NAPOLI – Al Teatro Nuovo, dall’ 11 al 14 aprile, Licia Lanera in Love me testi di Antonio Tarantino. L’attrice e regista pugliese porta in scena due opere del geniale visionario drammaturgo, plasmando uno spettacolo di forte impatto emotivo e straniante.
Raffinato e feroce, Antonio Tarantino è stato una delle voci più forti e originali della drammaturgia italiana degli ultimi trent’anni. La pluripremiata attrice e regista Licia Lanera ne porta in scena due opere nella vorticosa creazione Love me, in scena da giovedì 11 aprile 2024 alle ore 21.00 (repliche fino a domenica 14) al Teatro Nuovo di Napoli.
Presentato da Emilia Romagna Teatro ERT – Teatro Nazionale e Compagnia Licia Lanera, l’allestimento si avvale delle luci a cura di Vincent Longuemare, il disegno sonoro di Tommaso Qzerty Danisi, i costumi di Angela Tomasicchio.
Love me è un patchwork, un dittico di due pezzi di Antonio Tarantino, uno dei più grandi drammaturghi italiani degli ultimi anni, che ci ha lasciato alle porte del 2020. I due pezzi sono un estratto di “Medea” e l’inedito “La Scena”, due testi strutturalmente molto diversi fra loro, ma che si sviluppano attorno ad un tema comune: lo Straniero.
Licia Lanera affronta il disincantato immaginario dell’autore, popolato da personaggi sconfitti e feriti, ma disperatamente vivi, che parlano una lingua cruda, priva di retorica, tabù e violenza.
Stranieri, reietti e personaggi ai margini di una società barbara e violenta fanno riverberare l’eterna e irrisolta lotta tra i miseri e i potenti.
A legarli è la lotta tra i potenti, che detengono il potere e fanno le leggi, e i miseri, che non sono neanche in grado di poterli contrastare perché magari incapaci persino di parlarne la stessa lingua.
Ancora una volta in veste di regista e attrice, la Lanera dà voce alla rabbia, alla sofferenza e alle suppliche degli emarginati, facendoci entrare prepotentemente dentro le loro vite e rendendoci partecipi dei loro affanni.
Offre la prospettiva dello sguardo dolente e disilluso dei reietti, strappandoci una risata amara e spietata, ma lasciandoci addosso anche una sensazione di strano disagio, un turbamento interiore, un senso di vergogna.
Insieme a lei, sul palco, Vittorio Anthony Obiechefu rende concreta e reale la riflessione portata avanti dallo spettacolo.
Il potere costituito è quello assoluto della Parola, e Tarantino stesso lo esercita con il proprio stile drammaturgico. Mischiando un linguaggio pirotecnico, basso e volgare, con elementi ricercati e letterari, favorisce l’adesione ai luoghi comuni che attraversano lo spettacolo, giocando sul grottesco e andando a sottolineare l’atrocità e la violenza degli stereotipi più diffusi che riguardano gli stranieri, le donne e tutte le minoranze escluse dal potere.