- INTERVISTA – Patrizia Spinosi, cantante ed attrice teatrale, protagonista insieme a Lello Giulivo, Gianni Lamagna ed Anna Spagnuolo dello spettacolo “Paese mio bello (L’Italia che cantava e canta)” andato in scena al Teatro Sannazaro, lo scorso 16 ottobre con replica il giorno 17. Quattro amici di lunga data, riuniti in un progetto comune alla ricerca del magico accordo.
Il vostro spettacolo è stato inserito nel Teatro Solidale promosso dal Teatro Sannazaro. Quali sono le sensazioni di questa ripartenza?
Siamo stati davvero contenti di questa accoglienza. Appena vedemmo il bando di quest’iniziativa fummo subito entusiasti all’idea di poter presentare il nostro primo lavoro al Teatro Sannazaro, che è da sempre una grande realtà di questa città. E’ stata un’iniziativa molto valida che ha permesso, in un momento particolare come questo, di respirare di nuovo quella che dovrebbe essere la “normalità”. E’ stato un gesto lodevole quello di offrire il loro teatro in maniera solidale alle compagnie che non avevano casa. Poi c’è un’acustica strepitosa e per noi che siamo un gruppo vocale è stato proprio l’ideale. Abbiamo trovato un ambiente molto professionale ed uno staff efficientissimo e competente. Sono stati due bellissimi concerti, ci ha raggiunto il pubblico affezionato numeroso, sfidando la pandemia nonostante la paura. E’ importante che il pubblico faccia sentire adesso il proprio calore, noi non esistiamo senza di loro.
Un quartetto di voci, un’amicizia che dura da anni, ci racconti del vostro rapporto?
A livello di comunicazione è più immediato dire “quartetto di voci” ma io non ci definirei un gruppo, noi siamo quattro professionisti, amici, che fanno questo mestiere da più di quarant’anni, la cosa bella è che lo abbiamo iniziato insieme. Ci siamo conosciuti nel 1979 nella compagnia di Roberto De Simone che in quell’epoca era proprio nel pieno della sua attività artistica e culturale, al culmine della sua importanza. Era un momento storico particolare, di fermento, in cui la cultura e l’arte avevano un’importanza ed una valenza fondamentale per questa città. Noi ci siamo conosciuti in quel momento, eravamo tutti ragazzini, ci siamo formati insieme, e abbiamo avuto la fortuna di poterci muovere da subito in un ambiente musicale e teatrale molto alto. Al giorno d’oggi accade che i ragazzi, nonostante tutto il cuore che ci mettono, dopo la formazione sono costretti a fermarsi. E’ un momento diverso, non ci sono più le compagnie di una volta ed il lavoro si è proprio modificato. Per noi la fortuna è stata proprio quella di calcare tanti e diversi palcoscenici, la compagnia di De Simone rappresentava l’Italia in tanti festival internazionali.
Ma il passato è passato, e a noi adesso interessa l’oggi. Ognuno di noi ha fatto la propria strada, c’è chi ha fatto più teatro come me, chi si è dedicato al cinema, e chi come Gianni Lamagna si è dedicato alla musica. Lui ha una discografia immensa, ha fatto un lavoro su Shakespeare meraviglioso, ha tradotto in napoletano diciassette sonetti e li ha musicati. Abbiamo iniziato insieme e abbiamo camminato lo stesso sentiero per una ventina d’anni, non poco. Ora ritrovarci a lavorare di nuovo insieme è sensazionale. Noi siamo fratelli, anche avere discussioni e diverbi su cosa fare o come fare, è in fondo piacevole, perché sono scontri che hanno un unico intento, tra persone che si vogliono bene, che hanno un gusto unico nato dalla stessa formazione.
Un concerto tra ricordo struggente e voglia di innovazione. Cosa ha ispirato “Paese mio bello”?
La mente e il motore dell’ideazione è Gianni Lamagna, ognuno dice la sua ma lui è il coordinatore. Fu lui a trovare questa raccolta intitolata “Paese mio bello, L’Italia che cantava e canta” contenente canti popolari registrati in America dagli emigranti tra gli anni 1911 e 1939. Nel nostro spettacolo c’è molto della tradizione e cultura italiana, cantiamo il settecento napoletano, Pergolesi, Vinci, canzoni anni ’50, Viviani, ma il tutto è condito di sonorità provenienti dal mondo, insospettabili e di innovazione come quelle messicane od ancora le vibranti di un tango argentino. Abbiamo attinto alla nostra esperienza, dai racconti, dall’ascolto, dalle strade che abbiamo percorso, dai viaggi che abbiamo fatto, dalle cose che ci sono piaciute e che ci hanno accompagnato da un punto di vista musicale e culturale in questi anni. La particolarità è che oltre le nostre quattro voci abbiamo l’accompagnamento, di sole due chitarre, gli arrangiamenti sono stati proprio mirati alle voci. Ottima la sinergia con i due chitarristi, che ringrazio di cuore, Michele Boné e Paolo Propoli.
Il concerto è poi divenuto prodotto discografico con la pubblicazione già di due video ufficiali.
Esattamente. Il primo spettacolo è stato fatto a fine dicembre 2018 ed abbiamo debuttato in Piemonte. Durante il 2019 abbiamo fatto diversi concerti con diverse tappe in Italia ed alcune all’estero, siamo stati in Turchia e in Germania, Colonia, Francoforte ed Instanbul. Subito dopo questi spettacoli abbiamo deciso di registrare il disco. Si tratta di venti tracce che poi sarebbero tutto il concerto. A questi brani se ne sono aggiunti altri a cui abbiamo lavorato insieme durante il lockdown e lo spettacolo che abbiamo presentato al Sannazaro si è fatto ancora più sostanzioso. Prima durava poco più di un’ora, ora è quasi di due ore. Per quanto riguarda i video, ne sono stati pubblicati due, uno su Viviani, una rumba degli scugnizzi registrata prima del lockdown, il secondo lo abbiamo registrato una decina di giorni fa, “Vièneme ‘nzuonno”.
Ospiti nel vostro concerto il gruppo al femminile “Sesè Mama”, nuova collaborazione?
Io invito ad ascoltarle, sono quattro donne e secondo me sono molto brave nell’attuale panorama musicale: Elisabetta Serio al pianoforte, Brunella Selo, veterana della nostra generazione che è nella musica già da più di quarant’anni, poi ci sono le due più giovani Fabiana Martone e Annalisa Madonna, due musiciste splendide. Sono quattro amiche e le abbiamo voluto in questo concerto che in fondo è stata pure una festa.
Avete già progetti futuri dopo questa ripartenza?
(Patrizia cambia tono, la voce si infonde di serenità) Guarda Sara, questo è un momento in cui non si può progettare nulla. Dobbiamo vivere alla giornata, ci dobbiamo rassegnare su questo. E’ chiaro che i nostri progetti sarebbero quelli di riprendere quello che avevamo incominciato. Riprendere i viaggi e portare la nostra musica nel mondo che è la cosa che abbiamo sempre fatto da ragazzi, abbiamo continuato e vorremmo continuare a farlo. E’ quello che ci è sempre piaciuto fare. Portare la nostra cultura nel mondo e nutrirci di altre culture. Programmarlo adesso è impossibile, resta la speranza di poterlo fare di nuovo quanto prima. Certo non ci fermiamo, noi continuiamo a studiare insieme, abbiamo anche un progetto con le SesèMama di collaborazione per alcuni brani, siamo carichissimi. Fermi non stiamo, continuiamo a prepararci in modo che quando tutto riprenderà noi saremo pronti per la ripartenza. Prima o poi tutto questo incubo finirà e non saremo impreparati.
© Foto di Ferdinando Kaiser