La vita quotidiana come rappresentazione, il teatro per spiegare l’esistenza

La vita quotidiana come rappresentazione

La vita quotidiana come rappresentazione è un saggio scritto nel 1959 dal sociologo canadese Erving Goffman. In questo testo, l’autore riflette sull’esistenza umana teorizzando la metafora drammaturgica: ovvero utilizzando il teatro come metafora della vita quotidiana. Egli spiega come ogni giorno, mettiamo in scena l’immagine di noi stessi che offriamo agli altri, così come fanno gli attori di teatro ogni volta che interpretano un ruolo.

Non facciamo che recitare una parte sempre e dappertutto“, scriveva Goffman.

La vita quotidiana come rappresentazione: perché il teatro

Secondo il sociologo, la vita è un teatro dove l’intera esistenza si esplica attraverso comportamenti individuali suscettibili di interpretazione. Questa operazione è più ampia e più complessa di una semplice interazione faccia a faccia ed avviene attraverso qualcosa che appartiene a noi stessi in quanto esseri umani e sociali: la società. Non esiste una “vera verità”, ma solo azioni soggette ad interpretazione dei vari attori coinvolti e le varie interpretazioni sono filtrate da tutti attraverso la propria cultura di riferimento e a seconda della situazione nel quale si verifica l’azione. Sintetizzando questa narrazione in pochi semplici punti, si può dire che:

  • Ogni essere umano è un attore che comunica di volta in volta con le parole, i gesti e gli abiti, l’immagine di sé che vuole rappresentare.
  • Ogni persona è sia spettatore che attore. I linguaggi e i comportamenti si rifanno al copione prescelto a seconda delle caratteristiche della scena. Ad esempio il comportamento di alcuni studenti sarà diverso se essi interagiscono con un professore piuttosto che in un gruppo con amici. Dunque a seconda dell’occasione si può essere sia spettatore che protagonista della scena.
  • La vita si divide in palcoscenico e retroscena. Il palco rappresenta le occasioni di interazione in cui dobbiamo osservare delle regole più rigide, mentre il retroscena rappresenta la vita privata, quella in cui siamo più liberi di esprimerci e abbiamo il tempo di “riposare” dopo le “performance” pubbliche.

La vita sociale è un unico palcoscenico formato da un insieme infiniti di palchi in cui ognuno di noi è chiamato ad interpretare il ruolo che vuole e a seconda dei casi, decidere quale parte di sé stesso mostrare, costruire o inventare.

Questo libro è consigliato a tutte quelle persone che vogliono scoprire qualcosa di più su di sé e sul proprio rapporto con gli altri.