FilmMaker fondatore de Il Grigio Production
INTERVISTA – Francesco Mucci, classe 1990, giovane regista, produttore e sceneggiatore, con grande passione per cinema, serie tv, arte e musica. Figlio degli attori Nunzia Schiano e Niko Mucci, da sempre stimolato dalla sensibilità e la tempra di chi vive l’arte come estensione dell’essere. Laureato in Scienze dello Spettacolo e della Produzione Multimediale, con specializzazione in Cinema e Televisione. Fondatore de “Il Grigio Production”, un collettivo di talentuosi giovani professionisti dello spettacolo, costituito nel 2017, già realizzatore di progetti che vanno da cortometraggi premiati a video musicali, fino a giungere ad interessanti spot pubblicitari.
Come mai la scelta di “Il Grigio Production” come nome del collettivo?
In realtà ammetto che ho un gusto inconscio per il criptico, mi piace che i significati non siano così immediati infatti anche per i titoli dei corti, faccio riferimento ad alcune cose ma non in modo inequivocabile. Chi mi conosce e sa della mia passione per il fantasy, potrebbe ad esempio percepire un riferimento al personaggio di “Gandalf il Grigio” de Il Signore degli Anelli, ma anche in questo caso non è la risposta definitiva. Il rimando al grigio è nato con il blog che ho creato subito dopo essermi laureato alla specialistica. Determinante per me è stata l’esperienza come giurato al Festival di Venezia insieme ad altri ragazzi dell’università. Il fatto di trovarsi in un ambiente in cui condividere esperienze e parlare di cinema e di arte in generale con persone che amano le stesse cose, mi ha fatto sentire come a casa. Da lì nacque l’esigenza di creare il blog, uno spazio mio in cui poter creare dialogo.
Ovviamente ogni idea ha una sua evoluzione. Inizialmente volevo che il grigio fosse un punto di equilibrio tra gli estremi del bianco e nero, poi più vado avanti, e più mi rendo conto che l’equilibrio devo averlo io e le posizioni devono essere abbastanza polarizzate. Nel 2018 ho curato una rubrica per “Unici Magazine” con delle video recensioni. Il format si intitolava “Tra il bianco e il nero” e le giravo di proposito in grigio per dare il senso che prendevo una posizione ma volevo essere anche imparziale.
Hai firmato nel 2018 il cortometraggio “Corduroy”, con Nunzia Schiano, vincitore di diversi riconoscimenti e presentato in diversi festival. Presentato poi al pubblico nel 2020, qual è stato il feedback?
Esatto, lo abbiamo lanciato quest’anno ed è stata una grande soddisfazione. Presentato per la prima volta durante il primo lockdown è stato seguitissimo, poi nuovamente ripresentato i primi di dicembre sui social in occasione dell’apertura del nuovo canale Youtube di “Il Grigio Production”. Abbiamo dovuto tenerlo in standby un annetto e mezzo, segretato da password per i Festival che richiedevano uno stato di Premiere. Io ho un rapporto un po’ controverso con i Festival perché li ritengo a volte non troppo meritocratici. La cosa che più mi piace invece è l’occasione di incontro e confronto, soprattutto con ragazzi della mia età. Faccio molto gruppo con quelli della mia generazione. Adoro i Festival in cui gli organizzatori hanno delle visioni di inclusione e condivisione particolari. Ho partecipato ad esempio al River Film Festival di Padova in cui i corti venivano proiettati sul fiume. Si creano legami, in quell’occasione conobbi due ragazzi di Firenze e siamo rimasti amici.
Ci parli dei premi riconosciuti a “Corduroy”?
Abbiamo vinto poco ma sono state cose molto significative. Nunzia ha vinto un Premio come Miglior Attrice al Festival del Cinema di Roma. Eravamo nella categoria dei corti finanziati da Nuova IMAIE, infatti “Corduroy” è stato prodotto con il fondo che abbiamo vinto partecipando al bando. Ho vinto io il “Premio Buon Vento” (Migliore Opera Prima) del Film Festival Cortodino di Torre Annunziata, ben augurante per la mia carriera ed abbiamo vinto il “Premio Ritratti del Territorio” alla regia, sempre per me. Abbiamo avuto la soddisfazione di essere tra i trenta cortometraggi, in preselezione, ad un passo dalla finale per i Nastri d’Argento. Quest’ultima la cito alla fine non perché meno importante, è stato bellissimo vivere la fibrillazione di essere a tanto così dall’esserci però dopo ti rendi conto che è un dato che vale solo per l’ego. Io faccio questo mestiere non per gratificarmi in senso stretto ma perché ho voglia di raccontare delle cose.
La pandemia ha evidenziato, proprio con lo stallo, le criticità che da tempo affliggevano i lavoratori dello spettacolo. Poco fa hai usato la parola “mestiere”, credi che la maggiore consapevolezza possa essere chiave di volta per il futuro?
Sicuramente è stato il via per la focalizzazione degli obbiettivi. Con il mezzo delle riunioni a distanza si è creata la possibilità di dialogo e confronto. Io ho incontrato molti Under35 e abbiamo creato una community di recente. Organizziamo tavolate per raccontarci lo scenario intorno a noi. Abbiamo intenzione in futuro di parlare ai non addetti ai lavori per descrivere chi siano i lavoratori dello spettacolo. Crediamo sia importante. Spero che questo gruppo cresca sempre più, chiunque volesse qualche informazione può contattarmi. Altro punto focale su cui ci siamo soffermati molto e che sarà, insieme alla consapevolezza, altro elemento determinante della ripresa, è sicuramente un’analisi sul pubblico. Si parla di ristori, di come far ripartire teatro e cinema, ma alla fine il pubblico dov’è? Non si può perdere il contatto con gli spettatori, la nostra è una rincorsa continua per farsi ascoltare e seguire. L’obbiettivo non è intrattenerlo ma coinvolgerlo. Se coinvolto il pubblico si interessa a quel lavoro e aspetta quello successivo.
Si deve convincere il pubblico a vedere anche le cose brutte, perché solo così può riconoscere quelle belle. Siamo in un momento storico particolare, in cui tutti ottimizzano il proprio tempo, se devono scegliere cosa vedere lo fanno in base alle recensioni, la famosa scala di 10 sui programmi streaming, e quindi se non ha 4 o 5 stelle oppure 10 su 10, il film si scarta. Il senso critico si crea nel grigio, il quid è la giusta distanza per poter valutare. Io che sono appassionato di serie sarei propenso a seguire gruppi d’ascolto e confronto sulle opinioni generali e particolari e sarebbe bellissimo se si potessero organizzare anche per i corti. Allora non prevarrebbero solo le tematiche ma anche le storie, che cosa vuoi raccontarmi?
“Corduroy” è ricco di suspense, sicuramente dati anche dall’attenzione alla musica e i suoi ritmi. Questi elementi si possono definire come caratteristici del genere delle vostre produzioni?
Sicuramente ho cominciato questo percorso della regia pensando di fare qualcosa di molto viscerale, che lasci spazio all’espressione dell’inconscio. Chiaramente all’inizio ho pensato al genere horror o thriller, se penso a un grande film da fare, penso ad un thriller un po’ più cruento. Il genere horror in Italia non è preso sul serio. Anche nel lavoro di adesso, cui stiamo lavorando, “Praeda” è di fantascienza ma ambientato in un futuro distopico con scene cruente. Voglio provare a sperimentare con il pubblico. Con “Corduroy” mi è andata bene, perché ambientato in una cucina e con un personaggio, interpretato da Nunzia, che conduce già da sé verso un ambiente confortevole con un viso affabile e distinguibile. In quel caso il pubblico si è lasciato condurre, e quello che io ho voluto fare è stato far deragliare quel treno. E’ lì che si crea l’impatto che smuove.
Qual è stata la fonte di ispirazione per la storia di “Corduroy”?
Per il titolo, un po’ il brano dei Pearl Jam, ma non solo. Non avevo mai costruito una sceneggiatura ed un soggetto partendo da un’immagine. Però mi era balenata questa scena di uno chef che sfida il proprio pubblico, tipo “Cuore rilevatore” di Poe, un orrore nascosto, qualcosa che vuole nascondere. Avevo iniziato a ragionare alla dinamica per cui un ospite del CookingShow si proponeva come ingrediente per una pietanza. Il sacrificio umano per la fama, metafora per me, che porta al quesito: Se tu sapessi effettivamente cosa c’è dentro, riusciresti ancora a dire “Che ci vuole a farlo”? Avevo questa immagine forte anche del coltello, che doveva impugnare dalla parte della lama, come a dire: Te lo sto porgendo ma mi sto facendo male. Però era davvero troppo complicato da proporre (sorride) nell’atto pratico era una follia, abbiamo già rischiato accoltellamenti!
Prima ci hai accennato del tuo nuovo corto “Praeda” ambientato in un futuro post-apocalittico. Quanto questa pandemia ha influenzato o influenzerà la storia?
Tantissimo, abbiamo vissuto con molta più presenza e trasporto il set, proprio per questo particolare momento. Io ho iniziato a scrivere il corto insieme al mio amico Alessandro Amato, nel novembre 2018, sono passati più di due anni. Durante il primo lockdown abbiamo continuato a lavorarci, prima con una squadra che è stata poi stravolta a settembre. La cosa che è venuta fuori meglio è la solitudine, ma anche l’importanza del contatto. Io credo che a parte il contatto con la mia ragazza e i miei genitori, non ricevo manco una mano su una spalla da mesi. Atroce.
Sul set poi c’è stata una magia particolare, eravamo tutti allineati in quella sensazione, quando accade, anche il respiro è diverso. Non solo tra gli attori principali, Annalaura Mauriello e Raffaele Ausiello (quest’ultimo anche in Corduroy), ma tra tutto lo staff. Abbiamo vissuto tutti le stesse dinamiche, tutti con la mascherina sul set, tutti hanno vissuto le stesse privazioni. Ha contribuito a creare un’atmosfera particolare. Avrei volto più esterne e più comparse ma in questo periodo Covid, già è stato tanto quello che abbiamo ottenuto. Essenziali mi sono stati i consulti con Andrea Savoia alla fotografia, con cui c’è particolare sintonia. Io ho sempre l’impressione che vorrei fare la cosa definitiva, invece sono tutti tasselli di qualcosa più grande che non viene ora, ma verrà prima o poi. Vorrei poter dire che dipenderà solo da me, ma questo è l’incertezza caratteristica di questa professione. Mi preme ringraziare il TAN Teatro Area Nord, che è per me come una seconda famiglia, come anche Teatri Associati nella figura di Lello Serao, co-produttore del corto. Infine i ragazzi di StepOne Production per la collaborazione.
Quando sarà presentato Praeda? Rispetto ai progetti futuri, proseguiranno le collaborazioni per video musicali e campagne pubblicitarie?
Praeda sarà presentato l’anno prossimo inoltrato. Seguirà l’iter di presentazione ai Festival di cui abbiamo parlato prima e poi mi piacerebbe riuscire ad organizzare una Premiere in sala, il corto è stato realizzato con una campagna di crowfunding e spero di poter invitare tutti coloro che ci hanno creduto e la stampa. Sono ancora in dubbio sulla possibilità di dirigermi verso la distribuzione online, è ancora da definire. Per quanto riguarda i video clip, è un mondo che mi affascina e che per certi versi mi viene anche più naturale. Io volevo fare il musicista, fino a qualche anno fa era ancora il mio sogno quello di fare la rockstar. Però adesso è più difficile che mai perché realizzarli richiede certi badget e ora, con questa crisi, è ancora più difficile che clienti privati vogliano investire certi importi. Noi non possiamo più regalare il nostro lavoro ma non riusciamo neanche a farlo quindi il commerciale è un’altra via che non dispiace. Il problema è sempre trovare il cliente giusto che abbia voglia di sperimentare.
La tua, sia per formazione che per esperienza, è una posizione particolare. Rispetto a quello che c’è stato fino adesso, in cosa credi che una mente giovane possa apportare effettivi cambiamenti? In che modo?
Io penso che una delle differenze sostanziali che abbiamo come generazione sta nel fatto di sentire una pressione che i nostri genitori non hanno avuto e che non riescono a comprendere della nostra età. Noi siamo costantemente messi sotto torchio e dobbiamo essere al passo con non si sa bene quale trend e quale professionalità. Siamo super formati, con Master, e non è mai abbastanza. All’interno della community, di cui parlavo prima, sono scaturite anche riflessioni su osservazioni del tipo: “Si non sono mai abbastanza, devo fare come vogliono loro perché altrimenti perdo la possibilità di lavorare”. La mia opinione è che ora è necessario avere il coraggio di mettere in campo le proprie idee. Noi stiamo per ereditare questa terra ma per un mero motivo anagrafico, il nostro posto non l’abbiamo ancora trovato e dobbiamo già fare spazio alle generazioni successive. Io non devo pensare di tirare il grembiule o la giacca del nonno di turno e dire “Ehi hai visto come sono bravo?”, io devo parlare con i miei coetanei e dire: “Parliamo di noi?”. Non possiamo pensare di poter andare avanti continuando a chiedere l’approvazione di chi sta dietro, perché inevitabilmente guardi indietro invece che avanti. Voglio stimolare e coinvolgere quelli come me ad allontanarsi dall’idea che si debba necessariamente compiacere il passato. Il passato non può capire, così come loro non potevano essere capiti dai loro genitori.
«Il Grigio Production è un gruppo di giovani professionisti smaniosi di mettersi alla prova. Un concentrato di talenti che ha come unico scopo quello di raccontare storie e trascinare lo spettatore in altri mondi. In cambio chiediamo solo che vi fidiate di noi»
Link Youtube al cortometraggio “Corduroy”
(con Nunzia Schiano, Maria Bolignano, Lello Serao e Raffaele Ausiello)
Link Facebook “il Grigio Production”
Casa di Produzione fondata da Francesco Mucci
Link Facebook “Progetto Praeda”
cortometraggio diretto da Francesco Mucci
Link al Sito Il Grigio Production
per approfondire progetti e produzioni