Ciro Borrelli racconta Peppino De Filippo “Tra palcoscenico e cinepresa”

“Peppino De Filippo – Tra palcoscenico e cinepresa” è il libro scritto da Ciro Borrelli nel 2017, pubblicato da Kairos Edizioni. Il testo è stato frutto di un’imponente ricerca, durata due anni, su uno dei maggiori interpreti teatrali e cinematografici del secolo scorso. L’interessante opera si compone di sette parti. Si apre con una biografia sull’attore, per poi proseguire con il rapporto che ebbe con i due fratelli, in particolare con Eduardo, dando poi spazio al suo lavoro. A tal proposito vengono esaminate nel libro cinque pellicole cinematografiche, nelle quali Peppino è protagonista e non spalla, e tre opere teatrali da lui scritte, tra le tantissime ancor poco conosciute che evidenziano la sua evoluzione artistica. L’autore ha concluso il proprio lavoro con un approfondimento sulla maschera di Pappagone, che ebbe un enorme successo, e con una raccolta di interviste a personaggi che hanno conosciuto Peppino. Ad un anno dalla prima presentazione, avvenuta nel foyer del Teatro Diana nel novembre del 2017, abbiamo conversato con l’autore, Ciro Borrelli.

Ha già raccontato in precedenza quanto il libro fosse “un omaggio doveroso e soprattutto legato ad un forte senso di giustizia”. Si può dire che il suo proposito fosse, dunque, quello di invitare il lettore ad una rivalutazione delle grandi doti dell’artista?

«Si, esattamente. L’idea di scrivere questo libro è nata innanzitutto dall’ammirazione verso il grande personaggio di Peppino De Filippo. Un’artista, si, dalla popolarità indiscussa ma che è stato probabilmente nel tempo poco considerato dalla critica. E’ stato, secondo me e a detta di molti, uno dei migliori interpreti italiani, sia in campo cinematografico che teatrale. Commediografo e quindi autore, capocomico, poeta, canzoniere e disegnatore quindi davvero un artista a tutto tondo. Io mi auguro che questo libro possa stuzzicare le generazioni più giovani, ma anche le meno giovani, che forse lo conoscono solo come “o frate e Eduardo” (come si dice a Napoli) o anche “la spalla di Totò”. In realtà, se Totò è diventato il più grande comico del Novecento è anche perché, a detta di molti critici, i suoi film più belli sono stati quelli con Peppino. La mia opera ha riguardato molto l’”uomo Peppino” e per fare questo mi sono documentato molto sui suoi scritti, opere e carteggi.»

La bibliografia è molto corposa e la ricerca è davvero imponente, come dimostrano le tante notizie inedite raccolte. Questi aneddoti sono stati il frutto di interviste a personaggi che hanno vissuto la compagnia e Peppino?

«La ricerca è stata molto difficile e certosina anche perché, mentre sugli altri grandi figli di Napoli (Totò, Troisi, Edoardo) è stato scritto tanto, su Peppino è stato scritto molto poco. Enorme contributo l’ha dato la Professoressa Giuseppina Scognamiglio, docente di letteratura teatrale che ha anche scritto la prefazione e che ringrazio tanto. Ho attinto tantissimo materiale da Luigi, il figlio di Peppino, con il quale non sono riuscito a parlare personalmente a causa della malattia, ma ho avuto la fortuna di incontrare e colloquiare con Carlo Croccolo, che ha lavorato con lui e l’attrice Anna Maria Ackermann ed è stato un vero onore.»

E’ molto evidente dalle sue parole che sia un suo grande fan, ma ora siamo qui a chiederle una curiosità: qual è il momento in cui ha deciso di scrivere di Peppino De Filippo?

«Nasce tutto da una profonda passione e ammirazione, ma sinceramente c’è stato un momento di ispirazione. Una mattina, mi trovavo a Port’Alba e ricercando tra le varie librerie mi resi conto che ovunque cercassi non trovavo libri riguardanti Peppino. Mi capitavano monografie su Totò, Eduardo, Troisi, Pino Daniele ma su Peppino niente. La stessa mattinata arrivai fino a San Gregorio Armeno nella ricerca di una sua raffigurazione. Chiesi al proprietario della bottega e lui mi rispose che le aveva di tutti meno che la sua. Incredulo gli chiesi il perché e lui, alzando le spalle, disse solo che non era richiesta. Mi sentii testimone di una profonda ingiustizia e scelsi di dare il mio piccolo contributo. Il secondo capitolo in particolare è stato un lavoro che, prima di me, nessuno aveva mai fatto (quello riguardante la ricostruzione della sua vita dai primi anni).»

Secondo lei, può quel livello di teatro ritornare sui palchi italiani? O è destinato a restare solo nella memoria?

«Io credo che di geni come Eduardo, Peppino ma anche lo stesso Totò, attualmente non ce ne siano. Forse nasceranno, ma in un altro secolo. Ci sono molti attori di teatro bravi che secondo me hanno la possibilità di mettere in scena una commedia di De Filippo. Ovviamente lo spettatore, tutto deve fare, tranne che fare il paragone con la scena di Eduardo e Peppino. Si tende sempre a fare il paragone con i mostri sacri, cosa sbagliatissima. Se fossero imitabili non sarebbero tali.»