“Ditegli sempre di si”: la pazzia nella vita come nel teatro

RECENSIONE – Fraintendimenti e folli equivoci, tra porte che si aprono e chiudono, sul labile confine tra realtà ed illusione. Il regista siciliano, Roberto Andò, dirige la Compagnia di Luca De Filippo “Elledieffe”, diretta da Carolina Rosi nel nuovo adattamento di “Ditegli sempre di si” al Teatro Diana in scena fino al 24 novembre.

La commedia dei fratelli De Filippo, sin dalla prima messa in scena nel 1932, ha sempre riscosso grande consenso di pubblico. Originariamente rappresentata in napoletano, fu italianizzata da Eduardo per la versione televisiva del 1962 e per la prima volta riportata in scena da Luca De Filippo nel 1982, riproposta poi nelle stagioni dopo il 1997. Il primo atto si apre nella scenografia di Gianni Carluccio, su un luminoso salotto napoletano scompigliato dal ritorno del protagonista, Michele Murri, che era stato lontano un anno, in cura in manicomio. La  sorella Teresina nel frattempo si è occupata della casa e dell’impresa di famiglia, lo accoglie lieta ma al contempo spaventata da una mente che non potrà mai più essere quella di prima. Cerca di dissimulare con chiunque gli chieda del fratello omettendo del manicomio, che secondo lei potrebbe essere solo nota di discredito. Michele è un pazzo tranquillo e socievole, all’apparenza l’uomo più normale del mondo. La sua follia si concretizza in un eccesso di ragionevolezza, prende tutto alla lettera, ignora l’uso della metafora, puntualizza e spinge ogni cosa all’estremo. Come ogni pazzo che si rispetti, è un acuto contestatore della vita e del suo senso.

Per Gianfelice Imparato è il secondo approccio al ruolo del protagonista, dopo essere stato diretto vent’anni fa da Luca De Filippo. Entra in scena accolto da un applauso spontaneo del pubblico durante la prima, e ci restituisce un Michele Murri fortemente credibile nelle sue manie, nei suoi tic e nei suoi ragionamenti. Efficace l’interpretazione di Carolina Rosi nel suo ritratto di Teresina, in chiave tendenzialmente drammatica soprattutto nel secondo atto, che rende al meglio le sfumature psicologiche di donna divisa tra l’amorevole protezione e cura del fratello e la sofferta rinuncia alle aspirazioni sentimentali nei confronti del proprio padrone di casa Don Giovanni Altamura. Vera rivelazione di questo allestimento è Edoardo Sorgente, bravissimo nel ruolo dell’artista Luigi Strada. Conquista da subito le simpatie del pubblico che sfociano in risate ed applausi a scena aperta, con gesti ed intonazione naturali e spontanei. L’antagonismo tra Michele e Luigi, rende immediati i due diversi aspetti della pazzia tendenzialmente interscambiabili, quella clinica e quella artistica, contrapposte a loro volta da quella presente nella società fatta di convenzioni, ipocrisie, inganni, illogicità ed egoismi. Sulla scena con loro gli altri validissimi componenti della Compagnia: Massimo De Matteo, Federica Altamura, Andrea Cioffi, Nicola Di Pinto, Paola Fulciniti, Viola Forestiero, Vincenzo D’Amato, Gianni Cannavacciuolo e Boris De Paola.

Pazzo è soltanto quello riconosciuto clinicamente? Solo allora, solo una volta additato, può destare davvero preoccupazione negli animi attigui? Perché una pazzia più di un’altra? L’odio feroce tra due fratelli, che perdura una vita intera per orgoglio, non è anch’esso segno di follia? Come anche il delirio di un’immaginaria vincita al lotto, o l’uso sbagliato del linguaggio che può intendere sempre qualcos’altro. La pazzia di Michele è una forma di purezza ed onestà intellettuale, pericolosa solo perché, priva di filtri, causa di disguidi e fraintendimenti, spesso con un pizzico di tragica ironia. Battuta chiave dell’intera commedia è quella di Luigi Strada: «La vita è come il teatro, il teatro è come la vita», ed in quest’opera tutto avviene esattamente come nella vita reale, nessuna soluzione miracolosa è prevista. E colui che viene additato come pazzo, può solo infelicemente ritrarsi consapevole dell’effettivo abbandono. Esplicative le parole di Murri: «Tu sei un pericolo per la società, parenti e famiglia ti possono sopportare ma poi si stancano, poi si rassegnano e ti abbandonano» seguite dalle note di Verdi in chiusura, come in apertura, de “La forza del destino”.

Link Informazioni “Ditegli sempre di si” al Teatro Diana – Napoli a Teatro