”Made in China (postcards from Van Gogh)”: il contrasto tra arte e attualità al Piccolo Bellini

In seguito al successo di ”Ferdinando” e di ”Desidera”, la stagione al Piccolo Bellini prosegue il suo corso con uno spettacolo di Leviedelfool: ”Made in China (postcards from Van Gogh)”, in scena dal 4 al 9 dicembre. La regia e la drammaturgia sono curate da Simone Perinelli, il quale svolge anche il ruolo di protagonista insieme a Claudia Marsicano, presentando così, per la prima volta a Napoli, uno spettacolo dal singolare contrasto tra ”arte” ed ”attualità”.

Lo spettacolo si apre con uno scenario piuttosto semplice. Pochi oggetti di scena e l’entrata di una donna a gettare le basi di quel che in seguito saranno quattro intensi flussi di coscienza che, nelle loro piccole e sottili sfumature, corrispondono a quattro celeberrimi quadri di Vincent Van Gogh: “Autoritratto con orecchio bendato”, “La sedia vuota”, “La notte stellata”, “La camera di Vincent ad Arles”. «Ogni cosa che fai è un autoritratto», è così inizia il primo monologo in cui Perinelli ripercorre quelli che sono i piccoli gesti della vita quotidiana di ognuno di noi, come autoritratti e come se a ogni cosa che facciamo, anche quella più banale, corrispondano piccoli pezzi del nostro essere.

Lo spettacolo prosegue con una suddivisione in varie parti di un’abitazione, come se queste fossero rispettivamente delle parti della nostra vita, per proseguire con un monologo che metta in evidenza quelle che sono le pause in ogni momento dell’ esistenza umana, collegandole singolarmente alle nostre emozioni. La rappresentazione non fa riferimento solo ai dipinti di Van Gogh, ma anche a quel che è l’intenso scambio di lettere che Vincent ha avuto con suo fratello Theo, con la sorella Wilhelmina e con Émile Bernard, e si conclude con una scena finale che riassume in tutto e per tutto il messaggio dello spettacolo: la morte di Van Gogh come la morte della nostra generazione.

Un’umanità contagiata dalla futilità e dalla commercialità. Da questo messaggio nasce il riferimento al nome dello spettacolo, che porta in scena, con riferimenti singolari e grazie all’arte, la differenza ed i contrasti della società moderna. La drammaturgia è curata nei minimi dettagli dal regista che con i suoi monologhi così intensi e profondi tende a sottolineare tutti i vuoti che sono presenti nell’animo delle persone, provando a creare un ponte tra loro e lo stato d’animo dell’artista. Il testo tende a marcare quelli che sono i confini dell’essere umano così vuoto e che cerca, come per disperazione, conforto nella superficialità di oggetti contemporanei e materiali, cose di poco valore del tutto sopravvalutate. Ogni spettatore può ritrovarsi a confrontarsi con una fastidiosa emozione: la costante sensazione di non essere abbastanza, una plausibile paura che cerca in ogni modo si cerca di allontanare. Un po’ come Vincent in quelle che sono le sue lettere a Theo o in quello che è il suo senso di perdizione davanti alla notte stellata. Il risultato finale dello spettacolo appare molto chiaro al pubblico che riesce a spogliarsi delle proprie paure e vincoli mentali, immergendosi in quelli che sono circa 70 minuti di pura ed intima riflessione.