tantissimi oggetti di esposizione e d’arte. Al momento qui dentro c’è la più grande collezione di oggetti d’arte dedicata a San Gennaro in città. Tra le tante opere ci sono nomi importanti da Guglielmo Muoio a Tiziana D’Auria, Riccardo Ruggiano, i fratelli Scuotto e i fratelli Capuano, Jorit, Rox in the box, Nicola Masuottolo, Terry Di Rienzo, Pasquale Manzo, Alfredo Troise, Fabrizio Scala e Luca Carnevale.
“Januarius” si è affermato come luogo di ritrovo anche culturale.
Ci capita spesso di accogliere clienti che sono usciti da poco dal teatro. Ce ne accorgiamo dalle chiacchiere che fanno al tavolo, commentano lo spettacolo e gli attori. Sono quelli che arrivano un po’ tardi a mangiare ma che rendono tutt’intorno l’ambiente ancor più piacevole. Nostra affezionata cliente è la Signora Angela Luce, un posto in cui si sente molto a suo agio. Per citare altri nostri ospiti, il regista Alessandro D’Alatri e lo scrittore Maurizio De Giovanni.
Abbiamo davvero una bella clientela di buon gusto. Persone che amano Napoli in modo sano, questo è il tipo di pubblico che frequenta questo locale. “Januarius” è una bottega dove andare a fare spesa, un posto dove pranzare o cenare, velocissimo street food, un luogo dove fare aperitivo con i taglieri di salumi e formaggi, accompagnati da un calice di vino.
di Sara Borriello