NAPOLI – Al Teatro San Ferdinando dal 26 gennaio al 5 febbraio, va in scena in prima nazionale “Il segreto nel Talento”, Commedia per musica di Valeria Parrella,
musicata e diretta da Paolo Coletta, con Teresa Saponangelo e Elisabetta Valgoi e con gli Ondanueve String Quartet.
Valeria Parrella e Paolo Coletta – rispettivamente autrice del testo e autore delle musiche e regista – danno vita a un inedito progetto di teatro musicale per due attrici e quartetto d’archi.
Un atto unico scoppiettante che attingendo alla tradizione goldoniana e a quella partenopea, le due lingue per eccellenza del teatro settecentesco, in un crescendo di equivoci e prove di talento si sovrappongono a un piano espressivo in italiano.
Protagoniste della storia sono due attrici, la napoletana Melina (interpretata da Teresa Saponangelo), e la veneziana La Dernier (interpretata da Elisabetta Valgoi), amiche e rivali, che hanno perduto fiducia nel loro talento. Hanno però saputo, da un compositore senza successo alcuno, che un celebre Maestro, erede di musicisti come Scarlatti, Pergolesi e Cimarosa, possiede un oggetto – gelosamente custodito – che ritiene essere il segreto per il talento. Le due cantanti, così, decidono di sottrarglielo, intrufolandosi nella labirintica abitazione del celebre Maestro. Hanno studiato il giorno e l’ora giusti, e si calano dal lucernario per mettere a segno il furto. Peccato non sappiano che in quel momento, nella stessa casa, il Maestro stia per iniziare le prove con un quartetto d’archi.

Scrive Valeria Parrella nell’Argomento che introduce il testo – che Marsilio Editori manda in libreria il 24 gennaio nella collana Gocce in occasione del debutto – che: «Arriva un momento, nella vita degli artisti, in cui il talento – che è quello che li ha resi artisti, quello che ha cambiato la loro vita, impresso loro una direzione, insomma: che li ha resi ciò che sono – si appanna. Non è vero. Il talento, se c’è, non si appanna mai. Ma gli artisti non lo vedono più. Può essere un movimento endogeno, derivato dalla stanchezza, dalla paura che accada, come certe profezie che si autoavverano, o dall’aver troppo dato; può derivare da una tristezza improvvisa, un cambiamento che riesce a incidere persino lì, in quel nocciolo duro, in quel nucleo che forse nasce nello stesso istante in cui nasce l’artista.

Oppure può essere un movimento che deriva dall’esterno: troppo successo stroppia, e annienta il sentimento del talento, che è il suo fratello nobile. Esistono talenti con successo e artisti di successo nient’affatto talentuosi. Ognuno che si provi a salire su un palcoscenico, far andar via un romanzo in un libro, affidare la propria musica, la propria danza al mondo lì fuori, lo sa: ci sarà uno sguardo, un giudizio, oppure nulla. E l’artista misurerà il suo talento non più in base a quel nucleo pulsante delle origini, ma alla capacità che esso ha di mostrarsi agli altri, di venire riconosciuto, di incidere sulla realtà o rifondare un mondo. Anche il proprio mondo. Persino il proprio mondo interno. E, se questo è vero per ogni artista, si immagini quanto può diventare dirompente in due artiste, due donne, e attrici, e cantanti, e danzatrici, due: amiche tra di loro».
Per informazioni: www.teatrodinapoli.it