Antonio Mocciola e la sua “Isola degli Invertiti”

Articolo presente nel numero Luglio 2020 di Napoli a Teatro

INTERVISTA – Antonio Mocciola, giornalista, scrittore ed autore teatrale. Il suo testo “L’isola degli invertiti” sarà in scena nel giardino romantico di Palazzo Reale il prossimo 28 luglio, nella programmazione della sezione Osservatorio del Napoli Teatro Festival Italia. Lo spettacolo è diretto da Marco Prato ed interpretato dagli attori Diego Sommaripa, Tommaso Arnaldi e Francesco Giannotti. Un ghetto di Stato rimosso dalla memoria collettiva, la cui storia torna ora alla luce con uno spettacolo senza filtri che vede, sullo sfondo di un Italia allo sbando, i destini intrecciati di due “invertiti” ed un feroce questore.

Qual è stata la fonte di ispirazione per questo testo?

L’omofobia è un problema sempre attuale, considerando che ancora oggi non esiste una legge che la condanni, nel 2017 avevo già scritto il libro “Addosso. Le Parole dell’omofobia”. Mi ha indubbiamente ispirato il libro di Gianfranco Goretti “La città e l’isola” che mi ha fornito un primo approccio a questa storia che poi ho voluto approfondire e raccontare. Ci troviamo alla fine degli anni ’30 ed il regime di quei tempi invitò i commissari di polizia ad individuare e perseguitare gli omosessuali o i presunti tali. Furono istituite delle rappresaglie per scovare i loro ritrovi, attraverso le intercettazione dell’epoca, per poi confinarli sulle isole, di Ustica, le Egadi e le Tremiti. Accadde allora una cosa imprevedibile, in particolare sull’isola di San Dòmino nelle Tremiti. Se l’idea era quella di confinarli per isolarli invece gli si diede l’opportunità di unirsi come mai prima d’ora, creando una certezza gender che, come un boomerang, istillò proprio in quel periodo il seme della rivincita. E’ vero che sono rimasti anonimi fino alla fine e non hanno mai voluto raccontare cosa successe su quelle isole, però pian piano con la Costituzione, dal ‘48 in poi sono state tutelate, almeno nominalmente le minoranze anche sessuali.

Da questo spunto una storia teatrale?

Ho creato una storia di due personaggi inventati, emblematici, uno sposato con due figli che ha accettato la sua natura molto tardi, ed uno invece un po’ più spinto, quasi travestito, femminile. Perché il mondo omosessuale è questo, c’è gente che va a lavorare in giacca e cravatta, i cosiddetti “insospettabili” anche se è un termine orribile, e altri più estroversi. Questi due si incontrano in una balera, perché allora questi erano i luoghi di incontro, si innamorano e vengono confinati nella stessa isola. A spaccare in due lo spettacolo c’è l’interrogatorio del questore catanese Alfonso Molina, che invece è realmente esistito ed è stato il più feroce questore della storia italiana, che interroga uno alla volta i due invertiti, perché è così che li si chiamava, e li mortifica cercando di colpire le loro debolezze.  Il risvolto è quello di un piccolo giallo.

A novembre lo spettacolo è andato in scena con una prima versione al Teatro Tram, al NTFI debutterà invece una nuova produzione, diretta sempre da Marco Prato.

Si, con Marco Prato lavoro molto in sinergia. Quando abbiamo varato lo spettacolo a novembre non avevamo ancora una produzione, poi quando è subentrata ha come di consuetudine rivisto il cast scegliendo degli attori più vicini alla sede e che potessero poi in secondo momento spostarsi con noi. Sono stato molto felice del lavoro dei ragazzi del Teatro Tram, Andrea Russo, Giovanni Esposito e Bruno Petrosino. Con un cast provvisorio siamo riusciti a fare anche una data zero a Perugia prima del fermo emergenziale, per poi arrivare al cast definitivo di adesso cui si è aggiunto Diego Sommaripa. Per noi che siamo una realtà diciamo piccola, è un onore ed un premio essere presenti nella programmazione del Napoli Teatro Festival, abbiamo degli attori molto bravi, Ruggero Cappuccio e Nadia Baldi hanno apprezzato l’argomento.

Le regole sulla messa in sicurezza hanno determinato molte modifiche sulla regia dello spettacolo?

Abbastanza, abbiamo dovuto riadattare il testo alle direttive dateci per il festival. Erano previsti dei momenti di vicinanza e contatto, che invece saranno molto ecumenici, stanno sempre ad un metro di distanza ma alla fine la modifica sulla regia non è stata poi eccessiva.

E’ stato difficile approfondire le ricerche?

Essendo io giornalista sono riuscito ad entrare negli archivi di alcune questure, trovando i fascicoli dimenticati e sepolti nel tempo di questi invertiti con i vari referti. E’ stato molto emozionante, ed anche lancinante naturalmente, vedere con quali miracoli linguistici, i poliziotti dell’epoca dovevano evitare di dire la parola invertiti, allora si diceva frasi come “movenze effeminate”, “sguardi lascivi”, tra l’altro anche sgrammaticate perché all’epoca anche nelle forze dell’ordine c’erano persone con profonde lacune. Alcune volte erano anche protettivi nei confronti della persona, altri invece erano spietati. Riesci ad immaginare questi ragazzi prelevati ed interrogati? Per un reato che loro non riconoscevano, e che non lo è mai stato ufficialmente. Questi ragazzi erano spesso analfabeti, non capivano, in che modo si stesse configurando un reato se in effetti non stavano ledendo nessuno. Dopo la lettura di alcuni verbali ho immaginato i manganelli e le sevizie ed è stato per me straziante.

La Cecenia non è un altro pianeta, lì ci sono campi di concentramento per omosessuali e stiamo parlando di un luogo non poi così distante da noi. Sono ancora tantissime le discriminazioni, anche solo verbali al giorno d’oggi che non sono materialmente un confino ma influiscono su persone più fragili. Gli uomini che vivono sposati in vite tristi perché hanno paura di rivelarsi, come il protagonista della storia, hanno una paura che è data dalla società e la società siamo noi. Tra il 1938 e il 2020, non sono passati neanche cento anni ed io non sono sicuro che l’isola degli invertiti sia poi così lontana.