I ‘Cavalli di ritorno’ di Gino Rivieccio inaugurano la stagione teatrale del Diana. “Io comico elegante che si emoziona ancora”

gino rivieccio

Cosa accadrebbe se a un attore venisse rubata la sua identità?  E come vi comportereste se il delinquente entrando nella vostra privacy si vantasse di avervi incastrato e vi obbligasse a fare quello che lui vuole? E’ quello che succede in teatro a Gino Rivieccio  la cui vita viene presa di mira  on line da un  fan che si impadronisce  dei suoi dati e del suo profilo per sbeffeggiarlo e ricattarlo davanti agli occhi di tutti.

E il nostro protagonista  non può neppure ribellarsi, perché altrimenti il ladro minaccia di farlo sparire dal web e  da tutto quello che si può gestire attraverso la rete: ovverosia  l’universo. Sono questi ed altri ancora gli ingredienti del nuovo spettacolo di Gino Rivieccio, che sarà al Teatro Diana dal 12 al 29 ottobre, scritto dalla coppia Riccardo Cassini e Gustavo Verde con la collaborazione di Gianni Puca e dello stesso Rivieccio che ne firma anche la regia.

La redazione di Napoli a Teatro, tra una prova e l’altra, nell’atmosfera dei giorni prima del debutto, ha avuto modo di incontrare Gino Rivieccio, che ci ha raccontato questo spettacolo dal suo punto di vista. A cominciare dalla scelta del titolo.

“Il Cavallo di ritorno non è altro che una specie di tassa per conquistare il possesso di una cosa che è già di tua proprietà. Come possono esserlo anche l’Imu o il bollo di circolazione, con i quali paghi una tassa su una cosa che è già tua. Tutto ciò da lo spunto per sviluppare una storia che nasce da un fan che si vendica per un selfie che non mi sono fatto con lui qualche anno prima. Dopo aver ritrovato il mio telefonino per caso, comincia a pretendere certe cose. Il repertorio, a parte uno sketch che facevo 25 anni fa con ‘Passo carrabile’, è tutto nuovo. Non si tratta di cavalli di ritorno in quel senso. L’hacker in questione è interpretato da Giovanni Esposito. Sarà lui che detterà i tempi dello spettacolo. Poi in scena con me ci sono due giovani e bravissimi attori, che sono Rosario Minervini e Paola Bocchetti. La regia  è mia e la supervisione tecnica di Enzo Liguori, con una squadra di giovanissimi che sono straordinari. Essendo uno spettacolo molto tecnologico richiede un bel lavoro che stiamo portando avanti da 4 mesi”.

Sarebbe davvero così una tragedia oggi perdere uno smartphone?

“Oggi perdere il telefono è la fine. Dentro c’è tutta la tua vita. Dal pin del bancomat alla password del computer. Quindi chi si impossessa del tuo smartphone si impossessa della tua vita”.

Da un episodio all’apparenza tragico, quindi troverai il modo per sviluppare la tua comicità.

“Certo. Lo spettacolo mi consentirà di fare una serie di monologhi sulla vita quotidiana, sulla politica e su tanti altri argomenti. C’è anche un omaggio a Eduardo De Filippo che fanno i due bravissimi attori che sono al mio fianco. Ci ho messo molto cuore in questo spettacolo. Spero che siano cavalli vincenti”.

Gino Rivieccio si riesce ancora a emozionare dopo tutti questi anni di carriera e di successi?

“Sempre. Mi devo emozionare. Quando non accade vuol dire che lo spettacolo non mi prende e spesso non va neanche come dovrebbe. L’emozione è sempre quella del primo giorno. Pensa che il 25 ottobre faccio 38 anni veri di carriera e devo dire che mi emoziono sempre. Anche se questi spettacoli cominciano a essere faticosi e non so fino a quando potrò ancora reggere. Certe cose si fanno per amore del pubblico, perché ti piace questo lavoro, perché ti diverti ancora, ma c’è una stagione per pensare anche ad altro. Potrebbe essere l’ultimo spettacolo di questo genere. E’ una bella prova fisica e anche mentale. Ma questo è il mio lavoro, quello che ho scelto di fare e forse anche quello in cui riesco meglio.

Di emozione in emozione. Com’è quella di aprire la stagione del Teatro Diana?

“Amo stare a contatto con il mio pubblico. E  in particolare al Vomero, il mio quartiere.  Aprire la stagione di un teatro com’è il Diana è una grande soddisfazione”.

Qual è il progetto della tua carriera cui sei più legato?

“Tutte le cose che ho fatto sono per me come figli e voglio bene loro in egual maniera. Così come resto legato a tutti quelli che mi hanno ospitato, ai produttori che mi hanno prodotto. Alla mia società di produzione. Forse un titolo che rifarei a vita è ‘Sali e t’abbacchi’, una commedia che ho replicato parecchie volte. Ogni tanto la riprendo perché fa bene al cuore, ai polmoni e al cervello. Ma anche questo ‘Cavalli di ritorno’ mi piace molto. E’ uno spettacolo con delle chiavi tradizionali, ma una scatola modernissima. Che sono convinto piacerà moltissimo alla generazione di ieri, ma farà impazzire i giovani. Cerco sempre di rinnovarmi, stare al passo con i tempi, senza essere stereotipato. Anche quando rispetto la tradizione e mi rifaccio alle mie basi classiche ci metto sempre dentro una manciata di modernità. E in questo caso ce n’è tanta”.

Qual è il complimento che hai ricevuto dal tuo pubblico che ti è rimasto maggiormente impresso in questi anni?

“Sicuramente quello che mi fanno più spesso e nel quale mi ci ritrovo è quando dicono che sono un comico elegante. Una comico di parola e non di malaparola. Però forse quello che mi inorgoglisce di più è quando mi dicono che porto la bella pagina di Napoli avanti. Quando mi riconoscono che esporto una napoletanità che rende ancora più orgogliosi essere napoletani. Mi sento considerato un figlio da proteggere e io cerco sempre di ripagarli”.

Gino Rivieccio cosa vede nel suo futuro?

“Ho raccolto molte soddisfazioni e già questo potrebbe bastarmi, però mi piacerebbe fare un film. Ho scritto un progetto molto interessante. Una sceneggiatura che stiamo valutando. Legata a Napoli, ma non incentrata solo su Napoli. Mi piacerebbe anche dedicarmi ai giovani. In questo spettacolo ho protetto questi due ragazzi che sono bravissimi e mi piacerebbe con gli anni fare come quei calciatori che smettono di giocare e passano a fare gli allenatori. Anche perché con un po’ di esperienza e un po’ di fiuto, riesco a capire se uno può stare in palcoscenico o no. Sicuramente troverebbero qualcuno che ci mette cuore. Il Teatro si fa perché hai qualcosa da dire e perché lo ami”.