Al Teatro Cilea in scena Enzo Decaro con la commedia “Non è vero ma ci credo”

NAPOLI – Al Teatro Cilea, dal 25 al 28 gennaio,in scena Enzo Decaro con la commedia “Non è vero ma ci credo” di Peppino De Filippo.

Quattro appuntamenti per il ritorno teatrale di Enzo Decaro che con Massimo Troisi e Lello Arena è stato tra i protagonisti della nuova scuola napoletana della comicità moderna. Fino a La Smorfia la comicità di Napoli era ad appannaggio di artisti del calibro di Totò, Nino Taranto e Peppino De Filippo autore, appunto, di questa commedia che Decaro porterà per la prima volta in scena sul palco del rinomato teatro vomerese. Lo spettacolo dal titolo “Non è vero ma ci credo” ha la regia di Leo Muscato il quale ha iniziato la sua carriera nella compagnia di Luigi De Filippo.

In scena (in o.a.) Carlo Di Maio, Roberto Fiorentino, Carmen Landolfi, Massimo Pagano, Gina Perna, Giorgio Pinto, Ciro Ruoppo, Fabiana Russo, Ingrid Sansone.

Le scenografie sono di Luigi Ferrigno mentre i costumi di Chicca Ruocco e il disegno luci di Pietro Sperduti.

dichiarazione di Enzo Decaro

<< “Non è vero ma ci credo” è uno spettacolo diretto da Leo Muscato che ha debuttato con la compagnia di Luigi De Filippo, scomparso nel 2018. Insieme racconta Decaro abbiamo voluto fare un omaggio sia a Luigi che a Peppino De Filippo che ne fu autore originale. In questa tragi-commedia tutta da ridere la scaramanzia la fa da padronePersonalmentecontinua Decarosono talmente poco superstizioso che, addirittura, ritengo che esserlo porti male. Lo spettacolo è una macchina da guerra della comicità dove gli autori enfatizzano i danni che possono scaturire dall’esasperazione di una credenza; dalla superstizione che è una tara di ignoranza tramandata di generazione in generazione, capace in certi casi di trasformarsi in un incubo non solo per chi è scaramantico ma ma anche per chi gli sta accanto. Lo spettacolo viene trasportato dalle ambientazioni anni Venti agli anni 80 rispettando i canoni della tradizione napoletana ma dandogli un sapore contemporaneo – conclude l’attore – portando avanti gli obiettivi di Luigi De Filippo: riunione l’ingegno del padre Peppino con la commedia di verità dello zio Eduardo >>.

SINOSSI
Lo spettacolo rispetta i canoni della tradizione del teatro napoletano, ma dal sapore più contemporaneo. Il racconto è una tragedia tutta da ridere, popolata da una serie di caratteri dai nomi improbabili e che sono in qualche modo versioni moderne delle maschere della commedia dell’arte. Il protagonista di questa storia assomiglia tanto ad alcuni personaggi di Molière. L’avaro, avarissimo imprenditore Gervasio Savastano, vive nel perenne incubo di essere vittima della iettatura. La sua vita è diventata un vero e proprio inferno perché vede segni funesti ovunque: nella gente che incontra, nella corrispondenza che trova sulla scrivania, nei sogni che fa di notte. Forse teme che qualcuno o qualcosa possa minacciare l’impero economico che è riuscito a mettere in piedi con tanti sacrifici. Qualunque cosa, anche la più banale, lo manda in crisi. Chi gli sta accanto non sa più come approcciarlo. La moglie e la figlia sono sull’orlo di una crisi di nervi; non possono uscire di casa perché lui glielo impedisce. Anche i suoi dipendenti sono stanchi di tollerare quelle assurde manie ossessive. A un certo punto le sue fisime oltrepassano la soglia del ridicolo: licenzia il suo dipendente Malvurio solo perché è convinto che porti sfortuna. L’uomo minaccia di denunciarlo, portarlo in tribunale e intentare una causa per calunnia. Sembra il preambolo di una tragedia, ma siamo in una commedia che fa morir dal ridere. E infatti sulla soglia del suo ufficio appare Sammaria, un giovane in cerca di lavoro. Sembra intelligente, gioviale e preparato, ma il commendator Savastano è attratto da un’altra qualità di quel giovane: la sua gobba. Da qui partono una serie di eventi paradossali ed esilaranti che vedranno al centro della vicenda la credulità del povero commendator Savastano.

Peppino De Filippo aveva ambientato la sua storia nella Napoli un po’ oleografica degli anni 30. In una versione più attuale del figlio Luigi De Filippo invece l’ambientazione era di una ventina d’anni più avanti. Noi seguiremo questo sua intuizione avvicinando ancora di più l’azione ai giorni nostri, ambientando la storia in una Napoli anni 80, una Napoli un po’ tragicomica e surreale in cui convivevano Mario Merola, Pino Daniele e Maradona. Lo spettacolo concepito con un ritmo iperbolico condenserà l’intera vicenda in un solo atto di 90 minuti.