“De/Frammentazione”: il gioco coraggioso di due giovani compagnie indipendenti

RECENSIONE – Tutti noi avremmo voluto avere la possibilità di rivivere, ad un tempo diverso, momenti vissuti in passato. Che siano stati di felicità o tormento, quei momenti hanno determinato le nostre scelte e, di conseguenza, la nostra vita. Immaginiamo quindi un “gioco”, in cui la vita sentimentale di due persone ci viene narrata didascalicamente, frammento per frammento. Pezzetti scomposti e ricomposti, avanti e indietro nel tempo, nei punti salienti. Rendendo palesi finanche i pensieri, le incertezze e gli imbarazzi. Chi non ha mai desiderato questa possibilità di lettura della mente?! Questo “gioco” è andato in scena al Piccolo Bellini, nello spettacolo intitolato “De/Frammentazione di Dramma Assoluto con incursioni a latere di io epico, ovvero una storia di impossibilità”.

Il testo è stato scritto dal drammaturgo trentottenne Fabio Pisano nel 2017, e fu premiato già nel 2019, a Milano, nella sedicesima edizione del Premio Fersen. Per la prima volta viene portato a teatro con questo progetto, diretto dalla preziosa regia del trentacinquenne Michele Segreto, e reso possibile dalla sinergia e collaborazione di due giovani compagnie indipendenti: LiberaImago e ServoMutoTeatro.

È un gioco, e i protagonisti non hanno un nome proprio ma nomi generici. Sulla scena è posto un lungo tavolo, con delle sedie, l’ambientazione sembra quella di una prova di lettura copione. Il didascalista, che è un po’ il manovratore di fili, sentimenti ed emozioni, non ha però tutte le risposte, dipenderà in ogni caso da quanto loro vorranno assecondare. Lui si manifesta interpretato dagli attori a rotazione e chiama gli altri secondo la loro funzione. I tre sono: una donna, chiamata “Moglie”, un uomo chiamato “Uno” e l’amico di lui di vecchia data, “Zero”. Due funzioni matematiche ed una sociale. «Lei non può farci nulla, Zero non può farci nulla, Uno non può farci nulla. È un Dramma Assoluto, quello dei sentimenti». All’estremo del tavolo è seduta una donna, l’aiuto regia Irene Latronico, con una lavagna luminosa, nell’atto di proiettare didascalie, titoli, disegni e note, importanti per la narrazione.

Perché la storia è impossibile? Venti giorni dopo il per sempre, così è intitolato il cartello che ci introduce alla crisi. Nella foto proiettata, Moglie e Uno si stringono sorridenti, scattandosi un selfie su un belvedere delle scogliere irlandesi. È chiaro: «Fidanzata che è diventata Moglie, potrebbe diventare Sconosciuta». La soluzione viene individuata, principalmente da lei, nel fare un figlio. Ma lui non le aveva mai confessato di essere sterile. La menzogna è una crepa, ma quella della sterilità non sarà l’unica. Uno deciderà di chiedere al suo amico Zero di concepire un figlio. Questa soluzione avvierà un triangolo di interrogativi, di pensieri e di reazioni. Ed i personaggi si ritroveranno nel mezzo di un incendio. L’impossibilità di questa storia sta, matematicamente (e lo richiamano i valori 0 ed 1), nel non essere un sistema perfetto. Dove non basta che decida Uno per escludere le variabili, ed escludere quindi l’errore. Qualsiasi decisione Uno prenda, non potrà vedere necessariamente realizzato il suo disegno.

Nella vita vera, nonostante i ripensamenti, il tempo scorre e non si può tornare indietro. È apprezzabile che, in questo gioco che va avanti e indietro con flashback, al didascalista prema farci apprezzare i silenzi. Un minuto di silenzio trascorre in sala, per tutti, con timer proiettato. Una pausa, un silenzio lungo. «La pausa che non è proprio un silenzio. La pausa è un’elaborazione, il silenzio è la drammaturgia». È notevole la tensione di ascolto. Per settanta minuti i tre attori Francesca Borriero, Michele Magni e Roberto Marinelli sono impeccabili. Metateatro, ironia, satira e dramma, sono questi gli elementi di questo progetto che è assolutamente da valorizzare e che ha già ricevuto, nella sua anteprima, l’attenzione nel Kilowatt Festival 24. È un progetto coraggioso che in una storia impossibile dimostra le grandi possibilità del teatro. All’uscita dalla sala, sentire gli spettatori giocare al “gioco” riesce a fare intendere, ancor più, quanto l’esperimento sia in portata riuscito.

Lo spettacolo è stato realizzato con il sostegno di AMAT – Associazione Marchigiana Attività Teatrali, di Circuito CLAPS/IntercettAzioni, di Teatro Le Forche, di Nest – Napoli Est Teatro, e la collaborazione di RAM – Residenze Artistiche Marchigiane. Un dramma assoluto da sostenere in modo assoluto, in scena al Piccolo Bellini fino al 17 novembre.