Intervista a Giacomo Rizzo:«La consapevolezza di vivere una vita veramente straordinaria»

giacomo rizzo

Giacomo Rizzo nasce a Napoli nel 1939. Attore di teatro e di cinema, cominciò la sua carriera giovanissimo, lavorando prima nel teatro e avvicinandosi poi alla settima arte. “Avevo otto quando, in un’arena all’aperto a Portici, debuttai in uno spettacolo interpretando il ‘Piccolo Totò’.” 

Durante la sua carriera, l’attore ha avuto molte soddisfazioni, premi, riconoscimenti e collaborazioni ed amicizie coi grandi della cultura e dell’arte italiana, tra cui: Federico Fellini, Pierpaolo Pasolini e Nino Taranto.

In questa intervista, Giacomo Rizzo ci ha raccontato “la consapevolezza di vivere una vita veramente straordinaria”.

Lei ha capito da subito di voler fare l’attore?

No, ero un ragazzino. Dopo il debutto ho continuato a fare spettacoli di arte varia, un po’ al teatro Apollo, un po’ al teatro Bracco. Una bella serata fu quando mi esibii al Teatro Bracco e per quell’occasione c’era uno dei grandi dell’arte italiana: Vittorio Parisi. Io non sapevo della presenza di questo grosso personaggio. Alla fine dello spettacolo mi fu presentato come uno dei più grandi e illustri esponenti del teatro napoletano e italiano.

C’è un personaggio oppure una storia a cui è particolarmente legato?

Quando ho cominciato a fare cinema, mi è rimasto impresso nella mente qualche personaggio legato alle primissime cose che ho fatto. Negli anni Settanta decisi di abitare a Roma, prima da solo e poi, sposato da poco, con la mia famiglia. Prima di trasferirmi conobbi Pierpaolo Pasolini e feci “Il Decamerone”. Quel film segnò il mio debutto cinematografico. Ero giovanissimo.

Quella con Pierpaolo è stata una buona amicizia. Fu lui a segnalarmi a Sergio Citti per fare un episodio del film “Storie scellerate”. Sergio Citti era il fratello di Franco Citti, l’attore che lavorava spesso con Pasolini. Ricordo, una serata memorabile che ho trascorso con Fellini e Pasolini all’Eur a Roma, quando ero ad abitare lì. Fu una serata indimenticabile: c’erano questi due grandi che parlavano tra loro con delle vocine molto sottili e discutevano con garbo. Erano entrambi due personaggi molto perbene, molto civili. Era una guerra…ed io ero lì in mezzo tra loro a nutrirmi delle cose che dicevano. Ogni tanto mi chiedevano se mi stessi annoiando ed io, se ci fosse stato un prezzo da pagare per essere lì, lo avrei pagato volentieri!

Qual è stata la difficoltà più grande che ha affrontato durante la sua carriera?

Difficoltà ne ho trovate tantissime, ma mi sono sempre rimboccato le maniche, perché la vita di un attore della mia generazione è molto diversa da quella di oggi. Oggi gli attori li bruciano subito invece di farli crescere perché non si vogliono più creare dei divi. “Creare e bruciare” è un fenomeno che si verifica in tutti i campi. Non so se avremo più grandi industriali o grandi progettisti o grandi architetti. Oggi bisogna fare tutto subito. In due giorni basta partecipare a due cose in televisione per diventare famosi, poi dopo massimo cinque anni può darsi che tu (attore) non esisti più. Non ci sono più quelle soddisfazioni di una volta. Prima tutto quello che si faceva, lo si faceva gratis, non ti arrivava un ritorno nell’immediatezza come succede oggi. Dico con sincerità che sono contento di essere nato nell’epoca in cui sono nato: un po’ per il lavoro, un po’ per il mondo, un po’ per la cultura, un po’ per la consapevolezza di vivere una vita veramente straordinaria. Per noi essere nati dopo la seconda guerra mondiale, in Italia, in un periodo di crescita e di sviluppo economico è stato un piacere perché questa crescita investiva ogni cosa: l’industria, la televisione, il teatro, ma anche le altre attività. È stato forse uno dei momenti più belli della storia.

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Lei ha scritto che Nino Taranto è stato uno dei suoi primi estimatori, ci vuole parlare del suo rapporto con il maestro Taranto?

Nino Taranto è stato l’unico tra i grandi, perché credo che gli altri grandi (Peppino, Eduardo, Totò) non mi abbiano visto recitare.  Ritengo che Taranto sia tra i grandi del teatro. Quando ho cominciato a recitare a Napoli nel 1978/79 alla stagione del teatro Diana, Taranto era uno di quelli che veniva a vedermi, mi stimava e mi avrebbe voluto in compagnia con lui. Poi non ci siamo più messi d’accordo, un po’ per la paga e un po’ per la pubblicità, ma siamo diventati amici.

Lei ha vissuto e sta vivendo in prima persona l’evoluzione dei media, della comunicazione, del cinema e dell’arte. Qualche giorno fa abbiamo trattato un argomento sul nostro sito: Cinema vs Teatro cercando di tracciare i punti in comune e le differenze tra questi due mondi. Lei cosa ne pensa?

Io ho lavorato in entrambi i mondi. L’ho fatto sempre con la stessa passione e lo stesso amore. La differenza c’è. A teatro ogni sera c’è un pubblico diverso e c’è anche uno spettacolo diverso. Lo spettacolo è uguale però diventa diverso, perché il momento in cui lo fai, è il momento in cui il pubblico costruisce lo spettacolo. Lo spettacolo che farai la sera successiva, sarà lo stesso ma sarà diverso, perché “il diverso”, a teatro, lo crea il pubblico, almeno per quanto riguarda uno spettacolo comico. Uno spettacolo spettacolo serio/drammatico non ha assolutamente la partecipazione del pubblico. In uno spettacolo del genere, addirittura, il pubblico non applaude per non distrarre l’attore. Invece, nello spettacolo comico, il pubblico diventa protagonista insieme agli attori che lo eseguono.

A cosa sta lavorando in questo periodo?

In questo periodo ho da poco finito uno spettacolo in scena al teatro Barone di Melito: “Un figlio per lo sceicco”, una mia commedia. L’ho ripreso quest’anno con la compagnia che ho formato al teatro Bracco. Poi sto lavorando in un film che si chiamerà “Passepartout”, una storia molto divertente. Come dice il titolo, il film tratta la possibilità di avere la chiave per poter entrare in tutte le camere di un albergo, ma simbolicamente è avere una chiave per poter entrare in tutte le cose della vita. Poi c’è una mia partecipazione in una fiction di 4 puntate per la televisione, per la regia di Ricky Tognazzi la cui protagonista è Luisa Ranieri. La fiction andrà in onda su Rai 1 a fine 2018.