RECENSIONE – “L’Avaro immaginario”, scritto e diretto da Enzo De Caro, è uno spettacolo eloquente, soprattutto nella scelta di guardare al passato per tratteggiare il presente. La trama si colloca nel Seicento, un secolo buio per tanti motivi, e protagonista è una compagnia teatrale itinerante, che è anche, nel vivere quotidiano, una famiglia. Il loro viaggio vuole allontanarli dall’epidemia dilagante, vuole farli vagabondare, di piazza in piazza, per lottare contro la fame utilizzando la loro arte, e vuole avvicinarli al loro mito e punto di riferimento: Molière. Genio indiscusso dei lavori teatrali che hanno selezionato per le loro rappresentazioni. Proprio in questi tre aspetti incontriamo un parallelismo con quanto vissuto dai teatranti nel periodo post pandemico negli anni 2020-2021, che in un momento di grande smarrimento ed incertezza, si sono aggrappati all’arte, cercando luoghi in cui fosse possibile offrire al pubblico sincere emozioni. Lo spettacolo aveva debuttato nell’edizione 2023 del Campania Teatro Festival, e noi lo abbiamo vissuto in scena al Teatro Sannazaro, che ha scelto di inserirlo in cartellone nella sezione Tradizione della stagione 24/25.
La scena molto funzionale, ideata da Luigi Ferrigno, è riempita da un grande carro, che è abitazione su ruote e, all’occorrenza, palcoscenico in piazza per i loro spettacoli. Assistiamo al backstage della loro quotidianità: i momenti conviviali, i momenti di studio, quelli di preparazione pre-spettacolo ed anche alle loro diatribe per divergenti necessità ed aspirazioni. Protagonisti sono i tre fratelli De Bruno: Oreste, Filomena e Gaspare. Con loro ci sono i figli, Filippo e Celestina, un aiutante di scena ed il loro cavallo Raimondo. Durante il loro viaggio incontreranno altri personaggi, essenziali per la narrazione, l’attore “Il Capitano” e la cartomante Amadora. I fratelli, durante il viaggio, vivranno inizialmente con vergogna il fatto di essere i nipoti dell’eretico Giordano Bruno, per poi comprendere l’importanza del suo pensiero, e vivere una fisiologica trasformazione ed evoluzione della compagnia.
La compagnia vaga per le piazze, da Nola verso Parigi, godendo ogni volta di qualche razione alimentare in compenso o sorrisi incantati. I loro spettacoli comprendono stralci di Molierè intermezzati da villanelle cantate (musiche di Nino Rota da “Le Molierè Immaginarie”). È importante ricordare che nel 2022 ricorreva anche la celebrazione del quattrocentesimo anno dalla nascita di Molière, che ha portato tanti, proprio in quell’anno, a celebrarlo. Nel testo di Enzo De Caro, in più punti, è sottolineato il collegamento tra la cultura teatrale francese e quella napoletana, nella misura in cui si sono influenzate ed intrecciate (esemplare la maschera di Pulcinella che diviene in Francia Scaramouche). Già i De Filippo approfondirono con ammirazione Molierè, padre e figlio, Peppino e Luigi, ed in questo spettacolo ritroviamo coinvolta propria la Compagnia di Luigi De Filippo. Nella trama, il capocomico Oreste, interpretato in scena da Enzo De Caro, sceglie di offrire, al pubblico di piazza, le opere dei grandi: Molierè, Boccaccio e Dante, ma riadattandole in lingua napoletana. Durante il viaggio egli scrive numerose lettere, destinate al Maestro, per raccontargli di questa sua rivoluzione. Nella grande metamorfosi del teatro, il nuovo desidera confrontarsi con il pregresso, mentre nel quotidiano avanza ancora un ulteriore via. I figli giovani, che vorranno allontanarsi prendendo la loro strada, ed infatti leggono Shakespeare e studiano Giordano Bruno. «Ogni cosa si muta, nulla si annichila».
Numerosi sono gli omaggi alla tradizione napoletana, da Pino Daniele a Filumena Marturano («Filomè, comme è bello chiagnere!») e commovente è stato l’omaggio a Massimo Troisi, con il quale Enzo De Caro calcava la scena nel trio comico “La Smorfia”, con anche Lello Arena. Colpiscono le interpretazioni di Nunzia Schiano, nel personaggio di Filomena, e di Ingrid Sansone nel personaggio di Amadora. Filomena incarna la tradizione, l’essenza ed il legame con le proprie radici. Parla attraverso i proverbi, con tutta la saggezza che riescono a tramandare. Amadora incarna l’incertezza del futuro, un dialogo con sé stessi nella precarietà che accompagna la vita d’arte. Emozionante è il tributo al pensiero e alla filosofia di Giordano Bruno, bruciato al rogo e cancellato dalla memoria.
Un viaggio nella storia, nella tradizione e nella anima del teatro in continua trasformazione, «che non muore, ma cambia solo vestito».
In scena gli attori, in ordine di apparizione, Enzo De Caro, Nunzia Schiano, Luigi Bignone, Carlo Di Maio, Roberto Fiorentino, Massimo Pagano, Fabiana Russo ed Ingrid Sansone. I costumi di grande impatto sono a firma di Ilaria Carannante. Lo Spettacolo è prodotto da “I Due della Città del Sole”. In scena al Teatro Sannazaro dal 17 al 26 gennaio, per ulteriori informazioni è possibile contattare il Botteghino del Teatro.