Silvia Gallerano porta in scena “Svelarsi”, una serata evento per sole donne al Teatro Nuovo di Napoli

NAPOLI – Al Teatro Nuovo di Napoli, il 26 novembre 2024, in scena Svelarsi regia di Silvia Gallerano. Una serata evento per sole donne (cis, trans, non binary) in cui lo sguardo maschile rimane fuori dalla sala per un po’, ad aspettare.

È qualcosa di indefinito e indefinibile, un momento di condivisione e di riflessione piuttosto allegro su temi come il femminismo, l’umiliazione, la rivalsa, il senso di colpa, l’autodeterminazione Svelarsi di e con Giulia Aleandri, Elvira Berarducci, Smeralda Capizzi, Benedetta Cassio, Livia De Luca, Chantal Gori, Giulia Pietrozzini e Silvia Gallerano che firma anche la regia.
Svelarsi è un percorso di ricerca, per questo si rivolge a un pubblico esclusivamente di donne (cis, trans e non binarie), tutte quelle che vivono in un corpo di donna. Non si tratta di creare uno spazio sicuro per chi è sul palco, ma di indagare che cosa succede ai corpi simili di chi assiste, domandarsi se il proprio corpo risuona più profondamente con quello che vede, nudo, in scena.
Lo sguardo maschile rimane fuori dalla sala per un po’, aspetta. Non è un desiderio di esclusione degli uomini, ma un tipo di sguardo predatore, giudicante, sminuente. È uno sguardo che abbiamo tutte e tutti in diversa misura, frutto della nostra società fondata sulla supremazia maschile. Come fare a levarselo di dosso?
«Noi abbiamo immaginato – si legge in una nota – questo esperimento per creare un tempo e uno spazio in cui dei corpi femminili si trovano in una condizione anomala, non quotidiana. Per farlo ci concentriamo sui nostri corpi e sulle storie che si portano dentro».
Svelarsi è un’altalena tra un senso di invasione, una mancanza di spazio, una compressione, da una parte; la potenza, lo strabordare, la risata travolgente, dall’altra.
Si parte da vissuti diversi che hanno una nota comune di umiliazione, mutilazione, invisibilità. Messi insieme, tutti questi vissuti, si mostrano per quel che sono: semplici soprusi, spesso meschini. Se ne vedono i contorni tragicomici, s’impara a riderci su e a rispondere con una potenza che non è stata sopita.
Il lavoro di scrittura è un lavoro condiviso: ogni attrice ha scritto con le parole o con il proprio corpo la sua presenza in questo lavoro. La scrittura non è solo di parole, anzi è soprattutto una scrittura di corpi. Le parole a volte sono gli inganni, il rumore dell’abituale: i corpi, in questi momenti di svelamento rivelano la loro vera essenza.
«Queste due ore – sottolinea la regista – non sono una risposta o una soluzione all’invadenza di questo tipo di sguardo. L’esperienza che proponiamo solleva una questione, pone delle domande, evidenzia dei dati. Tornate nel mondo, dopo questa piccola pausa, siamo più consapevoli di quello che viviamo, e possiamo decidere che cosa fare di quello che abbiamo scoperto, intravisto, sentito».

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