La Casa di Ninetta immerge chiunque la visiti in un’atmosfera retrò, elegante e accogliente. L’arredamento, dai mobili ai libri, è stato scelto in ogni elemento con passione. Non si tratta di un semplice ristorante ma di un tempietto all’arte e alla cucina tradizionale napoletana, con i suoi sapori e segreti. Centro di gravità nel mondo artistico e ritrovo culturale del dopo-teatro napoletano. Sono spesso organizzate serate a tema che combinino musica, teatro, arte e antichi sapori. Abbiamo il piacere oggi di intervistare l’anima del locale Carmelo, fratello dell’attrice Lina Sastri, e Anna, figlia di Lina, sempre presente e coinvolta con passione nella gestione.
Carmelo quando è nata l’idea di impegnarsi nella divulgazione della cucina tradizionale napoletana?
Ho vissuto molto tempo all’estero, tra Los Angeles, Londra, Brasile e Germania, e ogni volta che tornavo a Napoli era difficile trovare un ristorante dove poter gustare la reale cucina tradizionale come quella che faceva mia madre. Ho deciso dunque di creare un luogo dove poter riassaporare la cucina protagonista della mia infanzia ed allo stesso tempo, con la collaborazione di mia sorella Lina Sastri, dargli un tocco artistico. Si tratta di una tradizione che inizia da lontano con nonna Emilia, detta ciuccio’ e ‘ fuoco, che aveva una cantina in via Firenze agli inizi del ‘900 in cui offriva poche cose: vino sfuso, alici fritte, pasta e fagioli e baccalà. Mi ricordo che da infante mia madre, che doveva aiutare la nonna, mi lasciava nel retrobottega a dormire e una volta cresciuto è proprio lì che mia nonna mi ha raccontato tante storie legate a quel posto. In via Torino, a pochi metri dalla cantina, all’epoca c’era il Teatro Apollo in cui negli anni ’40 si esibivano le principali compagnie, tra cui anche quella di Totò. Le ballerine della compagnia venivano in cantina dalla nonna e mangiavano solo pasta cruda per non gonfiare la pancia. All’epoca i ristoranti, come li intendiamo oggi, non esistevano erano solo per grandi eventi e le cantine erano il punto di riferimento per chi voleva ristorarsi e dunque anche per le compagnie teatrali.
Chi era Ninetta?
Era mia madre. Un’ottima cuoca, come lo erano le donne napoletane di una volta, ed aveva un talento nella voce, un soprano naturale. Ricordo che mentre cucinava o sistemava la casa cantava, cantava sempre. E’ stata lei a trasmettere a me e mia sorella l’amore per l’arte e per la vita. “La Casa di Ninetta” infatti nasce come libro e monologo teatrale che mia sorella Lina ha diretto ed interpretato a teatro.
Anna sicuramente sarà orgogliosa del suo nome e di trovarsi in un’attività ispirata alle sue ave?
Ninetta anticamente era usato come diminutivo del nome Anna, dunque io sarei la “Ninetta 2.0”. Abbiamo la fortuna di godere di una realtà enogastronomica che è patrimonio dell’umanità ed è questa la vera eredità ed una rivalutata opportunità per le future generazioni di queste terre. Per diretta esperienza confermo che è davvero un settore vasto ed affascinante e canale di comunicazione internazionale. La Casa di Ninetta è poi un luogo di incontro e di confronto tra vecchie e giovani generazioni che arricchisce le mie esperienze e conoscenze sempre piu’.
Questo luogo è un accogliente punto di ritrovo per molti artisti. Come si combinano il teatro e la cucina?
Di artisti in questi ormai dieci anni di attività ne sono passati davvero tanti. Molti sono amici, altri lo sono diventati, perché oggettivamente La Casa di Ninetta riesce a creare un’atmosfera di intimità e di confronto unica. E’ una magia che ogni volta si realizza ed io ne resto sempre affascinato. Da Giancarlo Giannini ad Alessandro Gassmann, da Cristian De Sica a Ornella Vanoni, passando per Vittorio Sgarbi, Claudia Cardinale e Mika, ci sono poi gli amici napoletani come i Bennato e Gragnaniello che sono di casa. Si conferma ritrovo ideale per il dopoteatro, dove gli artisti si possono finalmente rilassare e confrontare sulla serata trascorsa. La scorsa estate abbiamo ospitato con tanto piacere Jeff Bezos, fondatore di Amazon, un’ artista del business internazionale, nostro ospite insieme alla sua splendida famiglia, che non solo ha apprezzato la cucina povera napoletana ma anche la storia della nostra famiglia.
Carmelo in che modo è presente la tradizione nella sua cucina?
La cucina napoletana è stata per secoli stagionale e di mercato.
Le donne napoletane scendevano presto per fare il giro dei mercati di pesce e verdura per acquistare quello che la stagione, il mare e la terra offrivano, in quanto ,non essendoci i frigoriferi, si comprava e si consumava giorno per giorno quello che il mercato e la stagione davano. Così faccio io proponendo una cucina stagionale, giornaliera ma soprattutto genuina nel ricordo del cibo con cui sono stato cresciuto. Spesso definita “povera” ma forse più “ricca” di altre, per storia e cultura. Tutti i piatti appartenenti alla nostra tradizione sono frutto di influenze e contaminazioni avute nel corso dei secoli con le tante dominazioni e culture che si sono susseguite. A cominciare dai greci con il vino che fondarono Neapolis, passando per i Normanni che portarono il loro pesce dei mari del nord, il nostro amato Baccala’, arrivando ai Borbone periodo in cui la Napoli capitale del mondo ha visto il suo periodo piu’ florido. Dunque tradizionale per quella che è stata la nostra storia non è altro che sinonimo di cultura e arte.
di Sara Borriello