“A due anni mi portarono in scena dentro uno scatolone legata proprio come una bambola perché non scivolassi fuori. E così il mio destino fu segnato. Da “Pupatella” attraverso la poupée francese, divenni per tutti ‘Pupella’ nel teatro e nella vita”. Forse nulla come le parole della stessa Giustina Maggio, per tutti Pupella, può rappresentare cos’abbiano significato l’arte, il Teatro e il mestiere di attrice per lei. Tanto forti da cambiarle persino il nome.

Dei 16 figli di Mimì Maggio, in 7 seguirono le orme artistiche di famiglia

Ma il fuoco della recitazione non coinvolge solo lei. Bensì buona parte della sua famiglia, formata dai genitori, con il padre, Mimì, uno dei più famosi capocomici della storia del teatro napoletano, e ben 16 figli. Di questi ben sette, Pupella compresa, seguirono le orme genitoriali. Ovvero Enzo, il primogenito, Beniamino, Dante, Icadio, Rosalia e Margherita.

Divenne, infatti, una vera e propria abitudine, a cavallo tra gli anni trenta e quaranta, che intere famiglie si dedicassero al teatro di avanspettacolo: chi faceva il capo-comico, chi la soubrette, la macchietta, il macchinista ecc. Spesso erano costretti loro malgrado ad accettare miserevoli scritture anche se capaci teatranti.

Domenico, detto, appunto, Mimì Maggio debutta all’età di 20 anni, al teatro Rossini. Diventando, grazie alle sue qualità artistiche, e anche al suo fascino, l’interprete preferito degli autori e degli impresari che frequentavano il Caffè-Concerto agli inizi del ‘900. Nei primi anni del secolo, la sua fama cresce sempre più, portandolo prima a far parte del trio Maggio-Coruzzolo-Ciamarella. E successivamente, nel 1916, a mettere su una Formazione. Nella quale, tra gli altri, milita un giovanissimo Totò.

Sono gli anni in cui conosce una giovane cabarettista di successo, Antonietta Gravante, da cui avrà i sopracitati 16 figli.

Pupella la più famosa dei fratelli Maggio

E’ indubbio dire come Pupella sia quella rimasta più di tutti nell’immaginario collettivo, grazie alle sue interpretazioni nel teatro di Scarpetta e al fianco di Eduardo De Filippo. Conosciuto dopo il suo ritorno a Napoli in seguito a un suo trasferimento a Milano dove aveva raggiunto sua sorella Rosalia. Qui lavora in una compagnia di rivista al Teatro Nuovo accanto a Carlo Croccolo, Dolores Palumbo ed altri ancora. In particolar modo è nel 1954 che viene segnalata, sembra dal fratello Beniamino, a M. Mancini, il quale stava reclutando attori per la Scarpettiana, la compagnia voluta da Eduardo per il suo teatro, l’appena rinnovato S. Ferdinando. La morte di Titina, successivamente, le consentirà di ottenere quelle opportunità che la rendono immortale protagonista di opere quali Filumena Marturano e Natale in casa Cupiello.

Beniamino e Dante Maggio, dal teatro al cinema

Dei suoi fratelli, Icadio e Margherita morirono giovani e il loro ricordo nel teatro si perde nel tempo. Mentre la figura più rappresentativa dal punto di vista artistico, dopo Pupella, è quella di Beniamino. Anche lui ritrovatosi sul palcoscenico all’età di 5 anni, cominciò ad ottenere i primi successi come cantante e ballerino, ma un incidente lo costrinse a spostare le sue attenzioni sulla recitazione. In particolar modo fu l’avanspettacolo a renderlo conosciuto al grande pubblico ancor prima del cinema. Il ruolo in cui eccelse fu quello del “mamo”, la maschera del tonto, più o meno finto, la cui comicità nasce dalla lentezza, dalla ridicola reazione alle sollecitazioni della spalla.

Dante fu il più indipendente e forse distaccato dal resto della famiglia. Il suo animo ribelle si vide fin dalla giovinezza. Epoca in cui il padre, dopo averlo lasciato due anni in un collegio punitivo, lo affidò all’apprendistato di Raffaele Viviani, suo amico. Si formò, inoltre, con la compagnia di Achille Maresca e con Anna Fougez. Fino a diventare una delle spalle più famose di artisti quali Totò, Aldo Fabrizi e Carlo Dapporto.

La bellezza di Rosalia Maggio

Rosalia, famosa per la sua bellezza, fu una importante soubrette. Il suo debutto si ricorda a Firenze al teatro Rex, per poi passare nella compagnia di Anna Fougez prima e in quella del padre poi. Negli anni Sessanta si affiancò al fratello Beniamino e a Mario Merola, passando all’arte della Sceneggiata. Di lei, M. D’Amico ha scritto: “Non era un’attrice versatile nel senso moderno ma la sua collocazione nello spettacolo leggero di arte varia, versione partenopea, quale furoreggiò agli inizi del secolo, prima che il cinema lo spingesse da parte e la Tv lo annientasse, era precisa”.

Vincenzo Maggio il più grande e forse il meno fortunato

Vincenzo, pur essendo il fratello maggiore, ottenne senza dubbio meno successo rispetto ai già nominati fratelli. E, proprio per seguire le orme di Dante e Beniamino, dopo una lunga gavetta nei teatrini di avanspettacolo prima e durante la Seconda guerra mondiale, anche lui decide di dedicarsi al cinema. Torna ogni tanto al primo amore, ovvero al teatro, spesso in compagnia dei fratelli stessi, come accade nel 1955-56 con Napoletani a Napoli di Murolo.

(Fonte Treccani)