Per il teatro ho fatto di tutto, mi sono ridotto persino a vivere! – riadattando su di me una famosa citazione. E così, ieri ho cenato alle 19.00, perché quando vado a teatro diventa un problema esistenziale anche a che ora cenare. Alle 20 ero contromano su via Labicana – però in bici – e alle 20.30 al botteghino del Teatro Quirinio di Roma per vedere “Sei personaggi in cerca di autore” di Pirandello (con Michele Placido nella parte del padre); che da lì a poco (alle 21) sarebbe iniziato – dopo che l’ultima volta, per essere arrivato in ritardo, ho pagato 33 euro la poltrona in prima fila. Anche se poi mi sono spostato. Stavolta, invece, ho detto di essere studente, ho pagato meno, e fedifrago, anche stavolta ho cambiato posto.
Nel 1921 al Teatro Valle di Roma, il dramma andò in scena per la prima volta e il pubblico non la prese troppo bene. Su quel testo, come su quasi tutti gli altri sui scritti, il genio di Girgenti continuò a lavorare per tutta la vita.
Sulla scena ci sono sei persone, sei attori che provano all’unisono sei parti diverse dello stesso copione. Sotto l’attenta regia del capocomico. In mezzo a loro si confondono altre sei figure, non persone ma presenze, o meglio sei anime incarnate, non sono però attori, bensì personaggi: figure dello stesso dramma che qualcuno ha scritturato senza però mai portarli in scena: “Personaggi ante litteram”, anzi, “ante copionem”.
In questa folla di persone, attori, personaggi e anime, ognuno vuole recitare il proprio dramma, che in teatro è l’unico modo per esistere. Ed è proprio questo il paradosso: rappresentare la vita per mostrare la verità dell’esistenza, ma nella molteplicità dei significati possibili scaturisce un’ulteriore tragedia: quella dell’irrappresentabile verità. Nello stesso cul de sac si ficcò l’artista Lucio Fontana quando capì che sulla tela non poteva dipingere tutta la realtà e allora la taglia, per raggiungere l’essenza oltre la rappresentazione. Il taglio di Pirandello è la nuova dimensione teatrale: il metateatro, dove il significato si spoglia del significante e la verità non esiste.
Giovanni Negri da Brusciano