Il senso del dolore in scena al Teatro San Ferdinando

Natale a teatro con il “commissario Ricciardi”

Il caso letterario firmato Maurizio De Giovanni arriva a teatro dal 26 dicembre al 6 gennaio la versione teatrale del primo romanzo dello scrittore napoletano.

In prima assoluta al Teatro San Ferdinando di Napoli

IL SENSO DEL DOLORE

nell’adattamento e la regia di Claudio Di Palma che ne è anche interprete con Chiara Baffi, Antonello Cossia, Francesca De Nicolais Renato De Simone, Antonio Marfella, Alfonso Postiglione, Lucia Rocco

Produzione del Teatro Stabile di Napoli-Teatro Nazionale

I lettori e i fan delle gesta del commissario Ricciardi – il popolare personaggio creato dalla penna dello scrittore Maurizio De Giovanni – questo Natale potranno assistere alla versione teatrale de Il senso del dolore, romanzo del 2007, primo capitolo della felicissima serie noir creata dal 60enne scrittore napoletano.

Sul palcoscenico del Teatro San Ferdinando di Napoli, dal 26 dicembre al 6 gennaio il commissario Ricciardi e i tanti personaggi della vicenda saranno interpretati da un cast di attori capitanato da Claudio Di Palma – che firma anche l’adattamento del testo e la regia dello spettacolo – nel ruolo del popolare commissario, con Chiara Baffi nei panni di Maddalena EspositoAntonello Cossia in quelli di Lasio, del Vicequestore Garzo e del Maestro PelosiFrancesca De Nicolais in quello di BambinellaRenato De Simone nei ruoli di Stefano Bassi, dell’Impresario Marelli e di Michele NespoliAntonio Marfella in quelli del brigadiere Raffaele Maione e del Dottor ModoAlfonso Postiglione è Don PierinoLucia Rocco è Livia Lucani.

La vicenda: Napoli, 1931. Marzo sta per finire, ma della primavera ancora nessuna traccia. La città è scossa dal vento gelido e da una notizia: il grande tenore Arnaldo Vezzi – voce sublime, artista di fama mondiale, amico del Duce – viene trovato cadavere nel suo camerino al Real Teatro di San Carlo prima della rappresentazione di Pagliacci. A risolvere il caso è chiamato il commissario Luigi Alfredo Ricciardi, in forza alla Squadra Mobile della Regia Questura di Napoli. Investigatore anomalo, mal sopportato dai superiori per la sua insofferenza agli ordini ed evitato dai sottoposti per il carattere introverso, Ricciardi coltiva nell’animo tormentato un segreto inconfessabile: fin da bambino vede i morti nel loro ultimo attimo di vita e ne sente il dolore del distacco. Mentre i giorni passano e il vicequestore incalza, timoroso dell’impazienza del regime che da Roma chiede chiarezza ed esige che i colpevoli siano consegnati alla giustizia, la città freme sotto un alone cupo e livido, il risentimento cova nei vicoli e nei bassi, i raggi del sole illuminano a squarci le facciate degli antichi palazzi. Attento alle esigenze dei più deboli, il commissario segue il suo senso di giustizia per dare un nome all’assassino. Cominciano con l’inverno le stagioni di Ricciardi: il cammino al confine tra due mondi di un uomo condannato a guardare e amare da una finestra, interprete del disagio di un luogo sospeso tra luce e ombra.

«Napoli è considerata genericamente una città superstiziosa. Una città, cioè, in cui la gente crede fortemente al potere di amuleti o di improbabili riti quotidiani e alle fortune di notturne rivelazioni propiziatorie. Napoli è, però, soprattutto città in cui si crede al fatto che i morti “sostanzialmente” persistano. E’ soprattutto questa singolare dottrina, col culto che ne consegue, a fare di Napoli una città superstiziosa. I morti, infatti, ancorché tali, sono ritenuti sempre e comunque superstiti. “Stanno” ancora, insomma, sopravvivono in una qualche forma credibile.

Il commissario Luigi Alfredo Ricciardi è inquieto testimone sensoriale di questa presunta resistenza dei defunti. E lo è non tanto, e non solo, perché lui i morti li vede, in particolare quelli deceduti per cause violente, ma perché è egli stesso il prodotto di una vita solo presunta ancorché credibile.

“… Le spalle di Ricciardi perdono consistenza, come le cose quando diventano ricordi.”

Di questo ci avverte Maurizio De Giovanni concludendo una acuta e raffinata postfazione al “Senso del dolore“ in cui descrive un suo incontro reale col commissario. L’autore riconsegna, quindi, la sua creatura al senso ed alla forma di una memoria. Non lo restituisce come una sporadica visione, ma come qualcuno da poter ricordare anche se non più esistente. Un morto appunto.

Nell’immaginare, quindi, il luogo scenico da eleggere a possibile crocevia di questo strano miscuglio tra ricordo e morte mi ritrovo a prefigurare la centralità di una pietra tufacea che si proclama quasi sperone funerario e segno resistente di un luogo dei morti ( Il teatro dove nel romanzo viene assassinato un tenore? Napoli stessa ? ). Intorno è il vuoto. Un vuoto scosso da quello stesso vento ( che sulla scena, in forma di musica ostinata, prevede, incoraggia e giudica i fatti ) che continuamente “taglia” il romanzo di De Giovanni e che, con persistenza ossessiva, sembra annunciare l’imminente svaporamento delle creature che lo attraversano. Ricciardi è, così, l’evanescente eppure tormentato officiante di una singolare liturgia della superstizione in cui, però, i superstiti, i sopravvissuti, non sono solo quelli già esistiti, ma anche quelli mai esistiti».

Info: www. teatrostabilenapoli.it

Teatro San Ferdinando

Napoli. Piazza Eduardo De Filippo, 20