Si comincia con un prologo quasi burlesque, immaginando la sepoltura del Re, ovvero del padre di Amleto, interpretato dall’attore/mattatore Lars Eidinger. Da questo insolito terreno tombale, lo spettatore entra nel vivo del dramma, in versione Ostermeier: costumi contemporanei, scene essenziali ed inserti tecnologici, sei attori che interpretano venti personaggi, alternandosi in “doppi” esistenziali, come le luci e le ombre di ogni individuo. Il regista trasferisce il dilemma amletico in una società postmoderna tra giovani incerti, che non sanno decidersi se prendere il potere o restare a guardare. Nella corte danese, metafora del sistema politico corrotto, Amleto rimane oggi una altissima analisi del dilemma intellettuale tra pensiero complesso e azione politica. La sua progressiva perdita di contatto con la realtà, il suo disorientamento, la manipolazione della realtà e dell’identità si riflettono nello stile di recitazione, che fa della finzione e del travestimento il suo principio fondamentale, nonché l’elemento paradossalmente rivelatore di profonde verità umane e politiche.