Speciale Teatro: Diana, capolavoro napoletano da 86 anni

Il teatro non é altro che il disperato sforzo dell’uomo di dare un senso alla vita, raccontava Eduardo De Filippo in una celebre intervista… ed il Teatro Diana, storica sala nel cuore pulsante della città di Napoli, incrocia a doppio filo la sua storia con quella di tutta la famiglia De Filippo e non solo: decine e decine gli artisti che hanno intessuto con la famiglia Mirra rapporti lunghi una vita, rapporti che hanno oltrepassato il più delle volte il semplice rapporto meramente professionale.

Il Teatro Diana era la famiglia De Filippo; il Teatro Diana era i fratelli Giuffrè; il Teatro Diana era Patroni Griffi; il Teatro Diana era Nino Taranto, Pupella Maggio, Lina Sastri, Enrico Maria Salerno, Vittorio Gassman, Nino Manfredi, Mariangela Melato e altri ancora fino a Marcello Mastroianni.

Il Teatro Diana è Vincenzo Salemme, Massimo Ranieri, Buccirosso, Casagrande, Biagio Izzo, Cristian De Sica, Silvio Orlando, Arturo Brachetti, Marina Confalone, Giuliana De Sio, Leonardo Pieraccioni, Mergherita Buy, Luca Zingaretti, Sabrina Ferilli, Tony e Peppe Servillo, Nancy Brilli, Massimo Dapporto, Claudia Koll, Gino Rivieccio, Luca Barbareschi, Giulio Scarpati, Alessandro Gassman.

Il Diana è ricerca e formazione, è pubblico vero e vivace, vivo, giovane e nuovo; è platea scalpitante che ha imparato ad ascoltare negli anni Shakespeare, Goethe, Cechov, Pirandello, Brecht senza annoiarsi un attimo.

Il meglio del teatro italiano dava linfa vitale ad un progetto artistico creato da due giovanissimi ragazzi Lucio Mirra e Mariolina sua moglie (di fatto proprietaria del Teatro Diana). “Oggi noi dobbiamo organizzare la programmazione assecondando le mode, tenendo d’occhio la tradizione, guardando al futuro attraverso la formazione. Dal punto di vista artistico ci siamo mossi sempre sulla scia della grande intuizione che negli anni non c’ ha mai fatto sbagliare: la contaminazione dei generi, l’ interdisciplinarietà, la ricerca, la memoria”: racconta Claudia Mirra ultimogenita di Lucio e Mariolina.

Una vocazione ad essere polo culturale cittadino e anche internazionale confermata dagli innumerevoli ed eterogenei spettacoli di prosa, lirica, produzioni per le scuole, eventi capaci di calamitare l’interesse del pubblico campano.

Una realtà storica d’eccellenza nel panorama teatrale napoletano prima, nazionale poi. All’ingresso, frame dei protagonisti che hanno reso celebre la sua Stagione, accolgono gli spettatori che con curiosità si avvicinano al Teatro. Sorridente personale di sale scambia con il pubblico familiari sguardi. Un profondo foyer, avvolge la Sala che con i circa 1000 posti a sedere ricopre un’offerta culturale ampia e variegata nel campo dello spettacolo dal vivo.

La costruzione del Teatro Diana risale al 1933 e fu voluta da Giovanni De Gaudio, all’interno di una sua proprietà, per supplire alla mancanza di luoghi di spettacolo nella zona centrale del quartiere Vomero. Da allora il Diana detiene un prestigioso primato italiano, quello di esser stato gestito sin dalla fondazione da un’unica famiglia.

Ed il posto che fu del suo creatore, Giovanni De Gaudio, successivamente fu occupato con estrema dedizione dalla figlia Mariolina e da suo marito Lucio Mirra, (ancora alla guida del Diana assieme ai suoi tre figli Guglielmo, Gianpiero e Claudia). Infatti sotto la loro guida, di Lucio e Mariolina, il Teatro Diana ha vinto diversi “Biglietti d’Oro” oltre a numerosissimi premi ed attestati di riconoscimento.

Sono 86 gli anni costellati di grandi successi(1933/2019) per il teatro, di questi 55 evolutisi grazie alla mirabile intuizione di Lucio Mirra.

Una vita tra successi e grandi produzioni, ultimo il riconoscimento, tre anni fa, da parte del MiBAC, come Centro di Produzione Teatrale.

“In realtà teatro e cinema all’inizio per me costituivano più che altro una grande passione – racconta Lucio Mirra – qualcosa che mi legava a mia moglie, allora mia fidanzata e a suo padre che era stato il fondatore del Diana. Ho cominciato come avvocato: i primi due anni dopo la laurea ho lavorato in uno studio e poi all’ufficio legale della Tirrenia, la compagnia di navigazione. Era un lavoro che mi dava sicurezza e una certa stabilità. Lavoravo per una grande compagnia di navigazione, una delle quattro più importanti d’Italia assieme a Lloyd Triestino, Adriatica e Italia. La Cristofolo Colombo e la Michelangelo solcavano i mari, era un nostro grande orgoglio. Avevo faticato relativamente poco per trovare un lavoro. La situazione era assai diversa da quella di ora. In seguito alla morte di mio suocero e a quella di suo fratello, che si occupavano entrambi del Diana, sono stato ‘costretto’ a lasciare l’attività di avvocato e a dedicarmi a questo lavoro del quale conoscevo ben poco. La mia famiglia è rimasta parecchio interdetta dalla mia scelta: lasciare un posto di lavoro sicuro per lavorare nel teatro. A quei tempi (come anche adesso) era una scelta piuttosto coraggiosa e azzardata. Nell’ottobre del 1962 sposai Mariolina, da quell’unione nacque inevitabilmente il mio impegno col teatro Diana, la mia vita prese una nuova ed avventurosa svolta. Alla fine del 1963 iniziai a lavorare in teatro stabilmente, mi occupavo di contabilità. In quel tempo il Diana faceva sia cinema che teatro, ma dal momento che quest’ultimo cominciava ad appassionarmi, iniziammo a prendere le prime compagnie”.

L’impegno di Lucio Mirra col Diana inizia in un periodo in cui c’era fortissima richiesta di sale cinematografiche, il cinema sfornava pellicole sull’onda di un ottimismo economico di impulso internazionale. Nel 1960 la produzione esultava per attivi di bilancio mai raggiunti, si viveva il massimo splendore della parabola cinematografica italiana. Successo associato a coproduzioni come “La dolce Vita”, “Il generale della Rovere”, “La grande guerra”. Si affrontavano gli standard americani anche sul piano del western. Il cinema italiano si muoveva alla conquista dei pubblici internazionali. La serie più fortunata quella di “Don Camillo” diretta dal regista francese Julien Duvivier; ebbe il merito di ridurre la complessità della situazione politico-antropologica italiana riducendola alla dialettica cattolicesimo-comunismo. Si riprese in maniera prepotente la strada dei film storico-mitologici che ottennero esaltanti risultati commerciali.

“Di lì in poi il teatro ed il suo magico alone mi ha travolto- continua Lucio Mirra – la mia stessa vita si è svolta sulle tavole del Diana e così quella dei miei tre figli che sin da piccoli hanno mangiato pane e teatro”.

Non si sente la mancanza di qualcosa che non ha fatto parte della nostra vita, che appartiene ad un passato lontano o che si ricorda vagamente come in un sogno. In fondo, a Napoli, basta fare pochi chilometri per andare a teatro. La mancanza di un teatro nella propria città, se non si è un addetto ai lavori, non si sente fino a quando non si parla con qualcuno che invece nel teatro ha vissuto momenti importanti in varie fasi della sua esistenza, perché un teatro è molto più di un luogo dove si va a vedere uno spettacolo pagando un biglietto. Come dice Claudia Mirra ( Responsabile delle relazioni con la Stampa e della Promozione del Teatro e delle sue produzioni) “il teatro è magia”, una magia che può intrecciarsi con le vite degli abitanti di una città in modi che molti napoletani, soprattutto i più giovani, non immaginano nemmeno. La storia del Teatro Diana si fonde con l’evoluzione del suo pubblico e questo crea quel valore aggiunto che si avverte immediatamente entrando negli uffici del Diana di Via Luca Giordano.

“Su suggerimento di Mico Galdieri iniziammo anche a produrre degli spettacoli – racconta ancora Lucio Mirra – un giorno venne da me con Ugo D’Alessio il quale aveva avuto da Eduardo i diritti di alcune commedie di Scarpetta. Erano in cerca di un produttore, e benché non avessi mai ricoperto un simile ruolo, scelsi comunque di imbarcarmi in quella impresa. In seguito producemmo anche i fratelli Giuffré, Pupella Maggio, Lina Sastri, Luigi de Filippo. Nel ’79/’80 cominciammo anche l’attività di ospitalità, proponendo il primo cartellone, con quattro o cinque nomi e un primo esperimento di abbonamenti. Lavorando con impegno iniziammo ad affermarci, tant’è vero che arrivarono le grosse compagnie come quella di Enrico Maria Salerno, Vittorio Gassman, Nino Manfredi, Mariangela Melato e Marcello Mastroianni. Circa 400 compagnie sono venute in questi anni e abbiamo fatto produzioni per 120 spettacoli. Quanti attori abbiamo conosciuto: tante amicizie, tanti ricordi”.

L’inizio degli Anni Ottanta segnano un altro grande traguardo per il Teatro Diana e per la famiglia Mirra: viene ideata la prima Campagna Abbonamenti. “Con questa in corso siamo alla 39esima Campagna – afferma con orgoglio Claudia Mirra – la stagione 1979-1980 segnò per il nostro Teatro una svolta importante. Ad inizio ’79 nacque il lungo e fecondo rapporto con Carlo e Aldo Giuffè. Mettemmo in scena per la prima volta “Una serata con Petito”, portando l’esilarante “Francesca Da Rimini” e “Pascariello cungedato. I Giuffè sono parte fondamentale nella storia del nostro Teatro perché fu con loro e con il loro amministratore, Lello Vianello che si fondò la OR.i.s (Organizzazione Itaiana Spettacoli) che, ancora oggi con l’aggiunta successiva della parola “Diana” è il marchio delle nostre produzioni”.

Il Diana vanta primati e grandi numeri anche per quanto riguarda gli abbonati e le alzate di sipario. Esso rappresenta infatti un vero unicum: circa 250 aperture di sipario l’anno, per quasi 11mila abbonati. Situazione questa che si è consolidata a cavallo degli anni 90-2000.

“Nel decennio che va dall’inizio degli anni novanta e fino al 2000 ci fu un positivo mutamento dovuto soprattutto al successo della campagna abbonamenti – dichiara Guglielmo Mirra, primogenito di Lucio e Mariolina e, mente economica ed amministrativa del Teatro – in quegli anni erano gli addetti ai lavori che smaniavano per esser presenti nella stagione teatrale del Diana. Il motivo non è riconducibile solo alla credibilità ed importanza nazionale che il teatro aveva conquistato ma, per il suo pacchetto abbonati che già allora ammontava a sette, otto mila unità.

Tre anni fa finalmente, un’altra grande svolta, dopo aver prodotto più di 120 spettacoli il teatro Diana viene riconosciuto dal MiBAC, Centro di Produzione Teatrale”.

Un lavoro lunghissimo, una dedizione completa hanno portato a questo importante risultato. Attualmente si occupa di questo aspetto Gianpiero Mirra secondogenito di Lucio e Mariolina, che sin da giovanissimo ha iniziato a lavorare in Teatro affiancando suo padre. Da diversi anni traferitosi a Roma, in un ufficio attivo dal 1982, cura tutto ciò che riguarda le produzioni, le coproduzioni e la programmazione del teatro.

“Essere Centro di Produzione Teatrale è un riconoscimento importante per noi e per una città ed un territorio che ha fatto della vivacità culturale un suo tratto distintivo – dichiara Gianpiero Mirra – la mia più grande aspirazione è sempre stata quella di realizzare in prima persona degli spettacoli capaci di far provare agli altri le emozioni che il teatro ha sempre fatto provare a me. Certo, la realtà poi è ben diversa dai sogni e la strada per arrivare a determinati traguardi non è stata priva di difficoltà. Ma quando si crede davvero in qualcosa, la determinazione e la voglia di riuscire ti danno la forza di superare qualsiasi ostacolo. Fare il produttore significa impegnarsi profondamente, come in quasi tutti i lavori in questo momento nel nostro Paese. È un momento difficile, sotto tanti punti di vista, pertanto diventa sempre più importante, proporre dei progetti che tengano conto prima di tutto dell’evolversi del gusto e delle esigenze del pubblico, mantenendo sempre alto il livello qualitativo del prodotto offerto. Quando il pubblico viene avvicinato nel modo giusto, con l’attenzione dovuta, si ha modo di verificare che non aspetta altro che partecipare a cose che lo emozionano, che lo toccano nel profondo. E allora, è possibile lasciare un segno, spingerlo alla riflessione, farlo tornare a casa con la voglia di essere protagonista della sua vita e non solo avido e passivo consumatore. Allo stesso tempo bisogna esser concreti e non perdere mai di vista che il Teatro è un’industria a tutti gli effetti, un’azienda che investe soldi e che quindi deve essere in grado di far rientrare i capitali. Un sistema che coinvolge persone, professionisti e maestranze. Abbiamo prodotto tantissimi spettacoli che hanno poi girato i teatri italiani. Quello che ci gratifica è soprattutto la fiducia quella che ci accorda ogni giorno il pubblico e quella che ci manifestano i nostri colleghi che ci ospitano. Esempio di fiducia e stima è il nostro longevo rapporto con Vincenzo Salemme che produciamo da circa quindici anni: Vincenzo è in scena in questo momento protagonista di “Con tutto il Cuore” . Quest’anno abbiamo anche prodotto “Il gabbiano” di Massimo Ranieri e, stiamo lavorando su un nuovo spettacolo su testo di Maurizio de Giovanni e per la regia di Alessandro Gassman.

Altro aspetto importante per il Diana sono le produzioni create ad hoc per scuole. Il comparto educational costituisce per noi un aspetto assai importante. Il teatro vive di meccanismi misteriosi, esso ha bisogno di attirare l’attenzione della gente e dunque si impegna a formare e costruire il suo pubblico. È un’azione di promozione e di divulgazione che si rivolge soprattutto alle nuove generazioni: il nostro scopo è formare un nuovo pubblico ad una comprensione più vera del teatro. Non ci si accontenta di avere un pubblico qualsiasi; lo si vuole competente e critico nei confronti degli spettacoli presentati”.

di Teresa Mori

foto ©Felice de Martino, ©Daniele Buonocore, ©Gilda Valenza