Achille Pignatelli: “Il poeta cerca di riconoscere i nessi tra l’uomo e le declinazioni della natura”

INTERVISTA – Achille Pignatelli, classe 1988. Poeta, filosofo e scrittore. Le sue poesie sono state pubblicate su Poeti e PoesiaInversoAtelier e La Repubblica Napoli. Presenterà, il prossimo 15 novembre alle ore 18 presso Lo Scugnizzo Liberato, la sua nuova opera “Sentieri erranti nella notte”, publicata dalla casa editrice “Homo Scrivens”. Con la stessa casa editrice sono state pubblicate altre due opere: “I ritorni” nel giugno 2019 e “L’ospite di sé stesso” nell’ottobre 2021. L’anno dopo, nel 2022, con Edizioni MEA, pubblica la raccolta per bambini intitolata “Storie storielle e tante cose belle”.

Achille Pignatelli Sentieri Erranti nella Notte Homo Scrivens filosofoCi parli della tua formazione, in che modo la filosofia e la poesia sono diventate cosi identitarie?

Ho studiato al liceo classico. Da uno che si chiama Achille cosa puoi aspettarti?! Se uno che si chiama Achille non studia il greco ci sono problemi. Più volte ho pensato che nella mia esistenza ci sia un richiamo alla mitologia proprio a partire dal mio scheletro. Dopo gli studi classici mi sono dedicato allo studio della filosofia, e finito quel percorso mi sono focalizzato sulla poesia. Per dieci anni ho lavorato al progetto della rivista letteraria “Mosse di Seppia”, rivista totalmente indipendente ed autofinanziata. Progetto che a Napoli ha fatto cose significative e che si è rallentato e poi fermato in periodo pandemia. Nel 2019 esordisco con “I ritorni” e a distanza di un anno l’editore decide di affidarmi la sezione poesia. Homo Scrivens in quel momento non aveva una vera e propria collana di poesia, aveva questa collana denominata “Arti” e lì c’era questa piccola costola della poesia. Da quando ci lavoro è nata e si è strutturata la collana “In poesia”, che gestisco in toto, con dedizione e grande orgoglio.

In che modo hai sviluppato la tua passione per la poesia?

Io ho sempre avuto una sensibilità specifica nei confronti della natura. Quando ero più giovane ricordo che trascorrevo molto tempo nel giardino di casa nostra, e abitando nel centro storico è sempre stato strano che io avessi questo rifugio verde. Ero consapevole della mia fortuna. Avere l’opportunità, fin da piccolo, di osservare la natura, i suoi cicli, trasformazioni ed evoluzioni, ha instillato in me una viva curiosità. E mi ha permesso di comprendere quanto sia labile la certezza di certi esseri umani, di essere soggetti assoluti, svincolati dalle declinazioni della natura.

Il termine filosofia viene spesso tradotto con “amore per la conoscenza”, come se il filosofo fosse questo essere accumulatore di conoscenze. Invece per me è sempre stato più interessante concepirla nella traduzione “conoscenza dei nessi”. Il poeta secondo me è proprio questo che fa, cerca di riconoscere i nessi e i legami tra le diverse declinazioni della natura, per poi consegnarli al lettore. Però andando oltre, il poeta non vuole solo mostrarglieli ma creare e sviluppare un senso di appartenenza tale, da renderlo poi portatore di quel messaggio. Quando questo scambio riesce, l’altissima funzione della poesia ha senso.

Copertina di “Sentieri erranti nella notte”

In quale modo consegni i tuoi nessi a chi ti legge? Come sono strutturate le tue opere?

Nelle mie opere ho sempre cercato delle strutture che potessero condurre il lettore in qualcosa che andasse ben oltre il singolo componimento. La prima opera “I ritorni” segue gli elementi della rosa dei venti, delineando una dimensione dell’io come ventaglio emozionale. Centrale in quest’opera era la trattazione del tempo, come ricordi, vissuto e passato. La nostra autentica ricchezza. La seconda opera “L’ospite di sé stesso”, invece, segue la struttura della costellazione dell’Orsa Maggiore. In questa opera sviluppo dei componimenti che chiamo “asterismi”, che sarebbero porzioni di costellazioni inserite in altre più ampie. Uso ogni stella per declinare lo spazio, argomento centrale della raccolta, inteso come convivenza tra singoli e popoli, come spazio naturale, come parola o incontro.

Nella terza invece, che presenterò adesso, “Sentieri erranti nella notte”, ho scelto di costruire i componimenti seguendo le fasi del ciclo lunare. In quest’ultima è centrale il tema della morte, non necessariamente intesa come morte di un soggetto ma anche come fine di un progetto, di un legame, di un rapporto.

La morte, uno dei tempi più vagliati in filosofia. Cosa ti ha portato a sceglierlo?

Darwin dice una cosa ne “L’origine della specie”, il nostro posto nella comunità dei viventi è dato in prestito da quelli che verranno dopo, nell’opera cerco di restituire l’idea che non dobbiamo vivere la morte con angoscia. Le divinità greche, ad esempio, erano gelose del fatto che noi potessimo morire, ogni singolo momento ha un significato e un valore. Dobbiamo vivere in modo attivo, consapevoli che il nostro tempo qui è limitato, cercando di essere più solidali con chi ci è attorno, tenendo presente che le persone amate prima o poi se ne andranno, senza angoscia, perché continueranno a far parte del nostro sentiero. Se penso alle persone che se sono andate, a mia nonna in particolare, penso a tutto quello che di lei mi ritorna nei momenti di sconforto o in una risata spontanea. Cosa c’è di più vitale di questo? Si delinea quindi una sorta di paleontologia dell’io, dove il confine tra vita e morte diventa labile. La morte è un’impressione, ci spaventa, è uno dei grandi taboo della nostra società, lascia dei segni. Attraverso questo recupero, come fossero dei fossili, riusciamo a trovare gli strumenti per andare avanti.

La raccolta è composta da un’ottantina di poesie e l’ispirazione iniziale per la scrittura è stata chiaramente il componimento di Leopardi “Canto notturno di un pastore errante nell’Asia”, dove c’è questo pastore che vaga di notte ed interroga la Luna che chiaramente non risponde. Seguendo la tradizione del poema epico, ho scelto di aprire l’opera con un invocazione alla Luna, però citando il palmo di Anubi perché appunto, secondo gli egizi, la Luna poggiava sul palmo di Anubi ed indicava il sentiero per entrare nel mondo dei morti.

Cosa possiamo aspettarci dalla presentazione del 15 novembre? Perché è stato scelto Lo Scugnizzo Liberato? Quali sinergie sono state importanti per la realizzazione di questo progetto?

Tutte le prime presentazioni delle mie opere le ho svolte nelle sale de Lo Scugnizzo Liberato, è un po’ la mia seconda casa. Io faccio parte di questa comunità e sono uno di quelli che, nella notte di nove anni fa, è entrato in quell’ex carcere minorile Filangieri, restituendo un pezzo di quartiere alla comunità.  È ad oggi il bene comune ad uso sociale più grande d’Europa. Lo sento sempre come il punto di nuovo inizio.

Questa presentazione sarà particolare. Il reading sarà curato dalla compagnia teatrale di cui faccio parte che si chiama “La compagnia del giorno dopo”. Moderatore sarà Aldo Putignano, editore e fondatore della casa editrice Homo Scrivens. Poi avremo la fotografa Carla Mellone che, ispirata dai miei componenti, ha strutturato una mostra dal titolo “Il richiamo tra Natura e Psiche”. Ha fatto un bellissimo lavoro di armonia, tra i suoi scatti naturalistici e stralci di miei componimenti presi da tutte e tre le opere. Interverranno con delle relazioni: il filosofo Antonio Pirolozzi ed il critico letterario Eugenio Lucrezi, che è anche curatore della rubrica “La bottega della Poesia” su Repubblica Napoli. Sarà un evento molto denso. Il percorso che ha portato alla realizzazione di questo progetto è stato impegnativo e ringrazio tantissimo la mia famiglia e tutti coloro che mi hanno supportato e sopportato. Come anche, in anticipo, ringrazio tutti coloro che vorranno addentrarsi in questi sentieri erranti. Il mio ringraziamento più importante però va alla mia compagna, Denise, con la quale convivo ed ho condiviso, fino ad ora, un quarto della mia vita. Senza di lei tutto questo non avrebbe avuto questo significato e non sarebbe stato così bello.

 

Di seguito il link a “Sentieri erranti nella notte” – Homo Scrivens