A GALLERIA TOLEDO in scena LE NOTTI BIANCHE drammaturgia Elena C. Patacchini

NAPOLI – A Galleria Toledo, da giovedì 13 a domenica 16 febbraio 2025, LE NOTTI BIANCHE, drammaturgia Elena C. Patacchini, regia Stefano Cordella con Alma Poli e Diego Finazzi.

A Galleria Toledo, teatro stabile d’innovazione, diretto da Laura Angiulli da uno dei capolavori di Fëdor Dostoevskij in scena da giovedì 13 a domenica 16 febbraio 2025 Le notti bianche, drammaturgia Elena C. Patacchini, regia di Stefano Cordella. Protagonisti Alma Poli e Diego Finazzi. 

Disegno Luci Fulvio Melli, scene e costumi sono firmati da Francesca Biffi, produzione Manifatture Teatrali Milanesi.

Giovedì e sabato alle 20.30, venerdì alle 19 e domenica alle 18.

Giovedì 13 febbraio, alle ore 11.30, lAssociazione Culturale “Maksim Gorkij”, in via Nardones, 17 ospita Alma Poli e Diego Finazzi. Gli attori parleranno dello spettacolo e del lavoro di riscrittura che, pur conservando lessenza del racconto di Fedora Dostoevskij, si confronta con il presente attraverso un linguaggio contemporaneo e unindagine sulle fragilità umane. Lincontro è unoccasione per riflettere sul dialogo tra letteratura e teatro, sulle scelte registiche e drammaturgiche e su quegli interrogativi che continuano a risuonare nel tempo.

Introduce la conversazione Vera Ierardi, docente di lingua russa dell’Università degli studi di Napoli l’Orientale, che offrirà spunti di approfondimento sullopera del leggendario autore russo, creando un ponte tra la dimensione letteraria e quella scenica.

Il celebre racconto “Le notti bianche” di Dostoevskij continua ad emozionare il pubblico con la sua storia di amore e solitudine.

Il libro ha ispirato tanti adattamenti teatrali e cinematografici, è un viaggio nell’animo umano, nel desiderio, nella solitudine e nelle possibilità di redenzione attraverso l’amore.

Un giovane uomo vive una serie di notti insonni durante le quali si intrecciano sogno e realtà, e incontra una donna, Nastas’ja, con cui condivide il suo tormentato desiderio d’amore, ma anche la paura di affrontare la verità. 

Portare in scena Le notti bianche è una straordinaria opportunità per esplorare temi universali come la solitudine esistenziale, la fragilità dell’animo umano e il sogno dell’amore perfetto. 

Il sognatore è un fantasma che si aggira nelle vite degli altri, prende dalla realtà e la trasforma, crea e disfa storie nella sua testa. Perso nei suoi viaggi mentali, spesso si dimentica del mondo reale. 

La solitudine è il motore della sua immaginazione che lo porta a vagare di notte, cercando incontri che possano nutrire la sua fantasia. Lui conosce tutti ma nessuno conosce lui, bloccato tra l’attesa della vita e la paura stessa di vivere. Vive così intensamente le sue allucinazioni da non riuscire ad aprirsi agli altri, terrorizzato dallo scontro con la realtà. Gli unici dialoghi sono con le case e gli edifici che lo circondano. 

Dà vita agli oggetti inanimati pur di non confrontarsi con la vita vera delle persone. Si sente inadeguato, inadatto alla quotidianità e alle dinamiche relazionali che lo obbligherebbero a mettere in discussione il suo mondo immaginario. 

“Perché già in quei momenti comincio a pensare che non sarò mai più capace di vivere una vita reale, perchè mi è già sembrato di aver perduto ogni sensibilità, ogni fiuto per ciò che è vero e reale; perchè, infine, ho maledetto me stesso; perché, dopo le mie fantastiche notti, mi colgono dei momenti di ritorno alla realtà che sono terribili!”.

L’incontro con Nasten’ka arriva per caso, in una notte bianca in cui il giorno si confonde con la notte. Riesce ad avvicinarla solo perché scorge in lei un momento di fragilità.

Nonostante le raccomandazioni della ragazza, il sognatore s’innamora e di fronte a questo sentimento autentico anche il più vivido dei sogni si offusca, la timida fantasia si mostra per quello che è: “schiava di un’ombra, di un’idea”. E invano il sognatore fruga nei suoi vecchi sogni, cercandone uno che possa scaldarlo come l’emozione che sta provando nell’incontro con Nasten’ka. 

Perché anche la più elaborata delle allucinazioni non può competere con la vita che esplode. 

In questo modo, il posto dei sogni verrà rapidamente sostituito dai rimpianti: “Come veloci volano gli anni! E ancora ti chiedi: che ne hai fatto di quei tuoi anni? Dove hai seppellito il tuo tempo migliore? Sei vissuto oppure no?

Tra la nostalgia per quello che non ha mai vissuto e la malinconia per le occasioni sprecate, il sognatore trascorre quattro notti con Nasten’ka assaporando per la prima volta nella sua vita la consistenza della realtà, l’adrenalina del presente e la possibile costruzione di un futuro.  

Lo spettacolo è costruito sullo scheletro drammaturgico e tematico del racconto di Dostoevsky per poi prendere un respiro più contemporaneo nel linguaggio e in alcuni riferimenti. 

Lo spazio scenico ha pochi elementi essenziali che mettono gli attori nella condizione di lavorare principalmente sulla relazione, sul bisogno estremo che hanno i personaggi di essere visti e riconosciuti. E’ l’incontro imprevisto tra due esseri umani che hanno sperimentato sulla propria pelle la vera solitudine e ora hanno forse una possibilità di rinascita, aiutandosi reciprocamente. 

Le notti bianche è uno spettacolo che vuole esplorare i delicati disequilibri dell’intimità con disperata e violenta tenerezza. 

Le luci e la musica, suonata live dagli attori con una tastiera elettronica, avranno un ruolo molto importante nel raccontare il rapporto tra sogno e realtà, che in questo testo vede un ribaltamento di segno: la difficoltà di stare nel presente è il grande tema dei protagonisti, i quali, per sopravvivere, si rifugiano nei sogni e nell’ immaginazione fino alle estreme conseguenze. 

Il Sognatore e Nasten’ka vivranno insieme quattro notti che cambieranno per sempre le loro vite, in un viaggio intimo e poetico alla disperata ricerca di almeno un’istante di autentica felicità. 

“Un intero attimo di beatitudine… E’ forse poco nella vita di un uomo?

Stefano Cordella

Ci coglie sempre impreparati la domanda: quanto è reale quello che viviamo? Le situazioni che abitiamo, tutte le cose che ci circondano, esistono davvero? Il protagonista del racconto Le notti bianche di Fëdor Dostoevskij si autodenuncia sognatore e attraversa e narra la sua non-storia con una parabola feroce che lo conduce dall’incanto all’inferno. Dal vagheggiamento al risveglio. Una creatura sola, fantasma tra i fantasmi, che soffre e al tempo stesso difende la sua condizione di estrema solitudine. Un luogo mentale, quello raccontato – quello scoperto – dove tutto accade mentre non accade niente. Dove ogni incontro e ogni parola, dove ogni emozione (anch’essa immaginaria?), dove tutto viene vissuto fino all’eccesso senza obiettivi e durata, ma solo per assecondare il proprio inestinguibile destino di apparizione e poi – silenziosa, misera, umana – scomparsa. Il lavoro di riscrittura si è sviluppato a partire da una volontà di conservare l’essenza dell’opera. Due protagonisti fragili, improbabili, un incontro inatteso, un susseguirsi di notti, una fine. Ed è stato nel tentativo di restare fedeli che il tradimento si è fatto urgente, quasi necessario. I personaggi si sono reinventati e calati in un incerto e desolante contemporaneo. La struttura ha ceduto incapace di sopportare il peso dell’oggi. Perché a distanza di quasi 200 anni, gli interrogativi esistenziali proposti da Dostoevskij sembrano intatti. Stiamo davvero vivendo? Che fine fanno i nostri sogni? È sbagliato, o pericoloso, affidarsi alla nostra fantasia, dimenticando di abitare il quotidiano con le sue piccole concrete presenze?

Elena C. Patacchini

assistente alla regia Sofia Tieri  |staff tecnico Ahmad Shalabi e Marco Meola |delegata di produzione Lisa Metelli