“Miseria e Nobiltà”: il visionario Melchionna vince la sfida

RECENSIONE – E’ necessario tanto coraggio ed un reverenziale rispetto per decidere di affrontare un testo talmente conosciuto quale “Miseria e Nobiltà” di Scarpetta, reso ancor più celebre da Eduardo e Totò. L’audace Melchionna accetta e vince la sfida in modo schiacciante al Teatro San Ferdinando, proponendo una versione innovativa che riesce nell’intento di sorprendere e strabiliare. Suo compagno di penna in fase di riscrittura, Lello Arena, che ritroviamo anche sul palco nelle vesti del personaggio principale, Don Felice Sciosciammocca, accolto dal pubblico con un consistente ed affettuoso applauso.

Forte ed eloquente è la scenografia ideata da Luciano Melchionna e realizzata da Roberto Crea: che riesce a condurre lo spettatore dalla miseria più cupa e cruda, in cui i personaggi si muovono come ratti in spazi angusti arrampicandosi a fatica e stringendosi nelle vesti logore, fino a giungere, per mezzo di un’ingegnosa botola, ad una luminosa quanto ipocrita nobiltà, che leva la fame ma inaridisce gli animi. Geniale l’idea di porre, nel secondo atto, la casa nobile, in modo rialzato, sullo scantinato in cui la miseria continua a muoversi incessante. Molto espressivi i costumi disegnati da Milla, soprattutto quelli estrosi del secondo tempo, degni di citazione quello finale di Luisella per la forma e la creatività, e quello di Gemma all’inizio del secondo atto per la sua sinuosità. Il teatro riesce nel suo intento più profondo quando, oltre gli attori, anche gli oggetti inanimati (scene e costumi) sono sul palco a comunicare, e sorprendere in modo innovativo.

La storia la conosciamo molto bene, ruota attorno all’unione di due giovani innamorati, osteggiata da disuguaglianze sociali. Il giovane nobile Eugenio Favetti, innamorato di Gemma, figlia di Gaetano, un cuoco arricchito, chiede a Pasquale e Felice Sciosciammocca, con le rispettive famiglie, di aiutarlo a inscenare una farsa per convincere il padre della fanciulla ad acconsentire al matrimonio. Il testo offre anche innumerevoli suggestioni, riflessioni lanciate da Lello Arena sul significato di alcune parole. Davvero emozionante il discernimento sulla potenza del verbo fare. Il linguaggio è volutamente colorato di un napoletano verace, che tra risate, di pancia e ponderate, riesce a non stancare e sorprendere, mantenendo sempre alto il ritmo di questo allestimento prodotto da Ente Teatro Cronaca e VesuvioTeatro.

Espressivo e convincente il cast composto di tredici attori. Oltre l’eccezionale Lello Arena, degne di nota, la carismatica Luisella di Maria Bolignano e la strepitosa interpretazione della giovane Veronica D’Elia nelle vesti dell’irriverente Peppiniello. Insieme a loro Giorgia Trasselli, Raffaele Ausiello, Marika De Chiara, Andrea de Goyzueta, Alfonso Dolgetta, Sara Esposito, Carla Ferraro, Luciano Giugliano, Irene Grasso e Fabio Rossi.

Protagonista in diverse declinazioni, è la fame. Ogni personaggio ha fame di qualcosa, chi materiale, chi emotivo, chi culturale e chi di consenso. La stessa fa quindi da collante in questi due mondi in apparenza cosi distanti, tra personaggi alieni gli uni agli altri. Lo stesso Melchionna nelle note di regia commenta: «Miseria e nobiltà. Miseria o nobiltà? Una cosa è certa l’una non esisterebbe senza l’altra». Spettacolo assolutamente da non perdere, in scena fino al 5 gennaio al Teatro San Ferdinando.

Informazioni Spettacolo “Miseria e Nobiltà” – Napoli a Teatro