Articolo presente nel numero Luglio 2020 di Napoli a Teatro
INTERVISTA – Caterina Pontrandolfo, artista lucana attiva in molti ambiti: teatro, musica, cinema e scrittura. Interverrà nel primo appuntamento della sezione Letteratura del Napoli Teatro Festival Italia e nell’ultimo della sezione Italiana.
Si può dire che tu sia oramai di casa al Napoli Teatro Festival Italia?
Ho avuto la fortuna di partecipare dall’inizio, il primo spettacolo fu “Ecuba” diretto da Carlo Cerciello con Isa Danieli, nel 2009, il Festival era stato inaugurato un anno prima. Credo, ad eccezione di qualche edizione, di aver avuto la bellissima occasione di essere sempre presente.
Molti stanno vivendo come una novità la possibilità di svolgere lo spettacolo all’aperto, tu cosa ne pensi? Trovi congeniale la ricerca di spazi diversi da quello effettivo composto da palcoscenico e platea?
Si assolutamente, prediligo luoghi diversi dal teatro. Devo dire che, come autrice e regista, mi viene quasi più immediato immaginare i miei lavori per luoghi aperti, soprattutto per il canto e la tradizione orale, trovo più congeniale la rappresentazione in una scena naturale che sia una piazza, con anche poco scenografia con allestimenti molto agili, per dare spazio alla voce degli artisti che contribuiscono a costruire l’emozione degli spettatori. Nello spettacolo “Pescatori”, diretto da Laura Angiulli, per la sezione italiana del Festival, saremo alla Rotonda Diaz, proprio vicino al mare con una scenografia di barche. Sarà uno spettacolo compenetrante e corale, la coerenza tra un testo ed un luogo scenico è sicuramente l’apoteosi. Per me sarà un esperienza molto bella, non sono napoletana di origine, sono lucana e affrontare il napoletano di Raffaele Viviani, è una bella sfida anche se non escludo possa esserci qualche sorpresa.
Come autrice e regista c’è uno spettacolo in cui hai ricercato questa sinergia con lo spazio esterno?
Resta nel mio cuore il mio ultimo progetto di scambio e cooperazione internazionale “Peace Women Singing/Matera Mater Melodiae” ideato per Matera Capitale della Cultura 2019. Sono riuscita a realizzare questo sogno di creare una commistione tra diverse tradizioni. Una performance di canto in tre spettacoli con cinquanta artiste, cantore ed attrici. Siamo un gruppo molto eterogeneo tra professioniste e non, unite dalla comune passione per il canto del Mediterraneo, donne che sono arrivate dall’Algeria, da Creta, dalla Catalogna, dalla Basilicata ed altre regioni italiane. Abbiamo cantato in diverse lingue lungo la strada verso la terrazza di Palazzo Lanfranchi, portandoci dietro un lungo telo blu cobalto a metafora del Mar Mediterraneo. Il pubblico arrivava sulla terrazza seguendo la processione di queste donne, che dopo aver adagiato il mare su di un lato si rivolge verso una grande distesa di grano giallo. E’ stato davvero sensazionale.
Si percepisce, dalle tue parole, la passione rivolta ad una costante ricerca etnica e antropologica
Si, molti anni fa ho incontrato il canto di tradizione orale lucano e me ne sono innamorata e appassionata, è successo un po’ per caso ma devo riconoscere che mi ha forgiato l’anima. E quel che mi è stato subito chiaro è la teatralità insita in questo canto, forte dell’evocazione di immagini o storie millenarie che ci portano a ricostruire comunità, che effettivamente non esistono più, se non in modo molto remoto in alcuni Paesi. C’è una memoria depositata che attraverso questi canti chiede di essere riportata in vita e quindi intorno a questa materia è facile ricondurre il tutto al teatro. L’arte supplisce e crea.
Che tipo di ambientazione e sensazione ritroveremo, il 21 luglio, nello spettacolo della sezione Letteratura “Nel nome delle prime voci”?
La serata alla quale sono stata invitata da Silvio Perrella, ideatore di questa sezione, è quella inaugurale delle prime voci, interverranno in delle letture Maurizio Bettini e Daniele Ventre, e saremo al Casino della Regina a Capodimonte. Con Silvio c’è grande sinergia e collaborazione, c’è stato un bellissimo confronto che ha impresso alcune suggestioni, su cui sicuramente mi baserò per la costruzione del mio intervento. Lavorerò sulla ricerca di una prima voce, un po’ come se venisse fuori dagli scavi antichi di Pompei. Una voce che potrà essere diverse voci. Mi affiderò a quanto è depositato in me, in voce sola senza accompagnamento di strumenti. Una voce che cerca di descrivere un paesaggio o un’emozione, sarà una bella sfida riuscire a renderla. Sarà una performance contemporanea e sperimentale ma dal cuore tiepido, che non vuole imporsi ma accompagnare, come fosse una materia vocale che cerca una sua strada, soprattutto dopo il silenzio vissuto in questi mesi.
Per me è stato lacerante avvertire l’impossibilità del canto, io sono stata anche un po’ schiva, non ho cantato al balcone o sul web, per me non è lo stesso cantare per un pubblico non in carne e ossa. Sono stata proprio in silenzio, questo invito è stata come una finestra che si apriva e che mi ha dato l’idea di un respiro diverso. Un’emozione ed un sentimento da celebrare. Siamo perfettamente in sintonia, io e Silvio, su una suggestione che è quella della natura, con il canto degli uccelli o l’esplosione floreale delle rose, finanche un canto di una nenia o una ninna nanna.