Daniela Ioia: «La vita è breve, bisogna fare quello che ci rende felici»

INTERVISTA – Daniela Ioia, Classe 1984, attrice partenopea originaria di Casalnuovo. Volto noto della quarta stagione della serie televisiva “Gomorra”, in cui interpreta il personaggio di Tiziana Palumbo, alter ego di Genny Savastano. E’ stata diretta, prima a teatro e poi al cinema, dal regista Mario Martone nell’acclamato e premiato “Sindaco del Rione Sanità” in cui ha vestito i panni di Donna Armida nel celebre testo di Eduardo De Filippo. La ritroviamo adesso in un tour teatrale in Campania con il nuovo spettacolo “Mamma, Mà”, prodotto da Teatro Insania, diretto da Gennaro Silvestro e scritto proprio per lei da Massimo Andrei. Nello spettacolo “Mamma, mà” interpreta una donna alle prese con un test di gravidanza che, mentre attende il risultato, ha degli incubi e sogna diverse possibili tipologie di mamme. Il carico d’emozione supplementare è dato dal fatto che proprio durante la scrittura del testo Daniela ha scoperto di essere incinta. Abbiamo avuto il piacere di intervistarla per qualche approfondimento sullo spettacolo e la sua carriera.

Il testo è stato scritto proprio su misura per te. Ci racconti come è nato e come si è formato?

Si, è stato scritto per  me da Massimo Andrei che ho conosciuto tre anni fa più o meno. Avevo intenzione di portare in scena un monologo, un amico ci ha presentati ed abbiamo deciso di collaborare. Ci siamo incontrati a casa sua, abbiamo chiacchierato e subito dopo lui ha iniziato a buttare giù una bozza di quello che poi è divenuto lo spettacolo. Devo dire che Massimo ha subito intuito quello che avevo intenzione di fare, è riuscito in maniera ironica ma decisamente non banale, ad affrontare un tema complesso che è quello della maternità. Massimo ha voluto conoscermi e parlare con me per capire che tipo di donna e mamma fossi. Ci siamo interfacciati varie volte. Devo essere sincera, lui ha scritto da subito una cosa che a me è piaciuta tantissimo, ci incontravamo ed io tornavo a casa sempre molto entusiasta dei nostri incontri. Sono stata davvero molto fortunata ad incrociarlo durante il mio percorso e ancora adesso il testo è in continuo mutamento. Ci divertiamo a modificare e aggiungere dopo ogni spettacolo, non è nato e morto lì.

Collaborazione, che da due è diventata a tre. Sinergia anche con il regista?

Il regista, Gennaro Silvestro, è un mio fraterno amico da quasi quindici anni. Quando ho deciso di mettermi in scena da sola, ero già sicura che la regia sarebbe stata affidata a Gennaro, perché avevamo già lavorato insieme e mi aveva già diretta. Sa bene quali sono le mie corde e su quali tasti spingere. Poi è giovane, secondo me ha talento, aveva tutte le caratteristiche per dirigermi alla perfezione.

Sebbene il tema della maternità sia di per sé, per una donna, un argomento emotivamente complesso, sicuramente per te questo spettacolo porta con sé un bel carico di sensazioni.  

A metà gennaio sono stata in scena al Teatro Civico 14 di Caserta, spazio a cui sono molto affezionata. Pensa che io sono stata negli stessi giorni, ma un anno prima, in scena con “Gl’innamorati” di Goldoni, ed io ero incinta di quattro mesi. E’ venuto anche mio figlio il giorno della prima quest’anno e gli ho detto “Guarda che tu questo teatro già lo conosci, ci siamo già stati insieme”. In più ci sono gli innumerevoli feedback delle persone che vengono a salutarmi dopo lo spettacolo e mi dimostrano che la verità di certe situazioni è arrivata. Si tratta di spicchi di realtà, il teatro non è finzione, ti racconta la vita attraverso quei personaggi. Io fortunatamente non mi ritrovo in nessuna di queste donne, e quando vedrete lo spettacolo capirete il perché di queste mie parole. C’è un momento in cui però mi rispecchio tantissimo, che è quello delle ultimissime battute in cui ci metto tutta la mia intima verità

Giusto qualche domanda sulle tue esperienze passate, in particolare sulla tua recente esperienza de “Il Sindaco del Rione Sanità”, un percorso prima teatrale e poi cinematografico diretto da Mario Martone. Come hai vissuto questa traslazione della storia?

Noi venivamo da cinque mesi di tournée teatrale di quello spettacolo, avevamo avuto la possibilità di imparare tantissimo la parte. E’ stata una straordinaria esperienza sia dal punto di vista artistico che umano. Sin dal provino ebbi la sensazione che sarebbe stato qualcosa di bello e potente. La fase di preparazione è stata accuratissima, soprattutto nella lettura del testo, Mario ci teneva ad analizzare tutto, parola per parola. Riguardo al mio personaggio mi diceva che non era fatto di tante parole, ma piuttosto di sguardi e silenzi. Mi si sono impresse dentro le sue parole: «Eduardo quando scrive i silenzi non li scrive a caso, sono importanti anche quelli perché vogliono dire tanto» ed è la verità, aveva ragione lui. Il film è stato la ciliegina sulla torta, tra l’altro abbiamo girato in tempi record ma l’abbiamo potuto fare perché i personaggi erano supercollaudati, facevano proprio parte di noi ed è bastato poco per ritirarli fuori. Cinematograficamente parlando ha una poetica tutta sua. E lui è una persona simpaticissima. Poi Venezia, che te lo dico a fare?! Io non smettevo di sorridere, poteva succedermi di tutto, e non avrei smesso. Sicuramente è un’esperienza che ti ricarica di nuove energie e ti rende più consapevole di quello che puoi fare. Io non ho una formazione accademica, ma laboratoriale che mi sono imposta a mio tempo di approfondire partecipando a davvero tanti laboratori. Quindi per chi, come me, viene dalla provincia di Napoli e “si è fatta un po’ da sola”, senza essere figlia d’arte e rimboccandosi le maniche, Venezia è stata la certezza che nessuno di noi, non solo io, ha limiti. Possiamo fare quello che vogliamo, dobbiamo soltanto lavorare sodo affinché questa cosa possa accadere restando corretti. Questo pensavo a Venezia, “Io da Casalnuovo di Napoli sono arrivata alla Mostra del Cinema Internazionale di Venezia. Significa che posso arrivare anche agli Oscar!”.

Molti ti hanno conosciuto per la tua interpretazione, nelle vesti di Tiziana Palumbo, nella quarta stagione di “Gomorra”. Cosa puoi raccontarci rispetto a quell’esperienza?

Un’altra bellissima esperienza che ho vissuto l’anno scorso, io devo dire che sono molto grata per gli ultimi due anni, è stato un periodo per me molto ricco di emozioni. Erano diversi anni che ci giravo un po’ intorno a Gomorra, con i provini arrivavo in finale poi per una cosa o un’altra non riuscivo, ma sapevo che l’avrei fatto, quindi ho aspettato. La notizia che mi avevano scelto arrivò mentre ero in tournèe con Martone. Il mio personaggio è fighissimo, può essere sviluppato in molteplici modi e tutti molto affascinanti. Un personaggio subdolo e ambiguo, io non sono sgomitante come lei. Sarebbe preoccupante. Ma nello sguardo ci ho messo tutta l’ambizione mia e sua. Il bello di questa serie è che poiché è stata molto seguita, per me è stato gratificante l’arrivo di messaggi di amici e parenti che mi chiedevano se fossi io e mi facevano complimenti.

Ultima domanda, un po’ di rito per Napoli a Teatro. Quando è stato il momento in cui hai capito che la tua vita sarebbe stata sposata al teatro? Da giovane, durante la formazione o ai primi esordi?

Ho capito questa cosa un po’ da subito, però ero piccola, avevo tredici anni. Dovevo finire la scuola, mi dovevo diplomare, poi c’è stata l’università che non ho finito. Una serie di cose che mi hanno un po’ allontanato da questo pensiero però in fondo l’ho sempre saputo. Diciamo che la consapevolezza che avrei voluto fare solo questo nella vita, l’ho avuta a 27 anni. Io ho vissuto quasi dieci anni a Roma, durante questi anni, ho anche lavorato e quindi mi occupavo di altro, senza mai lasciare il teatro. Avevo uno stipendio fisso, un contratto a tempo indeterminato, benefit aziendali e guadagnavo abbastanza bene. A 27 anni mi licenziai e decisi che la mia strada sarebbe stata solo questa, mi presi infatti le ramanzine di mia madre che proprio non riusciva ad accettarlo. Non ero felice, pensa che mi licenziai recitando il testo di Pablo Neruda “Lentamente muore”, in ufficio davanti a tutti quanti, in conclusione ringraziai tutti per quel periodo e salutai. Da quel momento ho iniziato ad essere povera ma con la vita che volevo. Io sono sempre molto positiva ma è complicato vivere solo di questo, è una scelta importante. Soprattutto a Napoli in cui siamo tanti e le opportunità di lavoro non sono tantissime e quindi è complicato.

Questa positività la trasmetteresti ad un ragazzo che si sta approcciando a questo mondo e che a 27 anni sta facendo questa scelta?

La vita è breve e bisogna fare quello che ci rende felici. Io so cosa significa fare un lavoro che non ti soddisfa, che non è il tuo lavoro. Io ero arriva al punto che non riuscivo manco più a dormire la notte, perché mi sentivo in trappola in una vita che non era la mia. C’è un detto napoletano che dice “Tiene’ ‘o vacile d’oro pe’ ce jettà ‘o sanghe rinto? ma che o tien a ffa?!”, non ha senso essere ricchi se poi non puoi essere felice.

 

L’attrice Daniela Ioia sarà in scena con lo spettacolo “Mamma, mà”: il 7 marzo in provincia di Salerno, l’8 marzo al TAV Frattamaggiore, il 3 aprile Pozzuoli e a Maggio ad Aversa (sala superiore Teatro Grande). Infine sarà presto annunciata la programmazione per la tournée che si terrà in estate.