“La Cupa” di Borrelli: evocazione di ombre e memorie

RECENSIONE – Se la precedente Trilogia dell’Acqua di Mimmo Borrelli ruotava attorno al tema cardine della maternità, “La Cupa – Fabbula di un omo che divinne un albero” è inserita nella Trilogia della Terra, incentrata perlopiù sulla figura di padre. La cupa, in napoletano, è una zona oscura e spaventosa, al cui interno si svolgono azioni malevoli, quella di Borrelli è un vero e proprio pianeta alla deriva, avvolto dalle tenebre, sospeso nel tempo. Animato dall’evocazione di coscienze e memorie, con unici punti fermi nel sospetto e nell’inesauribile esigenza di vendetta. La cava in cui è ambientata la storia è devastata e violata, avvelenata da scorie nucleari e radioattive ed abitata da animali e losche bestie umane. Come si può essere padre in un mondo senza civiltà? Questo l’interrogativo di Borrelli che in modo viscerale quanto irruento, descrive la malvagità nella sua banalità, nel suo esistere incondizionato, nel suo ribollire senza tregua, con temi molti attuali quali la pedofilia, la violenza sulle donne, quella sui minori, l’omicidio e il traffico di organi. Com’è possibile allora riuscire a preservare il naturale candore, il bello e la creatività dei bambini e ragazzi, quando ogni angolo è pronto a fagocitare con le sue ombre e viviamo in una realtà così assuefatta alla violenza? Il teatro di Borrelli oramai è celebre per la catarsi in cui riesce a calare lo spettatore, che proprio non può resistere dal coinvolgersi. Come un traforo, anche in questo spettacolo, riesce a scavare nell’animo umano, spesso inorridendolo e a tratti sorprendentemente meravigliandolo. Il pubblico esce dal teatro intaccato e smosso, consapevole del patto fatto col drammaturgo ancor prima di entrare in platea, di non respingere quella sincerità e non distogliere lo sguardo.

In questa storia fitta di ombre ed ambientata in un nero totalizzante, cupo dove il sole non riesce a filtrare, la speranza di luce è data dalla lieta notizia di un matrimonio tra due amanti, che però subito si svela essere carica di inganni ed infide trame. Unione viziata da macchinazioni ed echi del passato. Personaggio spettacolare nel suo ingenuo candore, quello di Maria delle Papere interpretato da Marianna Fontana, affiancata in scena sempre dalla bravissima Veronica D’Elia, che impersonifica la papera Rachela con grande prova attoriale. Maria è cieca, non solo dello vista ma della verità, figlia inconsapevole del protagonista Giosafatte ‘Nzamamorte, interpretato dello stesso Borrelli ed innamorata di Vincienzo Mussasciutto, figlio della famiglia rivale capitanata da Tummasino Scippasalute. Intensa l’ode all’amore intesa come le ali di una possibile evasione e davvero d’impatto la scena della papera spiumata in una danza nel buio. Degno di nota anche il personaggio del maiale Ciaccone interpretato da un carismatico Stefano Miglio, che nella trama è il custode della memoria che da’ inizio al rito battente per rinominare i defunti a descrizione delle “malefatte strafatte”. Laborioso il lavoro fatto da Borrelli negli anni per compattare e forgiare una compagnia, composta anche di attori giovanissimi, che riescano a dare la giusta forza ai suoi versi, con grande energia fino alla fine delle tre ore di spettacolo. Oltre ai già citati, in scena: Maurizio Azzurro, Dario Barbato, Gaetano Colella, Renato De Simone, Gennaro Di Colandrea, Paolo Fabozzo, Enzo Gaito, Geremia Longobardo e Roberta Misticone.

Riuscitissima è la sensazione di fastidio nei confronti di alcuni personaggi volutamente espressa con una sessualità esplicita e deviata, volta a rendere palese la mutazione in cui può incappare una società senza cultura, che senza altra intelligenza è mossa solo da istinti animali incontrollabili, che fanno di loro violentatori, pedofili e pervertiti. Accanto a questo continuo sgomento di fondo però si affianca il linguaggio di Borrelli che affascina e sorprende con il suo uso dialettale e sonoro di un napoletano, non contemporaneo ma perlopiù barocco, con commistioni tipiche flegree, che riesce a scartavetrare e ustionare, nel suo curatissimo fluire mai lasciato al caso ed appoggiato sulle note del collaudatissimo Antonio Della Ragione, che esegue dal vivo echi e riverberi primordiali ed interagisce persino con i respiri degli attori. Borrelli ha impiegato quasi cinque anni per scrivere i quindicimila versi che compongono il testo completo de La cupa, dai quali ne ha selezionati tremilacinquecento per la messinscena.

Possente è la scena ideata da Luigi Ferrigno che vede stravolgere la sala del Teatro San Ferdinando, con un ponte che divide in due la platea, e che pone il pubblico proprio all’interno degli accadimenti e dialoghi, con le poltrone rivolte verso il centro. Imponente e grandiosa è l’enorme sfera che cala dall’alto, cade e rotola, a rappresentazione della Terra, sorvolata da immense ali incatramate, metafora di una  madre natura che sorveglia seppure dissestata da questi cavatori. I costumi ad opera di Enzo Pirozzi, sono congeniali a tutti i movimenti dei personaggi, anche quelli più stravaganti e particolari degli animali o delle creature che giungono dalle oscure profondità recondite con le loro maschere inquietanti. Davvero particolare quello della papera e la luce del costume finale del protagonista nell’atto della metamorfosi, che risplende sotto le gelide luci di Cesare Accetta.

In questa storia i figli non sanno chi siano i genitori, ogni innocenza è recisa, la passione non basta, non esiste giustizia e la felicità sembra essere un’illusione. Grandiosa è la metafora di Borrelli: il padre, che non ha saputo esserlo, maldestro nella capacità di dimostrare amore, «per contrappasso si radica. Mette quelle radici che un padre dovrebbe sempre saper imprimere». Lo spettacolo sarà in scena al Teatro San Ferdinando fino a domenica 8 marzo. Imperdibile occasione di vedere questo pluripremiato spettacolo (tra i tanti il Premio UBU 2018, tre Premi Le maschere del teatro italiano 2018 per musica, scenografia e migliore novità italiana, Premio San Gennaro e Premio ANCT della critica teatrale come migliore spettacolo dell’anno).

Informazioni dello spettacolo: trama e costo biglietto a questo link Napoli a Teatro