Medea di Portamedina, prima nazionale al Teatro San Ferdinando

NAPOLI – La Medea narrata da Euripide cammina con altre vesti per i vicoli della Napoli della seconda metà dell’Ottocento. La regista Laura Angiulli, con grande maestria, porta in scena lo spettacolo “Medea di Portamedina” tratto dall’omonimo romanzo del drammaturgo Francesco Mastriani  scritto nel 1881, nel quale sapientemente furono intrecciati il mito dell’eroina greca ed un fatto di cronaca avvenuto a Napoli. Questa storia perfusa di passione sarà in scena fino al 5 maggio al Teatro San Ferdinando.

Chissà quanti, accedendo in teatro, avranno notato la lapide in omaggio a Mastriani, apposta nel 1924 sulla facciata dello storico San Ferdinando che recitava: “Egli fu l’individuazione di questo popolo napoletano. Lavorare, sognare, soffrire pazientemente e morire”. Queste poche parole sicuramente esemplificano quanto questo animo sia stato rappresentativo delle vicende umane, antesignano del verismo italiano. Protagonista di questa storia, una figlia del popolo, Coletta Esposito, abbandonata dalla madre nella Ruota degli esposti all’Annunziata, fu costretta a sposare un vecchio ricco usuraio ma si innamorò dello scrivano Cipriano Barca diventandone l’amante e rendendolo padre di una bambina. L’uomo però in un secondo tempo l’abbandona per sposare Teresina, una giovane donna di buona famiglia. Coletta allora decide di uccidere sia la figlia che la futura sposa, così come la Medea della tradizione micenea, una volta scoperto il tradimento del suo Giasone, decide nella sua tremenda vendetta di uccidere la novella sposa e due dei figli avuti da lui. Coletta non ha alcun ripensamento: è lucida e spietata, feroce e passionale. In lei non allignano né pietà né pentimento. É un’anima ferita e dannata. La sua è una vendetta ragionata che scaturisce dalla sofferenza di figlia, madre e sposa negata. Non possiede alcuna capacità di controllo nella sua furia omicida perché non è mai stata amata e soffre per la “crisi dell’abbandono”. Non ci sono risposte per la disperazione che nasce da questi delitti ma solo domande che restano tali, intrise di orrore e di compassione.

Vita dura, difficile, spesso priva di calore umano quella delle “figlie di Maria”, destinate in molti casi dopo l’entrata all’Annunziata, alla monacazione forzata, a meno che non ci fosse la possibilità di un matrimonio, di un ‘maritaggio’ che il Conservatorio dell’Istituto imponeva per esigenze di avvicendamento delle esposte.  Il costume antichissimo, rimasto in vigore per molti anni, era quello di radunare le alunne nel cortile della Casa e metterle in doppia fila per presentarle agli scapoli del pubblico che per un voto fatto alla Madonna, o solo per capriccio, avevano intenzione di chiederne qualcuna in sposa. I giovani pretendenti passavano in rassegna le giovinette, disposte in due file, e dopo aver fatto la scelta matrimoniale, gettavano un fazzoletto bianco alla ragazza prescelta, che doveva raccoglierlo ‘al volo’ per rendere manifesta l’adesione. La ragazza poteva anche rifiutare, nel caso il pretendente fosse stato troppo anziano o deforme, la riottosa veniva allora mandata al Serraglio ( l’Albergo dei Poveri) in cui non conduceva certamente una vita facile e dignitosa. Erano di fatto costrette al maritaggio.

La scena di Rosario Squillace, è in questa storia minimale e poco illuminata, si intravedono penzolanti dal soffitto alcune sedie, un comò e un grosso letto matrimoniale. Molto brava l’attrice Alessandra D’Elia nel ruolo della protagonista e molto credibile Pietro Pignatelli nel ruolo di Cipriano Barca, meritano una citazioni gli altri attori in scena Paolo Aguzzi, Federica Aiello, Agostino Chiummariello, Michele Danubio, Luciano Dell’Aglio, Caterina Pontrandolfo, Caterina Spadaro, Antonio Speranza e Fabiana Spinosa. Davvero originale l’utilizzo del coro con le musiche originali di Daniele Sepe. Lo spettacolo è stato prodotto dal Teatro Stabile di Napoli – Teatro Nazionale e Galleria Toledo Produzioni e sarà in scena fino al 5 maggio.

Per informazioni sul costo del biglietto è possibile contattare il Teatro Stabile al numero  0815510336.