Achille Torelli nasce a Napoli il 5 maggio 1841, in carrozza, mentre i genitori tornavano da una gita al Vomero. L’influente giornalista Vincenzo e l’ aristocratica Anna Tomasi di Lampedusa. La sua prima vocazione teatrale arrivò a soli 16 anni, quando scrisse e pubblicò un atto unico intitolato «Dopo la morte», che poi rielaborò in tre atti: un lavoro applaudito al Fiorentini nel 1860.

Achille Torelli pubblicò «I mariti» nel 1867

Nel 1867, però, pubblicò la sua commedia più famosa, «I mariti». Da cui è stato tratto nel 1941 il film omonimo I mariti (Tempesta d’anime), diretto da Camillo Mastrocinque, con Amedeo Nazzari e Clara Calamai.

«I mariti» è un perfetto ritratto del suo tempo e del mondo in continuo cambiamento. A partire da una Napoli che si confronta con la nuova realtà e i suoi conflitti sentimentali quanto morali e ambientali. Cominciando dal passaggio dal Regno delle Due Sicilie all’unità d’Italia. Il tutto attraverso una narrazione scorrevole e sempre piacevole, che fu alla base del’entusiasmo della critica per un’opera che fu fondamentale per aprire la strada alla commedia borghese.

La commedia di Achille Torelli venne tradotta in napoletano da Salvatore Di Giacomo

Anche se Torelli si dedicava principalmente alla stesura di commedie in italiano, alcune delle sue opere furono tradotte in dialetto napoletano. E proprio per «I mariti», si avvalse della collaborazione di Salvatore Di Giacomo. Tradotta con il titolo «Lo bono marito fa la bona mugliera», la commedia fu recitata anche da Eduardo Scarpetta.

Achille Torelli non ripeté mai più il successo de «I mariti»

Fu sovrintendente al teatro San Carlo di Napoli. E tra le sue altre opere, si ricorda una versione libera del «Cantico dei cantici». Nel 1871 mise in scena la pièce «Triste realtà» che peraltro, nonostante il plauso di Alessandro Manzoni, non ripeté il successo de «I mariti».

Morì il 31 gennaio 1922.