Sono passati tre anni, già tre anni, dalla scomparsa di Pino Daniele. Da quel 4 gennaio 2015 in cui una delle voci piu’ rappresentative di Napoli si e’ spenta per sempre. Ammesso sia possibile. Ammesso che tutto cio’ sia possibile. Perché in oltre quarant’anni di carriera sono tanti i lasciti che abbiamo di lui, che sarebbe impossibile dimenticare quella tonalita’, quelle parole, quella melodia unica. Uno stile e una tecnica influenzati dalla musica rock, dal jazz di Louis Armstrong, dal chitarrista George Benson e, soprattutto, dal genere blues, in una sintesi fra elementi musicali e linguistici assai differenti, interpretati con vena del tutto personale e creativa. La sua passione per i più svariati generi musicali (da Elvis Presley a Roberto Murolo) ha dato origine a un nuovo stile da lui stesso denominato “tarumbò”, a indicare la mescolanza di tarantella e blues, assunti come emblema delle rispettive culture di appartenenza.
Qualcosa di unico, che la sera del 4 gennaio 2015, si e’ bloccato con il cuore di Pino, da tempo sofferente, e quell’infarto che lo ha colpito presso la sua casa di Orbetello in Toscana. Una scomparsa che ha provocato fin da subito forti risposte emotive soprattutto a Napoli, dove una folla di circa 100.000 persone si è riunita in Piazza del Plebiscito la sera del 6 gennaio, solo due giorni dopo, per commemorarlo cantando le sue canzoni. I funerali si sono svolti in due tappe distinte: la mattina del 7 gennaio 2015 al Santuario della Madonna del Divino Amore a Roma e la sera in Piazza del Plebiscito nella sua città natale, con una cerimonia svolta all’aperto officiata dal Cardinale di Napoli Crescenzio Sepe a cui hanno partecipato circa centomila persone. La morte dell’artista ha, inoltre, generato nel mondo della musica e dello spettacolo numerosi ricordi di amici e colleghi tra i quali: Eric Clapton, Zucchero, Francesco De Gregori, Antonello Venditti, Roberto Vecchioni, Vasco Rossi, Luciano Ligabue e altri ancora.
Ma i ricordi piu’ sentiti restano sempre quelli della sua Napoli. Proprio lì dove, al Borgo Marinari, in zona Castel dell’Ovo, ci sara’ la seconda edizione del flash mob “I Still Love You”, che si terrà oggi, 4 gennaio 2018, giorno del terzo anniversario della sua morte. Una serata gratuita, in cui le canzoni di Pino verranno cantate in coro in riva al mare, con l’accompagnamento di un pianoforte. Domani, venerdì 5, invece, presso il teatro Summarte di Somma Vesuviana (Napoli), i “Lazzari Felici Pino Daniele tribute band” daranno vita allo spettacolo “Sciò Live”, ripercorrendo la carriera del cantautore attraverso la sua musica. Il 7 giugno, allo stadio San Paolo, invece, sarà la volta di “PINO È”, un grande concerto-evento con tanti artisti. Tra loro Fiorella Mannoia, Jovanotti e tanti altri. Tanti ricordi da riproporre e che hanno accompagnato questi tre anni senza di Pino.
Ma quello che vogliamo citare ancora e’ forse tra i meno conosciuti. Ed e’ tratto dal libro “Terra mia” (Minimun Fax, 113 pagine) di Claudio Poggi e Daniele Sanzone, nel quale è racchiuso il prezioso racconto di quando Pino Daniele ha composto Napule è. “Mi trovavo in cucina – racconta Poggi – quando Pino iniziò a strimpellare qualcosa, qualcosa per cui mi drizzarono le antenne. Era Na tazzurella’e cafè. Corsi in camera: ‘Cazzo, Pinò (lo chiamavano Pinotto), è forte stu piezz!’. ‘Na tazzurella’e cafè e mai niente ce fann sapé…’, ironia, sfottò, una musica irridente, per celebrare la bevanda più apprezzata di Napoli”. Così Poggi preparò un caffè per tutti, Daniele sorseggiando dalla tazzina aggiunge: “Stanotte non riuscivo a durmì e m’è asciuta pure chesta”. Così intonò le prime strofe di Napul’è, Poggi è spiazzato: “Rimasi senza parole”, lui chiese: “È bell’, eh?”. Quel brano stava per finire nelle mani di Peppino Di Capri, che Pino apprezzava tanto, ma alla fine la tenne per sé”. Per sua fortuna e di tutti noi.