Al Teatro San Ferdinando in scena “Storia di un oblio” di Laurent Mauvignier

NAPOLI – Al Teatro San Ferdinando, dal 18 al 28 gennaio, in scena “Storia di un oblio” di Laurent Mauvignier nella traduzione di Yasmina Melaouah interpretato da VINCENZO PIRROTTA su regia di ROBERTO ANDÒ

 Un banale fatto di cronaca che l’autore racconta in una sola lunghissima frase in cui ricostruisce i tragici minuti del pestaggio fino alla morte di un giovane uomo di colore da parte di 4 vigilantes, reo di aver rubato e bevuto una birra.

Messo in scena per la prima volta in Italia nel giugno del 2018 da Roberto Andò nella Chiesa di San Nicolò l’Arena a Catania – e da allora ad oggi accolto sempre con enorme successo da pubblico e critica nei molti teatri e spazi in cui è stato presentato – approda ora a Napoli, da giovedì 18 a domenica 28 gennaio al Teatro San Ferdinando, lo spettacolo Storia di un oblio, la versione italiana firmata da Yasmina Melaouah, per la casa Editrice Feltrinelli, di Ce que j’appelle oubli del 2011 del pluripremiato 57enne scrittore francese Laurent Mauvignier, andato in scena in prima assoluta nel 2012 al Teatro della Comédie-Française a Parigi.

Protagonista di questo “Storia di un oblio per la luminosa regia di Roberto Andò”, definito più che uno spettacolo “un’orazione civile”, è l’attore Vincenzo Pirrotta, “perfetto in questo ruolo che non lascia scampo”, che da solo, seduto su una sedia – in attesa che tutto intorno il pubblico prende via via posto – veglia in silenzio il cadavere di suo fratello.

Un intimo raccoglimento che di lì a poco si trasforma nel racconto di una assurda morte e del suo: perché?, consegnando nelle mani e alle coscienze degli spettatori le inquietudini, la ferocia e il disagio del nostro tempo. 

La vicenda
Un uomo entra in un supermercato all’interno di un grande centro commerciale di una città francese. Ruba una lattina di birra e viene bloccato da quattro addetti alla sicurezza che lo trascinano nel magazzino e lo ammazzano di botte.

Questo scarno fatto di cronaca è rrestituito da Laurent Mauvignier in un lungo racconto, una sola frase che ricostruisce la mezz’ora in cui è insensatamente raccolta la tragica fine di un uomo. Teso quasi allo spasimo nel resoconto minuzioso di una morte assurda, il flusso di parole raduna impercettibilmente tutti i temi cari a Mauvignier.  E torna così il suo sguardo purissimo su un universo di ”umili” che la scrittura rigorosissima accoglie senza una briciola di retorica, senza un’ombra di furbizia. Raro, oggi, nel trionfo dei format narrativi nei quali la realtà diventa un reality, uno stile così impeccabilmente morale, una prosa così pudica e vera.

Ce que j’appelle oubli (Quel che io chiamo oblio) è il titolo originale di questo monologo, scritto in un’unica frase, senza un vero inizio, senza una vera fine, senza punteggiatura ma con una prosa perfetta che in un crescendo emozionante risveglia in noi sentimenti di pietà e di indignazione.

«Quando lessi il testo di Laurent Mauvignier – scrive Roberto Andò nelle allo spettacolo – ho pensato subito che era scritto in una lingua vocata al teatro. Storia di un oblio è un canto a più voci, ma è concepito per una sola voce. Un canto che Vincenzo Pirrotta intona a nome di ognuno di noi, conducendoci in quella zona dolorosa e opaca in cui ogni essere umano è destinato a sparire e a essere dimenticato. La scrittura di Mauvignier circoscrive luoghi indicibili dell’esperienza, quei luoghi della memoria o della coscienza che resistono alle parole. A questa resistenza Mauvignier contrappone l’esattezza della parola, il suo potere evocativo e catartico.

Mi è sembrato che Storia di un oblio fosse un testo che oggi potesse trovare un senso speciale presso il pubblico teatrale. Dopotutto il teatro è da sempre racconto di una esperienza, anche della più oscura e irraccontabile, come appunto è oscura e irraccontabile l’incongrua uccisione di un uomo da parte di quattro vigilanti e il tentativo di restituirle un senso da parte di chi resta.

La parola di Mauvignier sfida l’indulgenza dell’autocoscienza e la retorica sentimentalistica della cronaca a buon mercato, riuscendo a dar voce alla sofferenza e alla solitudine che segna la vita delle persone».

Per informazioni circa l’acquisto del biglietto è possibile contattare il botteghino al numero
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