RECENSIONE – Lo spettacolo “Traces”, ultima imperdibile creazione del visionario coreografo belga Wim Vandekeybus, conquista il pubblico del Teatro Bellini di Napoli con due serate, 8 e 9 febbraio, uniche date in Italia.
“Traces” è un’avvincente narrazione danzata: in una foresta incontaminata ha luogo lo scontro fra natura e progresso tecnologico, alla ricerca delle tracce di un’esistenza primitiva nell’uomo moderno. Gli spettatori sono accolti a sipario già alzato: un uomo si aggira sul palco dipingendo la segnaletica orizzontale d’una surreale autostrada, che attraversa il palco in diagonale e prosegue in verticale fino al soffitto. Una seconda danzatrice entra in scena urlando, seguita con angoscia dal pubblico che si domanda da chi o da cosa la ragazza stia scappando, ed è improvvisamente travolta da un’automobile resa scenicamente dal fragore di pneumatici e da soli due fari luminosi sospesi. Stupefacente effetto che lascia tutti senza fiato. Ha inizio così uno spettacolo denso di simboli: il dramma degli incidenti stradali, lo sfruttamento degli animali, la dura vita dei clochard, l’alcolismo che consuma il corpo, il tempo simboleggiato da un orologio da polso, invenzione umana che ne regola la vita in contrapposizione con il ritmo naturale e primitivo. Una sintesi di diversi morbi che la società moderna ha prodotto. Chiude questa adrenalinica esibizione un ultimo strabiliante effetto speciale: il progresso tecnologico ha abbattuto la foresta, il fondale che ha accompagnato tutta la performance crolla d’un colpo rivelando un albero che precipita su una danzatrice, alterego di madre natura; una metafora dell’inquinamento che l’essere umano sta producendo a danno del pianeta.
Una coreografia vigorosa e di grande espressività in cui dieci artisti internazionali, quattro donne e sei uomini, danzano ininterrottamente per quasi due ore esibendosi in spericolate acrobazie, al limite del possibile, e dimostrando agilità e naturalezza d’esecuzione anche per i passaggi più complicati, frutto di un lungo ed intenso allenamento. Semplicemente geniale il coreografo Wim Vandekeybus nel concepire e coordinare tante differenti sequenze danzate che si sovrappongono, si intrecciano in un gioco continuo di scambi, prese, momenti all’unisono e momenti di coppie, salti, giri e lanci. Virtuosi i due ragazzi che hanno danzato una forsennata sequenza nudi e, con un piede l’uno e la testa l’altro, incastrati in un secchio, una vera prova di abilità che ha stregato il pubblico. Ha accompagnato la performance una seducente musica composta da Trixie Whitley e Marc Ribot.
Con “Traces” Wim Vandekeybus conferma di essere un coreografo fenomenale: la sua precedente creazione, “In Spite of Wishing and Waiting”, aveva entusiasmato il pubblico italiano, generando un’aspettativa molto alta che non solo non è stata delusa ma è stata di gran lunga superata. “Traces” è molto più di una semplice coreografia: è un’indagine sulla natura umana raccontata attraverso corpi scattanti e spettacolari effetti scenici.