…allora, il daimon del teatro, la passionaccia che ancora riesce a contagiare con i suoi febbroni, sfodera tutta la sua potenza. E, quando ti scoppiano, negli occhi e nel cuore, le mani, michelangiolesche, di Orazio e Amleto, quando riescono a strizzarti l’anima fino a farla sanguinare, capisci che tutto si è davvero compiuto, che le armi del fare teatro sono tutt’altro che spuntate. Malgrado l’ingombrante padre, più freudiano di Freud, ostinato, imbruttito peggio del famoso milanese, la scena può continuare a vivere con una convinzione unica, con un amore sconfinato di cui si sente il piacevole profumo in platea. E non che non vengano offerti argomenti per piantare la spada, e dire no; ma la forza invincibile di certe parole che risuonano attraverso i secoli, la capacità di prendere per il bavero anche il più spietato dio della carneficina, non manca mai, non può mancare.