“Crick – atto unico in sei resoconti”: cavia umana e topolino in un unico destino

RECENSIONE – “Crick – Atto unico in sei resoconti”, spettacolo tosto in anteprima nazionale, andato in scena dall’8 all’11 maggio in Sala Assoli con emozionato e commosso plauso di pubblico finale. Tosto, perché non è facile reggere una narrazione, così umana e sofferta, di una sperimentazione clinica. Maggiormente se ci troviamo in presenza di una sapiente regia, firmata da Rosario Sparno, un bravissimo Luca Iervolino per la recitazione, in scena con Francesco Roccasecca ed una scena che ben ci inserisce in una cruda ambientazione distopica. L’obiettivo di questa sperimentazione è la creazione di un’intelligenza “migliorata”.

Il testo “Il topolino Crick” è di Francesco Silvestri, drammaturgo napoletano (1958-2022), collega di scena e di ricerca di Annibale Ruccello. La storia è ispirata al racconto di fantascienza “Fiori per Algernon” di Daniel Keyes, pubblicato nel 1959. Charlie Gordon ed il topolino Algernon divengono, nel testo di Silvestri, il napoletano Antonio Cafiero ed il topolino Crick. Antonio è un ragazzo di 32 anni con difficoltà cognitive, a dodici anni viene allontanato dalla famiglia e diviene cavia umana per varie sperimentazioni. In particolare viene proposto per entrare in uno studio che vuole aumentare la sua intelligenza, tramite un percorso che prevede intervento chirurgico ed una serie di allenamenti. Lui è il soggetto ideale, non solo perché possiede un quoziente intellettivo di 67 ma, soprattutto, perché manifesta un‘insolita motivazione, non presente in tanti altri, che invece a quel Q.I. si presentano ostili e non collaborativi. Il suo allenamento è mirato per riuscire a battere e superare, al gioco del labirinto, il topolino molto intelligente di nome Crick, che ha subito lo stesso intervento. Antonio nutre stima e simpatia per quest’ultimo: «…e nun m’ ‘o pensavo ca ‘e zoccole erano accussì intelligenti». Iervolino per movenze e intensità ci fa ricordare tanto Sean Penn nel film “Mi chiamo Sam”.

Tra i compiti di Antonio, c’è quello di fare dei resoconti (come indicato anche nel titolo dello spettacolo), frequenti e puntuali, al Dottore, interpretato da Roccasecca in scena. È sfibrante il percorso, che Antonio invece immaginava di gran lunga più veloce ed immediato. «Mi pensavo di diventare subito intelligente, invece devo studiare assai». Prima i numeri, poi le parole, poi le frasi, poi le operazioni matematiche, poi la lettura di interi libri. Piano piano abbandona l’uso del dialetto, inizia un’organizzazione loquace e forbita delle parole, abbandona i suoi vestiti ordinari per indossarne altri più eleganti (costumi di Alessandra Gaudioso). Inizia ad esporre sue proprie considerazioni su Robinson Crusoe, o riferimenti a Cervantes, Proust e Sofocle. Ed anche sviluppare, a tratti, un senso di ribellione che mette in dubbio l’operato del Dottore. La memoria diventa intelligenza, e la voglia di imparare diventa inesauribile. Antonio vuole essere intelligente, «Più assaje!». La regia di Sparno e l’interpretazione di Iervolino, lasciano al personaggio di Antonio graduale spazio di evoluzione. La forte motivazione di Antonio trova sede in una grande sofferenza e solitudine. La stessa solitudine a cui, se ci si pensa, è tristemente destinato anche l’individuo con una grande intelligenza.

La scena di Fabrizio Comparone, volutamente, stacca lo spazio in cui agisce Antonio dal resto del palcoscenico, lasciato nel buio. Alle sue spalle sono posizionati alcuni grandi oblò, che assumono connotazioni diverse, finanche quello di tante lavatrici. Totalmente immersivi i suoni scelti da Massimo Cordovani, mixati ad alcuni fuoriprogramma (come la canzone “Mamma Maria” de I Ricchi e Poveri) che impreziosiscono, soprattutto all’inizio, la personalità del personaggio di Antonio. Sebbene quest’ultimo sia confinato nel suo spazio, riesce a travolgere la dimensione di tutti, nel pubblico. Di fronte alle motivazioni spiazzanti, che fanno immergere lo spettatore in una vita non scelta, ma capitata e condizionata, da altri. Che non hanno voluto vederlo, o che hanno deciso di vedere solo la sua inadeguatezza, e che hanno deciso di farlo sentire solo, senza cogliere le sue fragilità. Lasciandolo alle sue sedute (e lui di queste sedute ne ride, perché in modo, ingegnoso, pensa al fatto che «si chiamino sedute, quando lui invece è coricato!»). Se in un momento di risveglio cognitivo, il personaggio di Antonio riesce a farci riflettere sulla difficoltà e sulla bellezza che c’è nella costruzione dell’intelligenza e della propria cultura. In chiusura, gli esiti dell’esperimento, che accomuneranno nel destino Crick e Antonio, spezzeranno, con dolore acuto, anche gli ultimi che erano in qualche modo riusciti a preservarsi dal trasalire nel pubblico.

Lo spettacolo è una nuova produzione di Casa del Contemporaneo. Dopo l’anteprima in Sala Assoli, debutterà in prima nazionale al Teatro Vittoria, nell’ambito di Primavera dei Teatri, il prossimo 29 maggio in Calabria.

foto di Pino Miraglia

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