INTERVISTA – Esiste un luogo nel cuore di Napoli, nel centro storico, affacciato su Via Atri che è teatro di valorizzazione della tradizione napoletana, salotto di degustazione ed accogliente basso napoletano. Ad aprile ha festeggiato il suo primo anno di attività e noi abbiamo incontrato Marco Amoroso, direttore artistico per quanto riguarda la programmazione musicale, che ci parla dello spettacolo di nuova produzione “Incanto Napoletano”.
Com’è che questo locale è diventato la sala di TheAtri?
Circa otto anni fa ho incontrato Francesco Palmieri, un mio carissimo amico che è da molti anni un noto imprenditore della notte napoletana. In quell’occasione gli raccontai aneddoti del mio ennesimo viaggio di lavoro, ero da poco ritornato dalla Spagna. E increduli ragionammo sul fatto che lì, ovunque tu ti girassi, c’erano nelle strade i Tablao di Flamenco, locali sempre aperti con spettacoli fissi, anche più volte al giorno, in cui loro proponevano esperienze con loro contenuti tradizionali, protagonista indiscusso il flamenco. Io sono stato in molte città: a Madrid, Granada, Siviglia, Cordoba e li ho trovati proprio in tutte. La avvertivo come una presenza culturale e proprio da li partì il mio spunto di pensare che fosse assurdo non averli anche a Napoli con la cultura musicale che abbiamo. Ho immaginato un luogo dove la canzone napoletana fosse valorizzata ed offerta agli spettatori per poterla ascoltare. Dopo il periodo della pandemia, quindi trascorse del tempo, lui mi chiamò e mi disse “Ricordi la tua idea di cui mi parlasti anni fa? Ho trovato il luogo per realizzarla”. Questo teatro lo aveva in gestione, già da poco prima della pandemia, Alan De Luca (noto attore comico), che è un amico di Francesco. Purtroppo, proprio per il fermo generale, aveva subito un rallentamento nelle attività durato due anni, con grande difficoltà nel mantenerlo attivo per i costi di gestione. Proprio lui aveva chiesto un sostegno a Francesco per creare sinergie nel riattivarlo. Ci siamo buttati a capofitto tutti e tre in questo progetto e abbiamo ristrutturato il locale per intero. Il nome deriva dalla via sulla quale affaccia che è Via Atri, importante anche per la presenza del Palazzo Filangieri. I contenuti che proponiamo sono tutti ispirati alla cultura tradizionale napoletana declinati in danza, canto, teatro e musica.
Dalla vostra cooperazione è nato quindi il progetto TheAtri.
Esatto, nella suddivisione dei ruoli Francesco si occupa della parte amministrativa del teatro, io mi occupo della direzione artistica musicale, mentre Alan si occupa della direzione artistica teatrale e cabarettistica. TheAtri è un’associazione culturale, di promozione sociale e senza scopo di lucro, organizziamo anche una serie di attività per coinvolgere la cittadinanza sita nelle vicinanze, come anche categorie socialmente deboli, per impegnarli in laboratori teatrali e musicali. La nostra missione è la divulgazione culturale e la soddisfazione, adesso, sta anche nel fatto che ci stanno chiedendo lo spettacolo “Incanto Napoletano” anche all’estero. Il locale ci ha dato il là per una visione che poi man mano si è resa tangibile. Nel momento in cui abbiamo iniziato la ristrutturazione, alle spalle del teatro era presente uno stanzone pieno di oggetti vecchi a deposito e tante cose da smaltire. Quando ho visto le scale e, soprattutto, la finestra che affacciava direttamente alla piazza a me è venuta subito in mente la casa di mia nonna. Lei abitava in un basso nel Rione Sanità e quello spazio me l’ha ricordata tantissimo, ispirandomi una sensazione di accoglienza e sollievo. Ho realizzato quindi in una zona i camerini per gli artisti e per il resto dello spazio, ispirandomi ai miei ricordi, un vero e proprio basso napoletano, con tanto di cucina, salotto e camera da letto. I turisti, ma devo dirti anche i napoletani, quando dopo lo spettacolo accedono in quella zona per la degustazione restano “incantati” ed io di questo ne sono molto soddisfatto.
Cosa proponete nella degustazione?
Sempre piatti tipici dei nostri sapori. Ad esempio una pasta e patate con provola fumante o una bella e saporita parmigiana di melanzane, sempre piatti nostrani accompagnati da vino locale (Gragnano o Campi Flegrei).
Ma parliamo del vostro spettacolo, la produzione che vuole incantare, degustando, la tradizione.
Io avevo questa idea di voler raccontare duecento anni di musica della canzone classica napoletana. Essendo io musicista e venendo da una famiglia che è, si può dire, permeata da queste note. Mio zio è cantante classico napoletano da tutta la vita e mio nonno la scriveva. Per me questo genere è casa, totalmente nelle mie corde. Ho studiato contrabbasso classico al Conservatorio di San Pietro a Majella, sono sempre stato un musicista poliedrico che ha sperimentato diversi generi musicali, ma la tradizione la sento nel mio DNA. Lo spettacolo “Incanto Napoletano” vuole raccontare la musica tra il Settecento e il Novecento napoletano, ripercorrendo tutte le fasi caratteristiche che sono: le villanelle, le tarantelle, poi naturalmente la parte di sciantoseria e teatro, giungendo a Donizetti che fu anche direttore del Teatro San Carlo ed il suo brano “Te voglio bene assaje”, finendo con il giungere alla parte classica di fine Ottocento e del Novecento. Una mia carissima amica, nonché bravissima coreografa, Margherita Siesto, ha curato tutte le coreografie e si è occupata di reperire i costumi. Insieme abbiamo costruito questo spettacolo. E voglio sottolineare l’attenzione che abbiamo avuto anche nell’esaltare l’evoluzione del dialetto insieme alle metamorfosi musicale negli anni, che è un aspetto molto interessante. Lo spettatore o il turista, anche se non gli raccontiamo passo-passo in quale fase ci troviamo, può comprendere dalle sonorità, dagli abiti e dalle danze, l’itinerario storico che gli stiamo offrendo. La musica è suonata dal vivo, sono quattro musicisti: chitarra, mandolino, voce e percussioni. Bravissimi.
L’esigenza e la voglia di condivisione della tradizione napoletana nascono da quale stimolo?
Forse in primis il disappunto del riscontrare quanto il nostro popolo, negli anni, non sia stato bravo a valorizzare le proprie tradizioni. Se pensiamo ai percorsi di studio, è cosa solo recente, di pochi anni, che esistano classi specifiche al Conservatorio, come anche classi di mandolino. Quando ho iniziato io non esisteva nulla di tutto ciò. Noi siamo stati, insieme a Vienna, patria fondamentale per musica e teatro: il primo conservatorio, il primo teatro lirico, sono tanti i nostri primati, per aggiungerne uno, cito la più grande scuola pianistica nel mondo che è la vitaliana e Vitale era nato a Napoli. Mi dispiace pensare che il propulsore di un’attenzione più sostanziale sia solo il turismo. Sono felice che, anche se miriamo ai turisti, l’ottanta per cento delle nostre presenze, ad oggi, sia pubblico napoletano, perché credo che siano i primi che devono riscoprirla. Ovviamente anche la percentuale di turisti crescerà perché abbiamo presentato il progetto e lo spettacolo nelle più grandi fiere di turismo prendendo molti contatti, ma per adesso siamo molto contenti del risultato e dei feedback delle recensioni ricevute.
Oltre allo spettacolo ci sono altre iniziative di cui vogliamo anticipare qualcosa?
Si, sicuramente delle serate di cabaret che abbiamo intitolato “Stu vascio nun è vascio”, che sarà una rassegna di cui abbiamo presentato il primo appuntamento con Paolo Caiazzo che è stato un grande successo, e i prossimi appuntamenti saranno in autunno. Altra iniziativa che sarà presentata sempre in autunno, sarà svolta nei sabato mattina ed è intitolata “Nu cafè ‘int o’ Vascio – musica e storie sul caffè a Napoli”, eventi in cui si potrà degustare il caffè con sprazzi di musica e teatro.
Assolutamente da seguire quindi tutti gli aggiornamenti sui social di “TheAtri – Cultura Napoletana” e per qualsiasi informazioni e richiesta di partecipazione allo spettacolo è possibile contattare il numero Whatsapp 3289445300.